giovedì, 21 Agosto 2025
17.1 C
Comune di Sassuolo
HomeModenaMusei Civici: 175 modenesi partecipano a un'opera d'arte





Musei Civici: 175 modenesi partecipano a un’opera d’arte

Quindici forme di filo nero, 175 oggetti donati da altrettanti cittadini, un reading che coinvolgerà dodici studenti di due scuole modenesi: sono alcuni degli elementi principali di “Altro da cose”, l’opera che l’artista Claudia Losi ha realizzato con la partecipazione dei modenesi e che sabato 24 novembre alle 17.30 troverà la sua collocazione definitiva nelle sale dei Musei civici di Modena, in largo Porta Sant’Agostino. L’appuntamento, dal titolo “Un’opera, tante storie”, vedrà la partecipazione dell’artista, dell’assessore alla Cultura del Comune di Modena Roberto Alperoli e del direttore scientifico del Festival filosofia Michelina Borsari. L’opera è stata infatti realizzata raccogliendo oggetti donati dai modenesi, in una performance dal vivo che si è svolta nei tre giorni dell’ultimo Festival filosofia “sulle cose”. Sabato sarà presentato il catalogo che contiene, oltre alle storie degli oggetti e ai nomi delle 175 persone che li hanno donati, un testo introduttivo del filosofo Remo Bodei. Dodici allievi del Liceo Muratori e dell’Istituto Deledda, che hanno collaborato alla raccolta degli oggetti e assistito l’artista nella realizzazione, daranno vita al reading evento “Storie di cose”. Si conclude così, con la definitiva “musealizzazione”, l’operazione collettiva voluta dai Musei modenesi, che ha fatto leva sul coinvolgimento del pubblico nella creazione dell’opera d’arte. Il catalogo raccoglie le storie e le immagini delle “cose” affidate alle cure dell’artista e da questa inglobate, appunto, all’interno di 15 forme di filo nero. Come ricorda Remo Bodei nell’introduzione al catalogo, tutti gli oggetti inseriti nell’opera racchiudono in sè “due storie, non sempre coincidenti, quella personale di chi li ha portati al museo e quella delle cose stesse nella loro origine”.Alla base dell’iniziativa si colloca la riflessione su come ciascuno di noi adotti degli oggetti e lentamente li trasfiguri in cose che evocano il ricordo di esperienze vissute, di persone care o di eventi che lo hanno toccato. Sono spesso cose modeste, come la maggior parte di quelle raccolte in occasione dell’evento: frammenti di intonaco caduti durante il recente terremoto che ha colpito l’Emilia o bottiglie che hanno sorprendentemente resistito alle scosse, fischietti di quando si era ferrovieri, fazzoletti da collo di viaggiatori, origami giapponesi, pistole ad acqua dell’adolescenza, ferri da stiro della nonna, falci appartenute ai padri. Una varietà di reperti che hanno due storie, non sempre coincidenti, quella originaria delle cose stesse e quella personale di chi li ha portati al museo.

In quest’occasione particolare, il pubblico che ha risposto all’invito consegnando una cosa ha scelto di essere parte attiva e dinamica del processo artistico ed è diventato co-autore dell’opera. Per questo motivo le sfere sono state donate dall’artista alla comunità modenese e saranno esposte in permanenza, al termine della mostra, presso la sala di accoglienza dei Musei civici. Il catalogo, curato da Cristina Stefani, si configura come un’ulteriore opera collettiva ospitando al suo interno tutte le storie e le fotografie delle cose e l’elenco dei donatori che hanno reso possibile l’iniziativa nella sua complessa articolazione. Remo Bodei, nel testo per il catalogo della mostra, accanto al contributo dell’antropologo Matteo Meschiari, scrive: “Claudia Losi ha documentato i reperti ed è stata artisticamente originale con l’intuizione di inserirli in sfere avvolte in filo nero sino al punto da farli scomparire dalla vista. La sua idea è che questi “bozzoli” possano rappresentare una sorta di grembo materno che potrà rigenerarli trasformati e che in questa chiusura le cose possano mantenere la loro alterità, come nel caso del bambino rispetto alla madre. La procedura da lei inventata rinvia anche ad altri significati impliciti, in quanto simboleggia l’opera infaticabile dell’oblio che, con il suo filo nero, ricopre i ricordi e sigilla gli affetti”.

Nell’occasione verrà distribuito gratuitamente il catalogo a coloro che hanno contribuito alla creazione dell’opera collettiva. A tutti i partecipanti sarà offerto un aperitivo.

