Tra le tante imposte, tasse e balzelli ci sono alcuni tributi che sono più odiosi di altri. In questa categoria rientra sicuramente l’imposta comunale sulla pubblicità. Da questo tributo il Comune di Mirandola ha incassato nel 2011 215.000 euro, nel 2012 (fino al 30 settembre)160.000 e nel 2013 prevede, prudenzialmente, di rastrellarne altri 150.000. L’introito però comprende diverse voci e non solo l’affissione delle insegne e se aggiungiamo il fatto che 150.000 euro su 67milioni di bilancio è appena lo 0,22% capiamo ancora meglio quanto sia marginale questa entrata.
Sulla questione tributi, si sa, Mirandola è intransigente. Basti pensare che i concittadini di Pico hanno dovuto pagare l’IMU sulle case inagibili per causa esterna (inagibilità F e “zona rossa”) mentre i cugini di Finale sono stati esentati! L’ottusità sulla questione ‘imposta di pubblicità’ nasce da lontano. I mirandolesi sanno bene che già prima del sisma (marzo 2012) i gabellieri del sindaco erano stati sguinzagliati per la città a fotografare tutte le insegne ed i cartelli. L’obbiettivo dichiarato era quello di fare cassa sanzionando chi non era in regola con il pagamento dell’imposta in modo retroattivo per tutti gli anni che non aveva pagato. Follia, pura follia. Non solo si sarebbe dovuto pagare dal giorno in cui è stata fatta la fotografia, ma pure dimostrare che in passato il cartello non c’era.
Nessuno chiede di non applicare la legge, ma di calarla nella realtà di oggi in cui, soprattutto i commercianti si sono trovati, dal giorno alla notte, il mondo stravolto. Se a questo aggiungiamo il fatto che nessuno ha ancora visto un becco di un quattrino, credo sia il momento di utilizzare il buonsenso e un po’ di rispetto per chi, da solo, cerca di ripartire.
Nel consiglio comunale che si dovrebbe tenere la settimana prossima presenteremo un odg in cui chiediamo di non avviare una nuova repressione fiscale ma di usare “l’usta” nell’applicazione della normativa.
(Antonio Platis – Capogruppo PDL Mirandola)