Per contrastare la disoccupazione giovanile servono investimenti, politiche industriali e scelte che favoriscano la creazione di nuovi posti di lavoro; inoltre occorre rimettere in relazione la scuola con il mondo del lavoro, rafforzare i dottorati industriali, potenziare l’apprendistato e la relativa formazione, implementare gli stages nelle aziende. Lo affermano Cgil-Cisl-Uil modenesi alla vigilia della festa del 1° Maggio, dedicata quest’anno ai giovani. L’obiettivo è consentire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Per i sindacati va combattuta la falsa idea di un conflitto tra le generazioni; la ricerca di un posto di lavoro, infatti, oggi è resa più complicata anche dalle rigidità introdotte dalla riforma pensionistica (a partire dall’innalzamento dell’età pensionabile), che costringe i lavoratori più anziani a una permanenza più lunga nei luoghi di lavoro.
«Nella nostra provincia è senza lavoro il 27,2 per cento della fascia di età 15-24 anni. Tra costoro ci sono anche i cosiddetti “Neet” (dall’inglese Not in education, employment or training), cioè I giovani che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione – ricordano i segretari provinciali di Cgil-Cisl-Uil Tania Scacchetti, William Ballotta e Luigi Tollari – Per fronteggiare questo problema drammatico, l’Unione europea ha varato il Piano di garanzia giovani (Youth Guarantee) che parte proprio domani, giovedì 1 maggio. Consiste in una campagna straordinaria per i giovani 15-29 anni di selezione e offerta lavorativa, formazione, servizio civile. I Piani dovranno essere approvati dalle Regioni definendo i percorsi di avvio in raccordo con gli enti provinciali e i Centri per l’impiego. Questa campagna di presa “in carico” dei giovani non occupati rischia, però, di far lievitare ulteriormente i numeri della disoccupazione nel nostro territorio, in quanto saranno censiti anche quei giovani che non si erano mai rivolti ai Centri per l’impiego per compilare il modulo per la disponibilità al lavoro».
Per i sindacati bisogna rilanciare il ruolo della scuola, anche pubblica, in particolare degli istituti tecnici e professionali modenesi, che in passato si sono dimostrati capaci di soddisfare le richieste di competenze e professionalità espresse dalle imprese. A livello nazionale, invece, Cgil-Cisl-Uil giudicano sbagliato non prevedere la formazione obbligatoria per i percorsi di apprendistato, in quanto si permette l’utilizzo di manodopera a basso costo senza ottenere in cambio un’adeguata preparazione professionale.