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Comuni soci di Hera, Mazzi (Democrazia Civica): “Il patto di sindacato è anacronistico e non favorisce l’interesse pubblico”

hera_0In questi giorni tutti i Consigli dei Comuni soci di Hera, compresi i Consigli dell’Unione Terre dei Castelli e dell’Unione dei Comuni del Frignano, sono chiamati a discutere una delibera che ha per oggetto “Contratto di sindacato di voto e di disciplina dei trasferimenti azionari fra i soci pubblici di Hera Spa”.

Non è una delibera squisitamente tecnica come continua a ripetere il PD per cercare di convincere le opposizioni.

Ammesso e non concesso che sia solo tecnica, è comunque doveroso fare alcune premesse sostanziali dal punto di vista tecnico e operativo.

Bisogna innanzi tutto ricordare la complessa architettura societaria costruita nel 2005 in occasione della fusione per incorporazione di Meta con Hera.

Vennero create le SOT, Società Operative Territoriali, il braccio operativo di Hera Spa per garantire l’eccellenza qualitativa e quantitativa dei servizi per tutti i Comuni soci. Le SOT a stretto contatto con il territorio non avrebbero fatto rimpiangere l’allontanamento della testa della società dal corpo del territorio.

Per convincere della validità del progetto si insisteva sui vantaggi delle economie di scala garantiti dalla testa, accompagnati dai vantaggi della presenza della SOT sul territorio.

Contestualmente fu creata Hsst Spa, la società veicolo, il forziere in cui tutti i Comuni modenesi conferivano le loro azioni per tenersi stretti gli uni con gli altri e avere voce in capitolo nel CDA e nell’Assemblea societaria di Hera Spa.

Per ottenere l’obiettivo dichiarato sarebbe però bastato un semplice patto di sindacato tra gli azionisti modenesi. Non c’era bisogno di creare una società di capitali che allunga la catena con lo svantaggio, ad esempio, che i dividendi che ciascun Comune percepisce sono quelli distribuiti a ottobre da Hsst e non quelli distribuiti da Hera a fine maggio. Come detto in diverse circostanze a fine maggio vengono pagati i dividendi all’azionista Hsst, che poi a ottobre, dopo la chiusura dell’esercizio di Hsst distribuisce ai Comuni soci i relativi dividendi. Tenuto conto che i costi di esercizio di Hsst erodono i ricavi, costituiti esclusivamente dai dividendi percepiti da Hera, è evidente che diminuisce l’utile da distribuire. Semplificando, se consideriamo pari a 100 il valore dei dividendi all’azionista Hera, all’azionista Hsst viene distribuito un importo minore di 100. Non di molto, per carità, ma questa costruzione di ingegneria societaria provoca anche il ritardo con cui i dividendi entrano nelle casse comunali: ottobre anziché fine maggio.

A distanza di anni il castello di società costruito nel 2005 si sta sgretolando.

Dopo 7 anni è andato in crisi il matrimonio con i vertici di Hera e le SOT sono state cancellate nel 2012: per fronteggiare la crisi economica e ridurre i costi sono stati tirati i remi in barca e sono venute meno le promesse del 2005.

Tecnicamente la delibera in discussione è figlia delle scelte che da consigliere comunale a Modena non ho mai condiviso come dimostrano gli atti depositati. Sono scelte costruite nel periodo in cui abbondavano le società partecipate, quelle che adesso sono poste all’indice a livello nazionale anche da Matteo Renzi, Presidente del Consiglio e segretario nazionale del PD. Ogni volta che si parla di spending review si parla di società partecipate da chiudere. Ecco: Hsst è da chiudere, invece a livello locale si vuole una proroga per “solo” sei mesi. Il PD deve farsene una ragione: deve essere cancellata. Ma non oggi. Doveva essere cancellata già ieri, anzi non doveva neppure essere costituita.

Dal punto di vista operativo tutti i vantaggi promessi sono rimasti sulla carta: qualità dei servizi e tariffe non sono certamente dalla parte dei cittadini, con l’aggravante che i Comuni soci di Hera sono in continuo conflitto di interessi. Un conflitto che non li tiene svegli di notte visto che sanno già da che parte stare, a prescindere. I fatti dimostrano ampiamente che i soci pubblici non sono mai riusciti a influenzare le scelte di Hera. Anzi, è successo l’esatto contrario: Hera ha imposto ai soci pubblici il suo piano industriale costruito secondo le logiche di mercato e per di più in posizione dominante come monopolista di fatto.

Per fare gli interessi della collettività non ci vuole l’azionista pubblico, che tanto è comunque minoranza e lo sarà ancora di più in futuro quando aumenteranno le dimensioni territoriali con l’ingresso di nuovi soci in Hera.   Occorre che i Comuni affidino i servizi di interesse pubblico con gara, fissando regole precise per la salvaguardia della qualità, della salute e dell’economicità.

Al pubblico spetta il compito di dettare le regole per favorire la collettività, affidare i servizi alle aziende in concorrenza sul mercato e controllare il loro operato.

Insomma tutto il contrario di quello fatto in questi anni.
Chi ha creato questa situazione, l’ha gestita autonomamente e vuole continuare a gestirla in modo identico, tecnicamente e operativamente, nonostante le leggi nazionali che stanno cambiando la partecipazione degli Enti Locali nelle società.

Tenuto conto che i Consigli sono chiamati a deliberare solo quando non si può fare a meno del loro voto, sottolineato che non ci sono altre occasioni in cui i Consigli sono chiamati a fare scelte nel merito dei servizi pubblici, ribadito che tutti i consiglieri, di maggioranza e opposizione, dovrebbero conoscere ciò che invece viene deciso autonomamente nei CDA, se fossi consigliere farei questa dichiarazione: “Quasi 10 anni fa eravamo contrari, in questi anni non abbiamo mai condiviso il vostro operato e oggi non vogliamo essere corresponsabili di questa operazione. Ma non votiamo contro questa delibera. Per esprimere l’assoluto dissenso non partecipiamo proprio al voto. Voi ve la cantate, voi ve la suonate e voi ve la votate”.
(Dante Mazzi, Democrazia Civica)

















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