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Biomedicale, prosegue la ripresa del distretto mirandolese dopo il sisma del 2012: la fotografia in una rilevazione su un campione di aziende

BiomedicaleSismaLa ricostruzione delle imprese del distretto biomedicale modenese danneggiate dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, sta procedendo. Questo andamento è fotografato anche da una rilevazione effettuata su un campione di aziende del comparto biomedicale dal portale tematico www.distrettobiomedicale.it collegato alla rivista La Plastica della Vita (si occupa da oltre 10 anni di informare le aziende del settore). Il punto della situazione è stato fatto questa mattina in Regione  dall’assessore alle Attività produttive e ricostruzione post sisma Palma Costi, dal responsabile del portale Alberto Nicolini e dal fondatore del Distretto biomedicale mirandolese Mario Veronesi. «Il settore biomedicale non solo si è ripreso dopo il sisma del 2012, ma corre. Infatti nel 2014, secondo il monitor dei distretti industriali dell’Emilia-Romagna curato dalla direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, l’export del biomedicale di Mirandola segna un +9,7%», ha sottolineato l’assessore Palma Costi.

Il sondaggio ha riguardato le aziende del distretto biomedicale suddivise in 4 categorie: grandi aziende, piccole e medie imprese, sub fornitori e fornitori specializzati. Dalla rilevazione emerge che quasi il 73% delle imprese hanno già avviato le pratiche di risarcimento. In merito all’istruttoria di risarcimento per il 16,36% è ultimata con fondi già liquidati, per il 25,45% è ultimata in attesa di liquidazione dei fondi e per il 32,74% è in corso. Hanno risposto al sondaggio l’84,5% delle aziende biomedicali mirandolesi: le percentuali di risposta per ogni categoria riguardano 85% grandi aziende, 87% Pmi, 86% fornitori specializzati, 86% subfornitori specializzati.
Inoltre emerge che le  difficoltà post sisma e la ricostruzione hanno assorbito molte delle energie e delle risorse degli imprenditori: per il futuro appare indispensabile  che le piccole e medie imprese utilizzino strumenti di aggregazione, come le reti di imprese, ed investano sull’internazionalizzazione utilizzando anche le risorse messe a disposizione dalla Regione attraverso i bandi.

«Tra maggio e giugno saranno disponibili due nuovi bandi sulla ricerca finanziati con le risorse europee del Por-Fesr 2013-2020. Uno sarà destinato – ha aggiunto l’assessore Costi – alla ricerca nelle imprese, anche di quelle di grandi dimensioni, l’altro riguarderà i laboratori di ricerca. Inoltre stiamo lavorando  per sostenere, in un’ottica di aumentare la massa critica, le aggregazioni e sinergie tra imprese di piccole e medie dimensioni che consentano una maggior competitività sui mercati esteri».
Proprio in tema di aggregazioni, nel 2012 l’agenzia di comunicazione AD99 e La redazione de La Plastica della Vita hanno costituito una rete d’imprese per creare un portale internet (www.distrettobiomedicale.it)  per rappresentare il valore del distretto biomedicale mirandolese affinché possa continuare ad attrarre le competenze e gli investimenti.
Lo scenario
Il totale delle aziende del comparto biomedicale in Emilia-Romagna (secondo i dati di  Assobiomed) è di 392 per un totale di 7885 dipendenti. Di queste imprese 63 sono multinazionali (329 le altre). Ben 104 aziende sono nel modenese (3.500 i dipendenti, il 36% del fatturato prodotto dal settore in Emilia-Romagna). Circa un centinaio sono quelle del Distretto biomedicale mirandolese.
In Italia il 73% delle imprese si concentra in 6 regioni cui è riconducibile l’88% del fatturato totale: si tratta di Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Veneto, Toscana e Piemonte. Sono 989 i produttori diretti e il 18% sono multinazionali mentre il 9% ha capitale estero. La ripartizione regionale delle imprese produttrici, pur sempre con la Lombardia in testa, vede al secondo l’Emilia-Romagna. Infine, un censimento  – aggiornato al mese di giugno 2014 – ha rilevato 255 start-up con attività di interesse per il settore dei dispositivi medici. Il 61% delle start-up censite è concentrato in quattro regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Piemonte. Il 55% ha origine come spin-off della ricerca pubblica; poco più del 36% risulta essere incubato.

 

Immagine: Costi, Veronesi e Nicolini

















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