Dichiarazione dell’assessore provinciale all’Istruzione Giuseppe De Biasi in merito alla sentenza del Tar del Lazio dopo il ricorso contro la cosiddetta “Riforma Gelmini” promosso da comitati, insegnanti, genitori… di tutta Italia e in particolare del territorio bolognese, che è stato sostenuto dalla Provincia di Bologna che si era costituita “ad adiuvandum”.
«La Provincia di Bologna esprime soddisfazione per l’esito positivo della sentenza del TAR del Lazio n. 3271/2011 del 14 aprile scorso, che ha annullato i decreti e le circolari ministeriali con le quali il Ministero dell’Istruzione effettuava unilateralmente tagli agli organici dei docenti delle scuole e agli orari di insegnamento.
Come certifica la sentenza del TAR è stato violato il “patto formativo” stipulato tra la scuola e le famiglie e gli studenti che avevano formulato la scelta di quel determinato indirizzo. Occorrerà pertanto ripartire da una formulazione correttamente concertata della relazione tra ore di studio e contenuti didattici, in cui abbiano voce gli organi collegiali preposti, di concerto con gli Enti locali.”
Il TAR Lazio nella suddetta sentenza di merito ha affermato l’illegittimità dei regolamenti impugnati, i quali vertevano su questioni generali in materia di programmazione dello sviluppo della scuola, ed incidevano nei contenuti culturali e didattici dell’offerta formativa modificandola unilateralmente sotto il profilo quantitativo a istruzione già in corso, così realizzando l’implicito risultato di presupporre autoritativamente l’eccedenza delle ore rispetto ai contenuti formativi.
Il TAR Lazio ha ritenuto che così facendo non è stata fornita alle famiglie e agli studenti, quindi all’utenza, alcuna garanzia di qualità del percorso formativo, con conseguente frustrazione delle aspettative di studio formatesi sulla base delle regole vigenti al momento dell’iscrizione al primo anno, e con l’implicito risultato di ridurre proprio gli orari delle discipline aventi maggiore caratterizzazione rispetto alla qualificazione dei corsi di studio, con conseguente rischio di causare una sostanziale frustrazione dell’identità culturale degli istituti, e il rischio di ulteriore compromissione delle abilità degli studenti di conseguire la specifica formazione diretta a consentire l’inserimento nella filiera “tecnologica” o in quella “produttiva”».