Con l’approssimarsi del ferragosto, è stata depositata la Relazione della DIA – Direzione Investigativa Antimafia, che conclude l’analisi dell’attività svolta nello scorso 2013.
Un voluminoso rapporto che dettaglia ed aggiorna un prezioso lavoro che si sviluppa principalmente sui filoni più attuali delle attività mafiose e che, ovviamente, devono coinvolgere l’interesse crescente e l’attività delle forze civili, economiche e sociali: individuare e colpire i patrimoni e le attività economiche delle mafie; prevenire e recidere i tentativi di infiltrazione a partire dal sistema degli appalti e subappalti; contrastare in modo ancor più efficace il riciclaggio delle risorse illecite.
Filoni di indagini e controlli che richiedono crescenti risorse specializzate anche in Emilia-Romagna perché questo fronte condiziona ed inquina sempre più imprese, settori produttivi e professionali e modalità di lavoro sempre più degeneri.
Da qui, il crescente impegno del Sindacato.
Il Rapporto DIA, nei diversi capitoli, aggiorna le cosiddette “proiezioni extraregionali” delle principali “case madri” malavitose cresciute nel nostro Paese, oltre al consolidarsi di vari clan mafiosi di origine straniera.
Tradotto: modalità ed intensità delle infiltrazioni malavitose al Nord.
Nell’aggiornare, alla luce di indagini e recenti dati investigativi, tipologie e tassi delle diverse presenze mafiose nelle diverse regioni, l’Emilia-Romagna ha ormai – e purtroppo – un ampio spazio assicurato che si ripropone e si consolida, con tipologie criminose sempre più strutturate, che vanno “…dal riciclo di denaro, ad investimenti in attività imprenditoriali, dal controllo dei principali traffici illeciti e di contraffazioni, ai finanziamenti usurai”.
Una realtà che espande ancor più i già pesanti fenomeni legati ai cosiddetti “reati spia”, fatti di minacce, incendi intimidatori, corruzione e tipologie di lavoro sempre più irregolare, destrutturato ed oggetto di ricatto.
Analisi, tabelle e dati che confermano il consolidarsi degli affari di camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra nei territori della regione, intrecciando efficaci “patti” di convivenza e ripartizione dei traffici.
Fin qui, conferme ed aggravanti.
Ma quest’ultima Relazione DIA introduce anche novità, esposte con esplicita durezza:
1) “…In Emilia-Romagna si conferma l’attenzione dei clan sul ricco e produttivo tessuto economico. Numerose indagini hanno accertato il sempre maggior coinvolgimento di professionisti compiacenti nell’attuazione delle strategie economiche dei sodalizi e la diffusa tendenza a creare schermi societari per dissimulare la reale titolarità delle aziende…Una particolare e risalente concentrazione di soggetti legati ai clan campani, si rileva nelle province di Modena e Bologna ” .
2) Per quanto riguarda il riciclaggio, la nostra regione si mantiene al quarto posto per numero di segnalazioni raccolte dall’apposito settore informativo della Banca d’Italia. Da questo insieme, circa il 20% – quelle ritenute maggiormente sospette – sono state assunte ed analizzate dalla DIA.
L’Emilia-Romagna mantiene poi la posizione anche nel seguito delle concrete indagini giudiziarie, per numero dei “fatti di reato, dei soggetti denunciati e/o arrestati” e di questi, oltre il 25% sono stranieri.
Siamo però la seconda regione a nord del Lazio, per soggetti implicati “nell’impiego di denaro, beni ed utilità di provenienza illecita”.
Ci prendiamo inoltre una esplicita citazione con un accostamento poco lusinghiero a pag. 242, nel capitolo dedicato al fenomeno usuraio e raket estorsioni “…in Italia centro-meridionale e nella regione Emilia-Romagna, pur permanendo un numero cospicuo di episodi, si segnala una leggera flessione del fenomeno”.
Una “leggera flessione” che rischierà di far calare ancor più il nostro PIL, se a settembre passerà la nuova mostruosità introdotta dalle Istat europee per conteggiare nei volumi reddituali anche…le attività economiche illegali (oltre ad evasione fiscale e lavoro nero che, non dimentichiamo, nei parametri di conteggio ci sono già) !!
3) Si riporta infine l’attività svolta nel settore degli appalti pubblici al Nord – principalmente in area Expo e dintorni – ma anche negli “interventi di ricostruzione post-sisma in Emilia”, con accessi della DIA nei cantieri – in particolare a San Felice – e verifiche sulle imprese e mezzi, in stretto rapporto col Gruppo Interforze e le Prefetture del cratere, impegnate nella defatigante definizione delle White list per le imprese pulite.
Un’attività metodica e complessa – ulteriormente “sburocratizzata” dal recente e buon Decreto n° 90 – ma che vede ancora una pesante carenza di risorse e personale addetto: l’intera Sezione Operativa della DIA emiliana, supera di poco la ventina di unità, nonostante l’acutizzazione dei bisogni investigativi post-terremoto, oltre che ai dati regionali sopracitati.
Franco Zavatti, Cgil Modena-coordinatore legalità e sicurezza Cgil regionale