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Identificato da ricercatori dell’Università degli studi di Modena e Reggio il gene che favorisce l’adattabilità dell’orzo

pecchioni-nicolaDall’introduzione della agricoltura, l’approvvigionamento alimentare in Europa è stato reso possibile grazie alla diffusione e alla adattabilità di coltivazioni di cereali come l’orzo. Questa adattabilità viene spiegata in uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, il prof. Nicola Pecchioni e il dott. Enrico Francia, che hanno offerto un importante contributo agli studi sulla genomica dei cereali con la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Nature Genetics di uno studio dal titolo “La variazione in un omologo del gene di Antirrhinum CENTRORADIALIS ha contribuito all’adattamento ambientale dell’orzo”.

Lo studio, condotto assieme ad altri colleghi del CRA – Centro di ricerca per la genomica di Fiorenzuola d’Arda, dell’IPK – Leibniz Institut fuer Pflantzengenetik di Gatersleben (D) e del James Hutton Institute di Dundee (GB), ha puntato a spiegare come – geneticamente – si sia reso possibile l’adattamento ai differenti climi europei dell’orzo che, a seconda delle varietà, si è conformato a climi come quello delle zone del Mediterraneo e a quello di zone del Centro e Nord Europa.

“I cereali e le altre specie addomesticate – ha spiegato il prof. Nicola Pecchioni – sono andate incontro in migliaia di anni ad un notevole cambiamento ecologico e ambientale. Portate dall’uomo dal Medio Oriente verso l’Europa, si sono dovute adattare a climi diversi, per sfruttare, da una parte le corte primavere calde del Sud Europa, e dall’altra le gradualmente più lunghe e fresche primavere del Centro e Nord Europa. Nei più importanti cereali europei, cioè il grano e l’orzo, i tipi <invernali> si sono adattati a sopravvivere all’inverno e a fiorire in fretta prima del caldo estivo; i tipi <primaverili> sono stati invece selezionati per essere seminati dopo l’inverno ed approfittare delle tante ore di luce di una primavera molto più fresca e lunga”.

Si tratta di uno studio, quello portato avanti dai ricercatori dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia, iniziato fin dal 2004 e proseguito nel tempo attraverso prove condotte in diversi ambienti del Mediterraneo, tra Italia, Spagna, Nord Africa e Medio Oriente, durante le quali si è compreso che un singolo gene sul cromosoma 2 contribuiva in larga parte alla produzione di orzo.

“Giungere a questo risultato – hanno continuato il prof. Nicola Pecchioni e il dott. Enrico Francia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – è stato possibile grazie ad un incrocio tra una varietà costituita dalla ricerca pubblica in Italia, Nure, invernale, ed adattata perfettamente all’ambiente di Italia e Spagna, ed una varietà elite, denominata Tremois, primaverile, poco produttiva nei nostri climi, perché adattata all’ambiente che si ritrova nel nord della Francia”.

A partire da questo primo riscontro lo studio è andato oltre, volgendosi alla ricerca dei “geni candidati” a spiegare la variazione nel tempo di fioritura e, quindi, alla produzione di seme. Anche grazie al coinvolgimento, in un importante progetto collaborativo, di grandi gruppi di ricerca europei, scozzesi e tedeschi che – nel frattempo – erano arrivati a conclusioni simili, partendo dallo studio di collezioni di materiali adattati a climi più freddi.

“Nell’orzo – ha spiegato il prof. Nicola Pecchioni – sono state identificate recentemente le cosiddette <firme> di questa selezione operata dall’uomo. I tipi invernali, coltivati nel Mediterraneo, e quelli primaverili coltivati a latitudini più settentrionali sono chiaramente divergenti, e per pochissime mutazioni. In una di queste <firme> della selezione per l’adattamento al clima, abbiamo identificato una variante naturale del gene di orzo omologo a Centroradialis di Antirrhinum (HvCEN). Una mutazione in questo singolo gene ha contribuito grandemente allo sviluppo della cerealicoltura e all’approvvigionamento di cibo in Europa, e da qui ad altre parti del mondo, modulando il tempo di fioritura nel cereale. Nei tipi invernali è fissata una variante che consente di accelerare la produzione di seme, mentre nei tipi primaverili un’altra variante allunga il ciclo per sfruttare la primavera, agendo probabilmente da repressore della fioritura”.

Centroradialis di orzo è simile non soltanto al gene di Antirrhinum, o bocca di leone, nel quale è stato scoperto per la prima volta, ma anche ad altri geni di barbabietola e di pioppo che regolano la fioritura in queste specie. Pertanto i risultati raggiunti aprono nuove prospettive sia per la comprensione di meccanismi simili in altri cereali, sia per lo studio di altre “firme” della selezione dell’uomo.

 

















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