LA BIOGRAFIA DELL’ARTISTA CLAUDIA LOSI

L’autrice di “Altro da cose” ha all’attivo mostre nazionali e internazionali

Claudia Losi è l’artista incaricata dai Musei civici di Modena di realizzare l’opera d’arte collettiva “Altro da cose”, che ha visto la partecipazione di 175 modenesi in qualità di “donatori” di storie e oggetti personali. Losi, 41 anni, nata a Piacenza, ha trascorso periodi di studio e di vita fuori dall’Italia. Si è formata all’Accademia di Belle arti di Bologna ed è laureata in Lingue e letterature straniere. Il suo lavoro è fortemente legato all’esperienza diretta della natura, al rapporto con le scienze naturali e letterarie. La particolare relazione con il territorio e la ricerca di un rapporto speciale con la natura che la portano a esprimersi con tecniche diverse, legate spesso alla tradizione del lavoro manuale come il ricamo e il cucito, ma che prevedono anche la fotografia, il video e la performance. I ritmi lenti e dilatati e la forte componente relazionale sono aspetti fondamentali del suo lavoro. Grandi tele, carte, gomitoli ricamati con soggetti naturali (mappe, animali, fiori, gesti) sono al centro di progetti che vertono sempre sul recupero dell’esperienza del mondo in senso ampio con riflessioni di natura sociale, ecologica ed emotiva. Tra le diverse opere spicca il Balena Project, iniziato nel 2002 con la realizzazione in tessuto di una balenottera di dimensioni reali. Il lavoro ha poi dato origine a una serie di eventi, performance, incontri ed è stato ospitato da centri espositivi, piazze, scuole, periferie, raccogliendo storie, tradizioni da diversi paesi del mondo.

Tra le mostre personali recenti: proiezione del film “Les Funerailles de la Baleine” e performance correlate a Viafarini-Docva, Milano; MAXXI, Roma; GSK-Aware, Royal Academy, Londra; Sindrome Italiana, Grenoble; Qui e non altrove, Arte Pollino, Basilicata(2009); La coda della balena 1995-2008, Museo Marino Marini, Firenze; BalenaProject, Stenersen Museum, Oslo; Ikon Gallery, Birmingham (2008).

IL TESTO DI REMO BODEI PER “ALTRO DA COSE”

L’introduzione del filosofo per il catalogo dell’opera collettiva di Claudia Losi

“La nostra vita è costellata di oggetti che rivestono per noi un significato speciale, che segnano momenti culminanti o che silenziosamente ci hanno accompagnato per anni nel corso dell’esistenza. Noi li ricordiamo e li investiamo di affetti diversi: nostalgia, felicità, mestizia, dolore. Talvolta li perdiamo o li dimentichiamo in qualche cassetto o in soffitta, ma poi li ritroviamo o sembra che siano loro a cercarci”. Si apre con questa frase di Remo Bodei il catalogo dell’opera d’arte collettiva realizzata dall’artista Claudia Losi con la partecipazione di 175 modenesi. Ecco il testo del filosofo, intitolato “Cose e affetti”.

“In quanto oggetti, comprati o costruiti da noi – prosegue Bodei, – essi ci sono dapprima indifferenti, li usiamo con non curanza o li scambiamo con altri. È solo quando li frequentiamo, li amiamo o li odiamo, che acquistano quasi una loro personalità, che entrano nel nostro orizzonte, che formano una sorta di satelliti che ci circondano intellettualmente ed emotivamente. È allora, che per una specie di alchimia, gli oggetti si trasformano in cose, ossia – seguendo l’etimologia del termine, che deriva dal latino causa, come nella nostra espressione “battersi per la causa” – in entità che ci stanno a cuore e per cui interessiamo e ci impegniamo”.

“Non dobbiamo confondere l’oggetto con la causa, anche se il loro strato materiale è comune. L’oggetto è, letteralmente, ciò che ci sa di fronte, che ‘obietta’ al soggetto, che lo sfida, fino a che il soggetto non lo ingloba, lo fagocita e lo assimila. La cosa, invece, mantiene la sua relativa autonomia e su di essa si depositano idee, passioni e simboli. Per fare un esempio chiarificatore, una bambola è un oggetto di plastica o di pezza che i genitori comprano in un negozio a una bambina, ma, dopo poco, la piccola trasforma questo oggetto in cosa, attribuendole nome, qualità e sentimenti, fino al punto di accudirla e dialogare con lei. Si dirà: sono giochi e illusioni della fantasia. Certo, la fantasia riempie di colori e di significati la nostra vita, è alla radice delle passioni, ma non si tratta solo di questo”.

