Nella giornata mondiale dell’ambiente – mercoledì 5 giugno – una sfida impegnativa ma ‘necessaria’ viene lanciata dal fondatore di Last Minute Market Andrea Segrè, saggista e agroeconomista, promotore della campagna europea “Un anno contro lo spreco”. “Vivere a spreco zero” non è solo il titolo del suo ultimo libro, edito Marsilio (collana I grilli, 158 pag. €12, in libreria dal 15 maggio), ma è anche, e soprattutto, spiega l’autore «Un auspicio semplice, un verbo e due parole messe in fila per enunciare una piccola rivoluzione. Da quindici anni Last Minute Marketspiega come recuperare gli sprechi, anziché disperdere gli eccessi. Una formula economica più che etica, un sistema “win-win” dove vincono tutti. In direzione di un orizzonte che abbiamo chiamato Spreco zero, la nostra campagna “Un anno contro lo spreco”, ha da poco lanciato, con Trieste Next, uno strumento che si chiama Carta Spreco Zero, promosso e già sottoscritto da oltre 1000 sindaci italiani ed europei. La Carta impegna i sindaci a misure concrete di abbattimento degli sprechi sul territorio amministrato. I monitoraggi sulla questione spreco sono garantiti da Waste Watcher, l’osservatorio avviato con Swg, capace di dar voce alla crescente sensibilita’ degli italiani: dall’inchiesta realizzata fra il 27 e il 29 maggio, per esempio, in un’ipotetica citta’ “ideale” del 2050, il 67% degli italiani immagina leggi che prevedano sgravi fiscali per chi adotta soluzioni antispreco donando le eccedenze. E secondo il 62% degli intervistati nelle scuole si dovrà insegnare la “neo-economia domestica”, con corsi obbligatori che spiegano come sfruttare bene in cucina tutti gli alimenti»
“Vivere a spreco zero” si presenta mercoledì 5 giugno alle 11.30 a Reggio Emilia, nella sede UniCredit Amendola di via Gattalupa 2,nell’ambito delle iniziative legate all’edizione 2013 della campagna europea “Un anno contro lo spreco” che vede UniCredit tra i principali sostenitori. E sempre mercoledì, alle 18 a Bologna – Libreria Feltrinelli (Piazza Ravegnana 1) il saggio sarà presentato da Andrea Segrè in dialogo con Daniele Donati. Cosa possiamo fare per evitare gli sprechi di cibo, acqua, energia? Cosa dovrebbe fare la politica locale, nazionale ed europea per promuovere una societa’ che metta al bando gli sprechi? Andrea Segretratteggia un orizzonte che porta alla riduzione del consumo di risorse naturali e delle emissioni nell’ambiente.
Secondo rilevazioni Last Minute Market (Libro Verde dello spreco: l’Energia 2013, a breve in libreria per Edizioni Ambiente)il 3% dei consumifinali di energia in Italia (l’equivalente dei consumifinali di 1.650.000 italiani) è attribuibile allo sprecoalimentare dal campo alla tavola. Il quantitativo di cibosprecato prima di arrivare sulle nostre tavole (dalle aziendeagricole fino al «supermercato») corrisponde a circa3,6 milioni di tonnellate/anno, a cui è associata l’emissione di oltre 3 milioni di tonnellate di co2 equivalenti(senza considerare le emissioni derivanti dalla gestionedei relativi rifiuti). In termini di acqua virtuale ciò che èrimasto non raccolto in campo (2010), corrisponde a circa1,2 miliardi di muna quantità pari al lago d’Iseo.Gettando il cibo si sprecano le risorsenaturali limitate – suolo, acqua, energia – utilizzate perprodurre, trasformare, distribuire e poi smaltire e si determinanoimpatti negativi non solo dal punto di vistaeconomico ma anche ecologico. Combattere lo spreco alimentare e le sue conseguenzedeve essere una priorità economica,ecologica e sociale per i consumatori, le imprese, le istituzionie le amministrazioni locali.
Lo spreco energetico legato al settore agroalimentare parte dal confezionamento e dalle varie lavorazioni cui vengono sottoposti gli alimenti: ad esempio, le insalate in busta richiedono un input energetico che può arrivare a 7800kcal per kg di prodotto (includendo le lavorazioni e il packaging), ma forniscono solo 200 kcal alimentari per kg di prodotto (calcoli Unibo su dati Bousted 2005, Vink 2009, Office of Energy Intensity 2008).A livello nazionale la quantità di biomassa da scarti agricoli equivale alla messa a coltura di una superficie di 200.000 ettari (a colture energetiche) e potrebbe garantire la produzione di 6,5 miliardi di M3 di gas metano e soddisfare i consumi (per riscaldamento e uso domestico) di oltre 16 milioni di cittadini italiani.
E’ importante collegare il tema degli sprechi alimentari e dei costi energetici al problema delle emissioni di CO2: in Italia lo spreco alimentare corrisponde a circa 3,6 milioni di tonnellate all’anno (dati LMM, 2010) e comporta l’emissione di ca. 4,14 milioni di tonnellate di CO2. Nel 2010l’Italia ha prodotto 501 milioni di tonnellate di CO2, ossia 16 milioni di tonnellate in più rispetto all’obiettivo di Kyoto, fissato in 485 milioni di tonnellate (Ispra, 2012). Confrontando questo dato (16 milioni di tonnellate) con quello associato agli sprechi agroalimentari (4,14 milioni di tonnellate) emerge come le emissioni relative agli sprechi alimentari corrispondano a circa un quarto della riduzione prevista con il Protocollo di Kyoto. Quindi attraverso la prevenzione e il recupero dello spreco è possibile: da un lato (ri)destinare all’interno del ciclo alimentare prodotti per cui era già stata generata una quantità significativa di emissioni, dall’altro evitare che altre emissioni debbano essere generate per gestire o smaltire quegli sprechi diventati rifiuto.
E ancora, riducendo lo spreco di cibo nell’industria alimentare, che risulta pari a ca il 2,6% del prodotto finale, si potrebbero riscaldare per un anno ca. 330.000 appartamenti da 100 m2 di classe A (stime Last Minute Market – Unibo su valori Eni). In uno studio condotto in un ipermercato di Bologna, è stato rilevato che in un anno vengono smaltiti come rifiuto fino a 92.000 Kg di cibo commestibile, ossia una media di 252 kg al giorno, su cui pesano in larga parte frutta, verdura e carne. Si è stimato che con questi 252 kg di cibo sarebbe possibile fornire una dieta completa ed equilibrata per 18 persone al giorno, soddisfacendo a pieno il loro fabbisogno energetico. Allo stesso tempo, sarebbe possibile fornire una dieta parziale ad altre 323 persone al giorno (stime Last Minute Market – Unibo).
Energia potenzialmente ricavabile anche dai rifiuti alimentari inquinanti: se si raccogliessero e trattassero interamente le 280.000 t di olio vegetale esausto prodotte annualmente si potrebbero ricavare teoricamente 238 milioni di litri di biodiesel (stime Last Minute Market – Unibo su dati Conoe e Seeg).