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Rosy Bindi chiude Festa Reggio

Un rinnovamento che non prescinda dall’esperienza di chi sta facendo attività politica, e che sia non soltanto generazionale, ma anche di genere. Ecco uno dei diversi argomenti toccati dalla presidente del Pd, Rosy Bindi, ospite domenica sera della tenda dibattiti di Festa Reggio.

Introdotta dalle parole del segretario provinciale Roberto Ferrari, che ha voluto ringraziare i volontari reggiani, dando loro appuntamento per la festa nazionale 2012, che si svolgerà proprio a Reggio Emilia, la Bindi è stata intervistata dal giornalista de L’Espresso Marco Damilano che ha iniziato dal ricordo dell’ultimo segretario Dc, Mino Martinazzoli, recentemente scomparso. Bindi ha affrontato a tutto campo il tema di politica ed antipolitica. “Il responsabile di questa situazione è proprio Silvio Berlusconi, che ha impersonato l’antipolitica, facendo passare la convinzione per cui tutti i partiti e tutti i politici sono uguali. Di fronte ad una manovra che colpisce pesantemente le classi sociali più deboli, si discute dei privilegi dei parlamentari. Va bene, togliamo pure questi privilegi – ha detto Bindi – ma temo che il presidente del Consiglio, andandosene, dia il cosiddetto colpo di coda e faccia franare tutto il sistema”. Per la presidente del Partito Democratico, “ci vorrebbe un governo di transizione, capeggiato da una personalità di rilievo internazionale, che non preveda alcun ministro di quelli dell’attuale esecutivo, e con ministri possibilmente non con impegno politico”.

Però occorre cambiare la legge elettorale, e per questo il referendum per cui è in corso la raccolta firme viene visto come un utile grimaldello per porre all’attenzione del parlamento anche la proposta di legge dei Democratici. A parere della Bindi, “un atteggiamento serio è comunque quello di tenere insieme tutti coloro che sono all’opposizione”, quindi Udc e terzo polo compresi, anche se il fine ultimo del Pd è quello di dare vita al nuovo Ulivo, “con quelli che sono gli alleati naturali, ovvero Sel, Idv, associazioni ambientaliste, in un ambito di reciproca lealtà”.

Non poteva mancare un riferimento al “caso Penati”, “che viene comunque citato in tutti i giornali e telegiornali in abbondanza, assieme ai casi Lavitola, Tarantini, Scajola, e quant’altro, sempre con accanto la dicitura <ex-capo della segreteria di Bersani>”. Ma, ammonisce la presidente democratica, “pur nella presunzione di innocenza, questa vicenda deve essere presa molto sul serio dal partito: non è accaduta in un momento qualunque, è dolorosa ed impegnativa, ed abbiamo subito dimostrato di considerarla tale. Pensiamo che le conseguenze giudiziarie debbano essere sempre separate da quelle politiche, anche se lo facciamo solo noi. Berlusconi, ad esempio, ha quattro procedimenti penali su fatti gravissimi, e quando sento dire che siamo tutti uguali, insomma…”.

La Bindi non si nasconde che alcune riflessioni sul tema dei rapporti tra politica ed economia debba essere fatta, pur non tacendo certo sul fatto che la politica abbia dei costi. “Pur condividendo la necessità che i privilegi debbano essere tagliati, ritengo necessario il finanziamento pubblico dei partiti, perché il rischio è quello che la politica venga fatta solo da chi ha i mezzi economici”.

Comunque, prosegue la presidente del Pd, “in questi ultimi anni il vento è cambiato, e le elezioni amministrative ed il referendum lo hanno dimostrato. Pisapia, a Milano, ha vinto nonostante gli avversari gli abbiano sventolato contro il fantasma della <zingaropoli>. Pochi anni fa, la pur brava sindaca di Rho perse le elezioni per avere fatto il campo rom. Mi sembra si sia finalmente capito che le società migliori siano quelle in cui si sta bene in tanti, e che la stagione dell’individualismo sia terminata”.

La Bindi spara poi alzo zero all’indirizzo del sindaco di Firenze, Matteo Renzi: Non mi sta bene che faccia gli attacchi al sindacato, faccia la caricatura degli altri, vada ad Arcore, dica che si vuole candidare alle primarie contro Bersani”.

Secondo la presidente Pd, “nel partito non ci sono mai stati così tanti dirigenti giovani come adesso, anche se indubbiamente mi auguro che siamo davvero in grado di mettere in campo una nuova classe dirigente, dove il cambiamento generazionale si sposa con un cambiamento di genere, dove ci sono idee e capacità di stare in campo. Non è un problema soltanto di numero dei mandati, ed è bene che ci siano le deroghe, perché ci vuole anche l’autorevolezza. Faccio un esempio: se non ci fossero le deroghe, in Parlamento non ci sarebbero più, oltre alla sottoscritta, D’Alema, Veltroni, Franceschini e Letta”.

“L’anagrafe non basta”, prosegue la Bindi, “il mio problema sono certi comportamenti come quelli del sindaco di Firenze: tu puoi avere 30 o 60 anni, ma troverai sempre la Bindi dall’altra parte. La mia proposta è che, se candidiamo un giovane sotto i 35 anni al Parlamento, ci assicuriamo che questi abbia un proprio lavoro, per un rinnovamento non finto”.

Per finire, il sogno di Rosy Bindi di una donna a Palazzo Chigi o al Quirinale potrà mai essere esaudito? “Mi pare più facile che i firmatari del documento dei 30-40enni del Pd possano diventare ministri che una donna premier o presidente della Repubblica. E’ ora che ci poniamo seriamente il problema, anche perché mi pare che vi siano più donne che giovani…”.
















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