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Uil e Uilm Modena sugli incontri Fiom-Confindustria

Dal momento che nessuno degli attori coinvolti, la Confindustria Modenese in primis e la Fiom si è mai premurata di interpellarci né di chiedere il nostro parere sull’opportunità di aprire un terzo tavolo di trattativa territoriale (dopo quello nazionale e quelli aziendali) ci risulta complicato dare giudizi sull’incontro del 2 maggio tenuto da queste due associazioni. Sicuramente ciò dimostra il bassissimo livello dei rapporti tra le organizzazioni e i richiami ad una unità anche formale spesso suonano in modo assai stonato con una realtà che sul terreno , soprattutto nelle provincie di Reggio, Modena e Bologna, si muove in maniera completamente differente. Da parte nostra come UIL abbiamo sempre cercato di non approfondire il solco delle divisioni e di gestire le criticità con intelligenza, ma non nascondiamo la verità. Nel settore metalmeccanico le trattative separate sono ormai la norma e quelle unitarie una eccezione e la carta rivendicativa che la Fiom ha sottoposto alla Confindustria ne costituisce un esempio lampante. Si prende il percorso fatto a livello nazionale da Fim e Uilm, concretizzatosi col CCNL del 5 dicembre 2013 e si tenta di fare un più uno a livello regionale. Si possono pure condividere le motivazioni salariali di fronte alla costante perdita del potere di acquisto dovuto ad una pressione fiscale intollerabile che colpisce il lavoro dipendente, anche se il governo, più che le imprese, dovrebbe agire in tal senso; si possono certamente condividere alcune normative legate alla salvaguardia occupazionale, alla diffusione dei contratti di solidarietà ad un patto che porti a soluzioni alternative ai licenziamenti. Su questi punti la UIL e la UILM si impegnerà sempre in tutti i tavoli formulando proposte, cercando di ridistribuire salario nelle imprese ove si produce ricchezza, perché nelle grandi imprese non è il territorio, ma la singola realtà, a determinare il conseguimento degli obiettivi aziendali e la premialità. Su questi punti siamo disponibili a confrontarci con le associazioni sia a livello confederale sia di categoria.

Non essendo amanti della democrazia diretta non entriamo nel merito delle cifre dei lavoratori metalmeccanici coinvolti, contrapposti agli iscritti. Siamo in genere per una democrazia rappresentativa e la valorizzazione del lavoro dei delegati di fabbrica significa anche attribuire loro capacità decisionali, nei confronti di chi li ha delegati a rappresentarli. Crediamo fondamentale che qualunque sia la scelta che verrà presa a livello nazionale da CGIL, CISL e UIL sulla rappresentanza e sul voto certificato si debba necessariamente inserire il concetto di responsabilità delle scelte. Chi vota per lo sciopero deve impegnarsi a farlo, chi respinge un accordo deve raggiungerne uno migliore.

Sulla rappresentanza, l’articolo 19 dello statuto dei lavoratori si esprime in maniera chiarissima. In attesa del giudizio della Corte Costituzionale in materia, o si cambia la legge o si cerca un accordo differente che deve avere la sua sede naturale a livello nazionale. La FIM e la UILM ritengono che il superamento della stagione degli accordi separati debba passare attraverso la ratifica della base di partenza da parte di FIOM. C’è chi ha parlato di accordi ove si sarebbe fatta macelleria sociale, lo si chieda ai lavoratori della Ferrari se il loro accordo non sta producendo risultati, occupazionali e salariali. Negli accordi nazionali la nostra preoccupazione primaria è stata quella del lavoro, agevolare la possibilità di cogliere la ripresa dando segnali positivi di certezza di cogliere le opportunità di mercato, ampliare la base produttiva, attraverso un maggiore utilizzo degli impianti ove lo consentano le condizioni di mercato. Vero che la parte salariale è un elemento indiscutibilmente sentito e abbiamo dato una risposta che dal Brennero a Capo Passero fissa i minimi contrattuali elevandoli anche valorizzando le professionalità. Ci si rimprovera di avere tentato di contrastare il fenomeno dell’assenteismo anomalo nelle malattie brevi, ma non viene riconosciuto il lavoro fatto per tutelare i malati di lunga durata elevando la percentuale di trattamento salariale di malattia tra il periodo al 100% e il periodo al 50%.

Siamo partiti dal principio che per ridare slancio e vigore agli investimenti in Italia sul versante industriale, si debbano creare condizioni ottimali perché questo avvenga, contrastando con forza chi ritiene l’inesorabile declino del sistema industriale italiano come evento ineluttabile. Nelle fabbriche aperte si esercitano diritti, dignità del lavoro e stabilità; nelle fabbriche chiuse, trionfa la precarietà e si fa vera e propria carneficina sociale.

(Luigi Tollari Segretario Generale UIL Modena – Alberto Zanetti Segretario Generale UILM-UIL Modena)
















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