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Emilia Romagna leader nella Filiera agroalimentare e nell’industria meccanica agroalimentare

L’Emilia Romagna è oggi leader in Italia nella filiera agro-alimentare e nell’industria correlata della meccanica agro-alimentare e incide sull’area Euro per il 3% in termini di imprese e il 5% per fatturato. I gap negativi rispetto ai competitor europei, tassazione e costo del lavoro su tutti, sono ampiamente compensati da una forte competitività d’impresa sul fronte dell’innovazione e del fare rete. Bene l’export con quasi l’8% del commercio estero regionale ascrivibile a prodotti alimentari.

Un’agricoltura e un’industria alimentare di qualità che ha risentito in misura minore degli effetti della crisi, con prodotti eccellenti che rappresentano il meglio del “Made in Italy”, grandi marchi dell’agroalimentare conosciuti in tutto il mondo, una rete di centri della ricerca e dell’innovazione impegnati sui temi della sicurezza alimentare, della tracciabilità e sostenibilità ambientale.

Sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca “La filiera agroalimentare emiliano-romagnola” realizzata congiuntamente dal Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna e dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo presentati oggi a Bologna e commentati da Claudio Pasini, segretario generale di Unioncamere, e Luca Severini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo.

In particolare, sono stati realizzati due focus, il primo sul settore alimentare, il secondo sulla filiera della meccanica agro-alimentare.

Con oltre 6.600 imprese e 60mila addetti, l’industria alimentare rappresenta uno dei comparti principali della regione, una vocazione alimentare diffusa che percorre tutto il territorio regionale.

La rilevanza del settore trova conferma dal confronto con le altre regioni dei Paesi area Euro a vocazione alimentare, quelle francesi di Ile de France, Rhone Alpes e Provenza, le spagnole della Catalogna e dell’Andalusia, la Lombardia. Considerando tutta l’area Euro, l’alimentare emiliano-romagnolo incide per 3% in termini di imprese e per quasi il 5% per fatturato.

Il posizionamento dell’Emilia-Romagna rispetto ai principali competitor europei può essere riassunto in un voto, un 7 in pagella. Il punteggio è determinato da risultati economici lievemente inferiori ai competitor francesi e spagnoli, in larga parte ascrivibili a “zavorre” nazionali quali il peso fiscale e il costo del lavoro, ampiamente compensati dalla capacità delle imprese di essere in prima fila sulla frontiera dell’innovazione, del fare rete e dell’internazionalizzazione.

Per quanto riguarda le esportazioni, nel 2014 sono state 1.788 le imprese che hanno esportato prodotti alimentari. Negli anni della crisi il commercio all’estero di prodotti alimentari ha registrato tassi di crescita apprezzabili, un trend positivo che trova conferma anche nel primo semestre del 2015, +6,3% rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente.

Con una quota sul totale nazionale che sfiora il 20% l’Emilia-Romagna è la prima regione esportatrice italiana, e quasi l’8% dell’intero export regionale si riconduce a prodotti alimentari. C’è un aspetto che la ricerca certifica dati alla mano: esportare conviene. Dal 2008 al 2014 le imprese esportatici hanno aumentato l’occupazione del 7,5% e il fatturato del 4,2%. All’opposto, le non esportatrici hanno mantenuto invariata l’occupazione, mentre il fatturato è diminuito del 7%.

L’Italia è tra i paesi protagonisti della filiera della meccanica agro-alimentare che comprende le macchine per l’industria alimentare e bevande, dove l’Italia è leader mondiale, le macchine per l’imballaggio, con l’Italia 2^ nel mondo, e le macchine agricole, 3° posto nel ranking mondiale, evidenziando una buona capacità competitiva anche sui mercati più lontani geograficamente e culturalmente.

In Italia la filiera della meccanica agro-alimentare si concentra in Emilia-Romagna, regione leader in questo settore, che si caratterizza per la presenza di un tessuto produttivo innovativo e dove c’è uno stretto legame anche con altri settori industriali.

I conti delle imprese del 2014 mostrano una migliore evoluzione del fatturato delle imprese della filiera rispetto alle imprese della meccanica italiana con le imprese del settore che hanno sostanzialmente tenuto e superato il fatturato del periodo pre-crisi, registrando anche un miglioramento dei margini; risultato che in parte trova spiegazione dalla buona diffusione di leve strategiche vincenti (innovazione, internazionalizzazione).

In uno scenario nel complesso positivo emerge però un’elevata dispersione delle performance, che dipende in parte dalle strategie adottate dalle imprese, ma anche dal posizionamento dei fornitori lungo la filiera.

In prospettiva esiste il tema del rinnovo delle competenze presenti sul territorio: la capacità delle imprese di affrontare efficacemente il ricambio generazionale e la capacità di sostenere la nascita di nuovi attori economici senza dispersione di know-how e professionalità.

“Intesa Sanpaolo ha recentemente sviluppato il Programma Filiere, l’innovativo progetto per far crescere le filiere produttive di eccellenza del sistema imprenditoriale italiano e in Emilia Romagna l’agro-alimentare è uno dei settori prevalenti del programma insieme alla meccanica e alla moda. – ha commentato Luca Severini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – “In regione sono già stati sottoscritti 19 accordi di filiera nel settore agro-alimentare su un totale di 42 contratti ad oggi sottoscritti a livello di Direzione Regionale. Grazie a questo programma costruiamo un nuovo modello di relazione impresa-banca mettendo al centro dell’attenzione il rapporto tra azienda e fornitori: un legame fondamentale che tiene insieme il tessuto produttivo emiliano-romagnolo. Con il Programma Filiere Intesa Sanpaolo conferma il ruolo di acceleratore della ripresa economica del Paese e potrà creare ricadute importanti per il territorio, incrociando i comparti industriali più rilevanti e portando benefici tangibili per migliaia di aziende, dalle più grandi alle piccole e medie”.

“Dallo studio anche quale consiglio alle imprese che vogliono esportare. Incrociando i dati dell’export regionale con quello mondiale e le previsioni economiche, è possibile classificare i mercati di riferimento in tre tipologie. – dichiara Claudio Pasini, segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna – Innanzitutto i mercati driver, quelli che sembrano offrire maggiori opportunità, costituiti dai Paesi che importano quote importanti di alimentari e, allo stesso tempo, risultano in forte crescita e fanno da traino alle esportazioni regionali: Stati Uniti, Spagna, Tunisia, Arabia Saudita e Canada fanno parte di questo gruppo.”

“I mercati “pit stop” importanti, ma in flessione, quindi da monitorare attentamente. – continua Pasini – Si tratta di Paesi “fermi ai box”, mercati che potrebbero incidere negativamente sull’andamento export del settore se la loro ripartenza dovesse ritardare a lungo: Giappone e Russia sono i principali appartenenti a questo raggruppamento. Infine, i mercati in rimonta, ancora marginali in termini di export, però in forte sviluppo. Possono offrire buone opportunità nel breve periodo e aspirare, nel lungo termine, a diventare driver: tra questi, Giordania, India, Malesia, Kenya, Qatar.”

 

















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