(Adnkronos) – Bollette elettriche, all’Italia spetta la maglia nera. Nel nostro Paese, si hanno le più ”salate” d’Europa: si arriva a spendere fino al 30% in più degli altri Stati dell’Unione. Lo afferma Alessandro Clerici, responsabile della task force “Efficienza Energetica” di Confindustria e presidente del gruppo di lavoro internazionale del World Energy Council, intervenendo al workshop ”Le reti che fanno crescere l’Italia”.
“In Italia – afferma Clerici – i clienti finali pagano una bolletta dell’energia elettrica ben superiore a quelle delle altre nazioni dell’Europa dei 27. Chiaramente tali differenze sono diverse per le varie tipologie di clienti in funzione anche dei loro consumi e delle modalità dei loro prelievi durante la giornata, come le ore di punta con prezzi più cari od ore non di punta e notturne dove il prezzo è inferiore”. Se consideriamo il prezzo della borsa elettrica Italiana che riflette i costi di produzione, si può notare, presegue Clerici, ”che è mediamente superiore di un 25% rispetto ai valori in Francia, Germania e Nord Europa e di oltre il 30% rispetto alla Spagna”. Prendendo in esame le nostre industrie, ”quelle collegate in alta tensione pagano mediamente 0.1 euro al kWh, quelle in media tensione circa 0.13 euro al kWh e quelle in bassa tensione circa 0.16 euro, non considerando l’Iva, che d’altra parte è una partita di giro.
I clienti domestici – prosegue Clerici – pagano circa 0.25 euro al kWh, Iva inclusa, che nella quasi totalità non possono scaricare”. Tra le principali ragioni di tale scarto, c’è il fatto che in Italia esiste un mix delle materie prime utilizzate per produrre l’energia elettrica ben più costoso di quello delle altre nazioni. ”Produciamo infatti circa il 55% di energia elettrica da gas, il 10% da petrolio e solo il 16% da carbone, che risulta, con il nucleare, la fonte più economica per la produzione di elettricità, in assenza di eventuali alte penalizzazioni per le emissioni di CO2.
Il resto dell’Europa – continua il responsabile del World Energy Council – ha come media una produzione del 30% da carbone e del 30% da nucleare, la Francia, addirittura, ha il 78% da nucleare”. All’effetto di tale mix si aggiungono i balzelli che vengono scaricati sulla bolletta, come l’ultima quota del CIP6 (vecchia legge per incentivare la produzione da energie rinnovabili ed “assimilate”, e tra queste ricadeva anche il gas ed i residui delle raffinerie), l’uscita dal nucleare, i costi di “bilanciamento” dovuti a problemi di strozzature del sistema di trasmissione e alla non programmabilità delle rinnovabili. ”Occorre, inoltre, notare – aggiunge Clerici – che a tali balzelli addizionali stanno aggiungendosi gli incentivi per le rinnovabili elettriche che sono “esplose” per gli elevati valori degli incentivi stessi, che in 2 – 3 anni raggiungeranno i 10 miliardi di euro all’anno: il 70% per il fotovoltaico ed il resto per eolico e biomasse.
Per i clienti che non sono esentati dall’applicazione di tali incentivi, come gli autoproduttori e le industrie energy intensive, corrispondono a 0.04 euro al kWh”. Questo significa che un cliente collegato all’alta tensione avrà un aumento della bolletta del 40% e per circa 20 anni, quelli in media e bassa tensione del 31 % e del 25 %. ”Tale situazione – spiega Clerici – dovrebbe farci pensare ad una politica energetica bilanciata, che non incentivi solo le rinnovabili elettriche (e per fotovoltaico ed eolico il 50% ed il 75% dell’investimento vanno in forniture dall’estero) e in modo spropositato da rendere ancor meno competitive le nostre industrie. Le rinnovabili termiche che sono state trascurate, e in particolare l’efficienza energetica, devono essere notevolmente rivalutate”.
”Vale la pena di notare – conclude Clerici – che purtroppo le rinnovabili “aleatorie” come il fotovoltaico e l’eolico, causano ulteriori oneri alla bolletta elettrica dovuta alla capacità di riserva di centrali convenzionali programmabili che devono essere pagate per funzionare in modo non efficiente per supplire a mancanza di sole e vento ed alle loro variazioni non ben prevedibili. Lo stesso vale per possibili impianti di accumulo a batterie”.