“Se liberiamo le cose dalla polvere della banalità e dell’oblio, che ne nascondono la natura e la storia, esse rivelano i loro significati storici, teorici o affettivi. Le cose ci inducono, infatti, a innalzarci al di sopra della mediocrità del quotidiano in cui cadremmo se non investissimo in loro – tacitamente ricambiati – pensieri, fantasie e affetti. Esse ci rivelano non solo il nostro rapporto con la natura da cui provengono (pietra, metallo, legno, osso, filamenti vegetali, pelli animali, plastiche derivate dal petrolio), ma anche i lasciti della civiltà e le relazioni sociali. Guardandole in tale prospettiva, la nostra anima entra in contatto con un mondo più vasto e, spesso, più coinvolgente dei semplici, inconsistenti fantasmi dell’interiorità. In questo modo, veniamo, infatti, più direttamente a contatto con quanto ci circonda e costituisce il mondo umano, opera di miliardi di persone (i morti e i vivi) che hanno plasmato la realtà lasciando nelle cose tracce che sopravvivono al loro lavoro e alla loro scomparsa fisica”.

“Privatamente, ciascuno di noi adotta degli oggetti e lentamente li trasfigura in cose che gli parlano di lui, di persone care o di eventi che lo hanno toccato. Sono spesso cose modeste, come la maggior parte di quelle raccolte e illustrate, nella mostra organizzata da Claudia Losi ai Musei Civici di Modena: pezzetti di intonaco o bottiglie (ma che ricordano il recente terremoto che ha colpito l’Emilia), fischietti di quando si era ferrovieri, fazzoletti da collo di viaggiatori, origami giapponesi, pistole ad acqua dell’adolescenza, ferri da stiro della nonna, falci appartenute ai padri. Insomma, una varietà di reperti che hanno due storie, non sempre coincidenti, quella personale di chi li ha portati al museo e quella delle cose stesse nella loro origine”.

“Claudia Losi, aiutata dal personale dei Musei e dai volontari delle scuole modenesi, è stata brava nel documentare i reperti, ma è stata artisticamente geniale con l’intuizione di inserirli in sfere avvolte in filo nero sino al punto da farli scomparire dalla vista. La sua idea è che questi “bozzoli” possano rappresentare una sorta di grembo materno che potrà rigenerarli trasformati e che in questa chiusura le cose possano mantenere la loro alterità, come nel caso del bambino rispetto alla madre”.

“Aggiungerei che la procedura da lei inventata rinvia anche ad altri significati impliciti, in quanto simboleggia l’opera infaticabile dell’oblio che, con il suo filo nero, ricopre i ricordi e sigilla gli affetti. Tuttavia, proprio perché è un filo, esso può ricondurre, come quello di Arianna, a ritrovarli nel labirinto dei ricordi. Per analogia, questa tecnica si può paragonare ai “ricordi di copertura” (Deckerinnerungen) di cui parla Freud a proposito di un suo paziente che della sua prima infanzia, tra i pochissimi ricordi, apparentemente banali, conserva quello di una bacinella di ghiaccio. Si scoprì dopo, che tale cosa stava sul comodino della nonna moribonda. Il ricordo nascondeva, dunque, quello della morte della persona amata, ma lasciava una traccia, un filo, per ritrovarne la memoria. Non sempre l’oblio vince definitivamente”.

MOSAICI E MUMMIE IN MOSTRA DA DICEMBRE

Inaugureranno il 16 e il 22 dicembre le nuove mostre al Lapidario romano e al Museo

I ritrovamenti delle mummie di Roccapelago e il mosaico tardoromano riscoperto nel 2010 a Savignano saranno protagonisti delle nuove mostre in programma ai Musei civici di Modena a partire dal mese di dicembre. “Con la presentazione del catalogo di ‘Altro da cose’ – afferma l’assessore alla Cultura Roberto Alperoli – si conclude un’operazione culturale che ha visto il coinvolgimento attivo dei cittadini modenesi per il museo della loro città. Per il mese di dicembre sono in programma altre due iniziative legate a importanti ritrovamenti del nostro territorio, che pensiamo possano suscitare nel pubblico altrettanta emozione ed entusiasmo”.

Domenica 16 dicembre alle 11 al Lapidario romano, al piano terra del Palazzo dei musei, sarà presentato “Il mosaico ritrovato”, proveniente dalla pavimentazione di una villa tardoromana di Savignano sul Panaro, già individuato alla fine dell’Ottocento ma distaccato solo tra il 2010 e il 2011. Il mosaico, originariamente di 7 per 4,50 metri, è decorato con elementi stilizzati alternati al nodo di Salomone, con un tondo centrale incorniciato da una corona di lauro, tecnica che testimonia la ricchezza del committente.

Sabato 22 dicembre alle 17 inaugura invece, nella nuova sala espositiva dei Musei civici al terzo piano la mostra “Le vesti di sempre: gli abiti della mummie di Roccapelago e Monsampolo del Tronto”, dedicata alla sensazionale scoperta, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, di numerosi corpi mummificati, risalenti al periodo tra il Sei e l’Ottocento, nella cripta della chiesa parrocchiale di Roccapelago, nell’Appennino modenese. Il ritrovamento modenese è posto a confronto con i reperti di un analogo ritrovamento avvenuto nelle Marche e con abiti e opere d’arte di provenienza collezionistica.

















Ultime notizie