Un anno, il 2013, ancora marcato dalla recessione. Con minor vigore rispetto ad altre aree d’Italia, ma pur sempre con grande energia, il ‘ciclone crisi’ continua ad investire anche l’Emilia-Romagna. Infatti, i numeri che misurano l’andamento del sistema produttivo emiliano-romagnolo nel 2013 sono ancora orientati al segno negativo. È questo il quadro che emerge dal Rapporto sull’economia regionale 2013, realizzato da Unioncamere e Regione Emilia-Romagna presentato questa mattina a Bologna.
La flessione del Pil è dell’1,4 per cento rispetto all’anno precedente (-1,8 per cento in Italia), una contrazione che interessa tutti i settori e, in misura superiore, costruzioni e manifatturiero. La flessione, tuttavia, è più contenuta rispetto al calo del 2,5 per cento rilevato nel 2012 con una prospettive di una moderata ripresa (+1,1%) nel 2014.
Due fenomeni, però, segnano la dinamicità del sistema imprenditoriale. Le reti d’impresa in Emilia-Romagna a fine luglio 2013 coinvolgevano 714 aziende, tanto che la regione è al secondo posto a livello nazionale dopo la Lombardia. Identica posizione per numero di start up innovative registrate, 162 (al 16 dicembre 2013), prima fra regioni paragonabili.
«In questi ultimi anni sono diversi – ha evidenziato l’assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli – i terremoti, al plurale, che hanno colpito l’Emilia-Romagna. Sisma, crisi ma soprattutto il cambiamento dei sistemi e dei riferimenti economici e produttivi. Per uscire dalla crisi e per affrontare la sfida al cambiamento la Regione punta ad aumentare gli interventi di sostegno per imprese e per l’occupazione. A iniziare dalla legge regionale sulla attrattività che stiamo per varare e dalla discussione sulla destinazione dei Fondi europei per la programmazione 2014 -2020».
Il presidente Unioncamere Emilia-Romagna Carlo Alberto Roncarati ha evidenziato che «la ripresa si profila ancora piuttosto incerta. Potrà irrobustirsi se, come istituzioni, saremo in grado di sostenere davvero il binomio impresa-lavoro, obbligatorio punto di partenza della crescita, sotto vari aspetti: dall’accesso al credito, alla semplificazione amministrativa, all’internazionalizzazione, all’innovazione. A questo riguardo, dobbiamo essere consapevoli che l’agire in modo sinergico sarà il modo più efficace per tendere all’obiettivo. Il rafforzarsi della propensione delle imprese ad operare in rete, è un segnale che incoraggia a pensare ad un consolidamento della nostra struttura economica, imposto dalla necessità di rapportarsi ad un mondo dove si innalza sempre più la sfida competitiva».
I numeri del Rapporto
Gli effetti della recessione si leggono anche nei dati dell’occupazione (gli occupati diminuiscono dell’1,4 per cento, il tasso di disoccupazione si avvicina pericolosamente alla soglia del 9 per cento), nella progressiva perdita del potere d’acquisto delle famiglie (-2,1 per cento), nelle 6 mila imprese in meno, nel saldo determinato non solo dall’aumento delle aziende che chiudono, ma anche dalla minor propensione ad aprire nuove attività.
L’Emilia-Romagna si contraddistingue per l’apertura ai mercati esteri, ed è una della più dinamiche del Paese: secondo i dati Istat, nei primi nove mesi del 2013 l’export è ammontato a circa 37 miliardi di euro, superando del 2,0 per cento l’importo dell’analogo periodo del 2012.
Tra i prodotti che caratterizzano l’export, da sottolineare l’aumento del 7,5 per cento del sistema agroalimentare, che ha rappresentato il 10,7 per cento del totale delle vendite. I prodotti metalmeccanici –55,6 per cento delle vendite all’estero – sono aumentati dell’1,5 per cento. Il comparto più importante sotto l’aspetto economico e tecnologico, vale a dire le macchine e apparecchi meccanici (compreso il packaging), è cresciuto del 3,4 per cento. La migliore performance è venuta dai prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature, il cui export è salito dell’11,5 per cento.
