Le condizioni del credito riservate alle micro, piccole e medie imprese restano estremamente difficili. «Tra il giugno 2011 e il settembre 2014 il credito alle imprese è sceso dell’8,3%», spiega Donatella Prampolini Manzini, presidente di Confcommercio – Imprese per l’Italia della provincia di Reggio Emilia. «I tassi reali pagati da una Pmi italiana –prosegue Donatella Prampolini Manzini, citando l’analisi presentata da Confcommercio il 20 gennaio- sono attualmente superiori a quelli degli altri Paesi, più che doppi ad esempio rispetto alla Francia. A fine 2013 più del 60% delle Pmi italiane, secondo i dati Bce, registra un aumento dei costi accessori del credito: un primato europeo di cui ovviamente c’è poco da rallegrarsi. Nel nostro Paese, inoltre, una Pmi paga oggi mediamente tra il triplo e il quadruplo rispetto una media o grande impresa. E’ vero, sono salite anche le sofferenze: ma si tratta di una frazione fisiologica, un costo compreso nel margine di intermediazione».
«E’ necessario un salto di qualità imprenditoriale e creditizio, le banche non devono guardare soltanto ai numeri dei bilanci», continua Donatella Prampolini Manzini, illustrando una serie di proposte per affrontare il problema del credito alle imprese. «Una prima questione –dice Donatella Prampolini Manzini- è rappresentata dalle garanzie: negli ultimi tempi si è puntato sempre di più a una garanzia pubblica emarginando il ruolo dei confidi. Bisogna invece rilanciarne fortemente il ruolo perché senza confidi sarebbero fallite molte più aziende. Il fatto stesso che più del 50% dei beni confiscati alle mafie restino inattivi, può cambiare: potrebbero costituire un fondo mobiliare di garanzia a supporto delle aziende confiscate e per le start up, con cogaranzia dei confidi stessi».
«Al posto della commissione di massimo scoperto –aggiunge la Presidente di Confcommercio Reggio Emilia- sono state introdotte due nuove voci, molto più costose per le imprese: la concessione di affidamento e la commissione di istruttoria veloce. Occorre trovare un metodo per legare i costi di questi servizi a quello reale sostenuto dalla banca. E’ anche evidente la differenza che esiste tra quanto dice la Bce e quanto fanno gli istituti sul territorio dove le banche hanno puntato su finanziamenti speculativi invece di aiutare imprese e famiglie, e così non si fa sviluppo».
«Seguiamo anche con una certa apprensione –conclude infine Donatella Prampolini Manzini- le notizie sulla riforma allo studio per le banche popolari e la preoccupazione aumenterebbe se riguardasse anche le banche di credito cooperativo: si rischia di depotenziare una forma di credito che da sempre è vicina alle autonomie locali, all’impresa sociale. Sono state tra le poche banche che hanno retto alla crisi e che hanno continuato a finanziare imprese e famiglie. Stravolgerne la governance abolendo il voto-capitario sarebbe la fine della partecipazione popolare che ha determinato lo sviluppo del territorio e rischierebbe di buttarle in pasto alle grandi speculazioni. E’ fondamentale –dice la presidente Prampolini Manzini- mantenere il rapporto tra il territorio e le banche, tra un direttore di una banca e un imprenditore del posto. Non possiamo affidarci solo ai computer».