Per mesi aveva richiesto di poter ritirare la sua pensione di invalidità utilizzando la firma tradizionale, sul cartaceo, e non dematerializzata, ma gli operatori di Poste italiane le avevano sempre negato questa possibilità riferendosi a obblighi di legge che però nessuno le aveva mai saputo indicare con precisione, nonostante vari solleciti, anche tramite raccomandata al direttore dell’ufficio.
È così che lo scorso dicembre una signora di Vergato, in provincia di Bologna, si è rivolta al Difensore civico regionale, Gianluca Gardini, chiedendo aiuto per ottenere risposta alla sua istanza, risalente ad agosto, di “ricevere l’informativa circa gli estremi di legge che sottopongono, eventualmente, all’obbligo della firma telematica per il ritiro della pensione di invalidità”.
Grazie all’intervento della figura di garanzia dell’Assemblea legislativa è stato coinvolto il responsabile di gestione operativa di Poste Italiane che, nello specificare che si tratta non di una firma digitale o telematica ma solo dematerializzata per motivi di archiviazione, ha chiarito che “non esiste nessun obbligo ad accettarla”, dal momento che “durante l’operatività il cliente ha la possibilità o di firmare sul supporto e confermarne l’accettazione, o rifiutare, tramite l’uso di apposita ‘penna’ dedicata. Dopo il rifiuto si prosegue in modalità cartacea”.
Rispondendo a Gardini, il responsabile ha inoltre sottolineato che “il direttore dell’Ufficio di Vergato ha assicurato di riallineare gli operatori coinvolti onde evitare future incomprensioni, ed è disposizione della cliente per porgere le proprie scuse e dare ogni chiarimento e assistenza”.