Il coordinatore della segreteria provinciale del Pd, Paolo Negro, apre alla proposta Udc sull’aggregazione di Comuni e rilancia.
«La proposta dell’Udc in direzione dell’aggregazione di comuni è in linea con le proposte che da tempo il Pd avanza sul riordino complessivo degli enti locali. La nostra proposta prevede, oltre al dimezzamento del numero di province (soppressione sotto la soglia dei 500 mila abitanti), anche un forte incentivo all’unificazione e aggregazione dei Comuni: obbligo di gestione associata dei servizi per tutti i comuni inferiori ai 5 mila abitanti.
La provincia di Modena ha la ragguardevole dimensione di 700 mila abitanti e vanta una dimensione media dei comuni ampiamente superiore a quella del resto del Paese. E’ tuttavia anche tra le realtà più avanzate di Italia in tema di Unioni di comuni e sviluppo di servizi intercomunali (es. polizie municipali intercomunali, servizi sociali, ecc.). La Regione Emilia-Romagna, governata da Pd e centrosinistra, è poi tra le poche ad avere incentivato economicamente ed organizzativamente l’aggregazione di comuni: oggi pressoché tutti i municipi partecipano a forme associative intercomunali. Va infine sottolineato il fatto che la nascita delle Unioni di Comuni, per scelta legislativa della nostra Regione, non ha portato a un aumento dei costi della politica, perché le Giunte sono formate dai Sindaci.
Avvertiamo comunque l’esigenza di andare oltre le cose fin qui già realizzate. E’ importante che le Unioni liberino ulteriori competenze dai singoli comuni, evitando di lasciare doppioni e semplificando ulteriormente strutture ed assessorati. Crediamo soprattutto che l’esperienza positiva delle Unioni sia il primo passo verso l’aggregazione fra comuni. Per iniziativa del Partito Democratico è già in atto nei comuni di Cavezzo, San Prospero e Medolla uno dei primi ‘laboratori’ di effettiva fusione di Comuni in Italia. Siamo naturalmente pronti al confronto con le altre forze politiche anche se non ci interessa esercitarci nel “risiko” del “chi si fonde con chi”. Un’ultima considerazione: anche per gli enti locali la manovra del governo non individua alcuna politica concreta di riorganizzazione, limitandosi a tagli pesantissimi e a riforme di facciata».