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Omar Sosa a Carpi per Mundus

OMAR-SOSA-3-2Lunedì 4 agosto a Carpi, Piazzale Re Astolfo, il cubano Omar Sosa, piano solo, presenta “Senses” nuova tappa di viaggio fra sentimenti ed emozioni vissuti in prima persona e talmente forti da far nascere l’esigenza di condividerli con altri. Inizio concerto 21.30, ingresso libero.

Sull’onda della nomination ai Grammy Awards nella categoria Best Latin Jazz Album, conseguita con “Eggun”, Omar Sosa pubblica un nuovo lavoro, “Senses”, che lo ritrae in completa solitudine.

Senses” è il settimo album di Omar Sosa per piano solo, nuova tappa di un viaggio fra sentimenti ed emozioni vissuti in prima persona e talmente forti da far nascere l’esigenza di condividerli con altri. L’album è nato all’EMPAC (Experimental Media and Performing Arts Center) dell’Istituto Politecnico di Rensselaer di Troy, nello stato di New York, nel febbraio 2012: Sosa era stato lì invitato a prendere parte a una residenza artistica insieme alla danzatrice e coreografa dello Zimbabwe Nora Chipaumire, per comporre la musica di un pezzo di teatro-danza in parte ispirato alla vita della cantante sudafricana Miriam Makeba. Durante la residenza il musicista di Camanguey ha pensato di utilizzare le attrezzature all’avanguardia presenti all’EMPAC, tra cui un magnifico pianoforte a coda Yamaha CFIII: in questo modo ha preso vita “Senses”.

Racconta in proposito lo stesso Omar Sosa: “Non ho potuto resistere e sono rimasto nello studio per ore, improvvisando. Ho pensato a ciò che stava succedendo nella mia vita: stavo attraversando un momento molto difficile dal punto di vista emotivo. Ma come si dice, tutto succede per una ragione, e grazie a questo momento duro nella mia vita personale, ho avuto l’opportunità di restare solo con le mie paure e con i miei dubbi, così come con i miei antenati e con gli Spiriti”. “Non ho ascoltato le registrazioni fino ad un mese più tardi”, continua il pianista cubano, “Non volevo che mi richiamassero alla mente quel difficile momento che era parte integrante del processo creativo. E sapevo bene che la musica scaturita era il riflesso della mia tristezza, della mia angoscia, della disperazione e della nostalgia per la pace dell’anima che in quel momento non avevo. Ma al primo ascolto non è stato ciò che ho provato: ascoltando i brani non posso dire che mi abbiano fatto sentire triste. Tutt’altro”. “Oggi mi sento tranquillo”, conclude Omar Sosa, “provo amore per il bene dell’amore. L’improvvisazione è un viaggio musicale durante il quale emergono le mie radici cubane in maniera inusuale, decostruite, affascinandomi per come hanno trovato posto nell’album”.

Pianista eccezionale, poliglotta musicale che unisce i continenti, Omar Sosa, tra l’utopia e la realtà, è un’allegoria dello scambio artistico universale.

Omar Sosa esemplifica perfettamente lo spirito di Duke Ellington come creatore di una musica che trascende le categorie, testimoniata anche dai circa 20 album come leader: è un musicista planetario che meglio rientra nella world music, nella sua classificazione più ampia.

La sua curiosità, uno spirito musicale generoso, una dedizione al gruppo come elemento fondamentale della creazione, e un’apertura a sonorità nuove e combinazioni insolite animano tutto ciò che Omar Sosa fa.

La sua ricerca di libertà musicale trascende l’ortodossia e personifica la determinazione di Monk, nel non voler suonare mai la stessa cosa due volte. Sosa realizza un linguaggio Jazz globale ma esaustivo, stilisticamente unico, che celebra la diversità delle anime della musica delle Americhe e oltre.

Eppure Omar Sosa coltiva sempre un’intima connessione con le sue radici afro-cubane. “L’Africa e la Diaspora rappresentano una fonte musicale senza uguali” dice l’artista. “Ho provato a raccontare il profilo melodico del continente, e la sua grande forza ritmica. Il ritmo mette in collegamento ogni persona con lo Spirito supremo; e ogni terra ha il suo modo di chiamare lo Spirito, di unire le persone. Filosoficamente, attraverso il Jazz che è forse il genere più rappresentativo della Diaspora, abbiamo cercato di mettere insieme i Caraibi, l’America Latina e l’Africa in un espressione di libertà, una celebrazione della Diaspora che sopravvive ancora oggi”.

 

















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