L’idea è venuta a Marcello Chesi, giovane agricoltore e presidente della latteria di Cortogno. Chiamare a raccolta tutti i più grandi compratori e stagionatori del mondo del formaggio Parmigiano Reggiano per discutere di nuovi percorsi commerciali dell’eccellenza italiana più famosa al mondo. A volte, i sogni, si avverano e per la prima volta nella storia del Parmigiano Reggiano eccoli tutti assieme i principali interlocutori di questo mondo agricolo, compreso tra cinque province, che mettendo assieme questi commercianti e affinatori vale da solo oltre 1 miliardo di euro di fatturato, pari a un quarto della manovra di bilancio del Governo italiano. “Forse si poteva invitare anche il ministro Tremonti” chiosa qualcuno tra il pubblico.
All’unica Fiera dedicata al Parmigiano Reggiano, quella di Casina, forse ci voleva proprio un castello, quello di Sarzano, per vedere sotterrata l’ascia di inutili guerre e campanilismi, il tutto sotto l’egida di Giuseppe Alai, presidente del Consorzio formaggio Parmigiano Reggiano e del moderatore, il giornalista Gabriele Arlotti.
“Il Parmigiano Reggiano ha bisogno di nuove strategie commerciali” ha detto il sindaco di Casina, Gianfranco Rinaldi, rivolto alla vastissima platea di produttori, associazioni, autorità. “Abbiamo accolto questa sfida per andare oltre le reciproche diffidenze, perché è giunto il momento di dare un segnale concreto per prevenire la crisi” ha affermato Silvano Domenichini, vicesindaco.
“E il motivo – ha attaccato subito Giuseppe Alai, presidente del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano – è presto detto: il prezzo del Parmigiano Reggiano a fine 2010 era a livelli elevati al pari del 2003, l’anno antecedente l’ultima lunga crisi. La produzione sta aumentando, le normative europee sul libero mercato ci impediscono di controllare la produzione che sta salendo, il prezzo si avvia di nuovo a calare, mentre prosegue il trend inarrestato di diminuzione di caseifici e aziende. Nostro compito, invece, è quello avere un prezzo di mercato stabile, perché solo in questo modo non perdiamo fette di mercato. Il ritiro che abbiamo attuato di 100 mila forme di formaggio dai caseifici, attraverso la società di commercializzazione, va nella strada di contenimento dell’offerta. Attenzione, però, perché le modalità di consumo stanno cambiando”.
Andrea Vai, direttore del Consorzio latterie Virgilio (500 milioni di euro di fatturato, 600 soci, una gamma di prodotti che comprende 63.000 forme di Parmigiano Reggiano vendute ogni anno) sostiene che “anche la grande distribuzione è in difficoltà, per i costi e per la diminuzione dei consumi. E se sul mercato la sfida troppo spesso è giocata sul prezzo; singolare però è il fatto che il consumatore è disposto ora a pagare prezzi maggiori a un prodotto che abbia in sé un servizio (come particolari preparazioni o confezionature). E’ però giunto il momento di fare sistema tra noi operatori della filiera”.
Carlo Colla, dell’omonima ditta di formaggiai attiva a Piacenza dal 1921 (tre caseifici, 150.000 forme annue tra Grana e Parmigiano Reggiano, oltre 650.000 forme commercializzate, due reparti di confezionamento) saluta come “salutare la diminuzione del prezzo di un euro al chilo per la stabilizzazione della quantità che non riusciamo a controllare. E per fidelizzare il cliente, oltre al prezzo, occorre puntare la qualità. Attenzione: i problemi del Grana sono i medesimi del Parmigiano Reggiano).
Carlo Zanetti, industriale della Zanetti spa (300 milioni di euro di fatturato, 330 dipendenti, un terzo del commercializzato è Parmigiano Reggiano) è anche presidente della Camera di Commercio di Mantova: “la salvezza della nostra attività è avvenuta attraverso l’esportazione. La pubblicità è il canale che indirizza i consumi. Per contenere la qualità si studino modi di vendita del latte. Attenzione a Gdo e supermercati che, anche se spesso sono considerati ‘nemici’, impiegano l’85% del nostro prodotto, ma hanno visto un calo di vendite del 2% e del 6%”.
Adolfo Filippini, agricoltore e presidente del gruppo Parmareggio e Granterre, a proposito di pubblicità incassa le lodi per lo spot del celebre topolino (in un gruppo che vale 250 milioni di euro di fatturato, 470 mila forme commercializzate, di cui 380 mila di Parmigiano Reggiano in prevalenza dei soci), però, è concorde: “il nostro mercato è saturo. Occorre puntare sull’estero. In questo il Consorzio ha fatto passi da gigante. Il nostro obiettivo è dare soddisfazione al consumatore e reddito a chi produce. Ci sono note le modalità”.
Enrico Bini, presidente della Camera di Commercio di Reggio Emilia, conferma il suo appoggio alla linea delineata “solo facendo sistema”.
Nelle conclusioni emblematiche le riflessioni del presidente Alai: “il nostro consumatore è in parte di età elevata, per questo dobbiamo conquistare le diverse fasce di persone, che guardano al prezzo (trentenni) e quelle più giovani che acquistano quanto proposto dai media. E’ giunto il momento di rivolgersi al consumatore hi-tech che, si noti, usa il telefonino ‘anche’ per… telefonare e, quindi, ha oggi gusti ed esigenze diverse rispetto alla massaia di un tempo”.