Resiste – e spesso si consolida – chi ha fuori dai confini azionali il principale mercato di riferimento. Ed è dall’estero che dovrebbe arrivare qualche, timido, vento di ripresa. Nel 2014 le previsioni stimano una crescita del Pil regionale dell’1,1 per cento, un’inversione di tendenza di cui beneficerà anche l’occupazione che dovrebbe arrestare la caduta. Anche nel 2014 non mancheranno fattori di criticità: resterà debole la domanda interna, così come non sembra dare segnali di risveglio la dinamica degli investimenti. Sarà una ripresa fragile se la domanda estera non riuscirà a trainare il mercato interno.
A fine settembre 2013, la consistenza delle imprese attive è diminuita dell’1,4 per cento. Ogni comparto industriale ha accusato diminuzioni, con l’unica eccezione di quello energetico (+8,5 per cento), che ha tradotto la spinta delle produzioni da fonti alternative.
Dal lato della forma giuridica delle aziende, si è rafforzato il peso delle società di capitale, in virtù degli aumenti delle società a responsabilità limitata con unico socio e dell’entrata a regime delle nuove forme di Srl semplificata e a capitale ridotto, mentre hanno perso terreno le forme giuridiche “personali”, ossia società di persone e imprese individuali.
Il comparto manifatturiero non esce da una spirale recessiva: per l’industria in senso stretto nei primi nove mesi del 2013 in calo produzione (-3,1 per cento), fatturato (-3,2 per cento) e ordini (-3,8 per cento).
Il settore delle costruzioni in difficoltà da oltre cinque anni, è ancora lontano da una via d’uscita. Il ridimensionamento non ha risparmiato alcuna classe dimensionale: il volume d’affari ha subito una diminuzione del 5,7 per cento, più marcata per le piccole imprese da 1 a 9 dipendenti (-6,4 per cento).
Il commercio al dettaglio ha registrato flessioni nelle vendite intorno al 6,2 per cento rispetto all’analogo periodo del 2012 (-7,9 per cento in Italia), in correlazione con un andamento assai depresso dei consumi e dei redditi. Le situazioni più critiche sono state registrate nella piccola e media distribuzione (rispettivamente – 8,7 e – 6,7 per cento). La grande distribuzione ha evidenziato una relativa maggiore tenuta (-2,0 per cento).
L’agricoltura, a sua volta, stenta a mantenere livelli di redditività soddisfacenti: il valore della produzione agricola e zootecnica dell’Emilia-Romagna ha accusato una diminuzione di circa il 3 per cento rispetto alla precedente annata agraria. Tuttavia il valore della produzione all’origine sembra attestarsi sui 4,4 miliardi di euro, un dato superiore alla media degli ultimi tre anni, che conferma il ruolo anticrisi di un settore che tra il 2008 e il 2012 ha aumentato del 12% il valore della sua produzione.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’occupazione nei primi nove mesi del 2013 è mediamente ammontata a circa 1.940.000 persone, vale a dire l’1,5 per cento in meno rispetto all’analogo periodo del 2012. I servizi hanno mostrato una migliore tenuta (-0,2 per cento) rispetto ai rami primario (gli addetti sono diminuiti del 12,2 per cento) e secondario (calo delle attività industriali in senso stretto pari al -2,9 per cento).
L’Emilia-Romagna ha registrato il secondo miglior tasso di occupazione del Paese, alle spalle del Trentino-Alto Adige, mantenendo la posizione di un anno prima.
Con un tasso di disoccupazione dell’8,2 per cento, l’Emilia-Romagna si è collocata, relativamente ai primi nove mesi del 2013, tra le cinque regioni italiane meno colpite dal fenomeno.
In sofferenza il mercato del credito: secondo le statistiche divulgate dalla Banca d’Italia, a fine settembre 2013 gli impieghi bancari “vivi”, ovvero al netto delle sofferenze, concessi alla clientela ordinaria residente, escluso le Istituzioni finanziarie e monetarie, sono diminuiti in Emilia-Romagna del 5,0 per cento. La percentuale sale se si restringe l’analisi alle imprese e famiglie produttrici (-6,3 per cento).