Nel processo bis di secondo grado, la Corte di assise di appello di Bologna ha confermato la condanna a 30 anni per M.E.A., il marocchino imputato per l’omicidio della moglie, Rachida Radi, uccisa con 17 martellate, il 9 novembre 2011 nella loro casa di Sorbolo Levante di Brescello, quando la donna aveva 34 anni. A scatenare l’ira dell’uomo il fatto che la moglie, che aveva già presentato istanza di separazione, volesse vivere ‘all’occidentale’. Il Gup di Reggio Emilia lo aveva condannato a 30 anni, riconoscendo anche l’aggravante della crudeltà, contestata dalla difesa. La Corte d’assise d’Appello, a ottobre 2013, confermò la condanna. A marzo 2015 la Cassazione ha però annullato con rinvio ad altra Corte, con l’indicazione di valutare la sussistenza della crudeltà. I nuovi giudici l’hanno riconosciuta, confermando la pena del Gup.
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