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Domenica 5 settembre Gene Gnocchi a Bagnolo in Piano

Domenica 5,  alla Fiera di Settembre di Bagnolo in Piano – Parco Europa ad ingresso gratuito, Gene Gnocci in ‘Cose che mi sono capitate’; scritto da Eugenio Ghiozzi e Francesco Freyrie con la collaborazione di Ugo Cornia; scene di Fabrizio Palla; regia di Massimo Navone. Inizio ore 21.30.

Dopo un consulto medico e il susseguente esame diagnostico eseguito da lui medesimo, un anziano individuo della middle-up-class riceve un responso inquietante: lui sta benissimo ma nella sua vita si è sempre tenuto tutto dentro. Non ha mai esternato nessuna emozione, alcun sentimento. Rileggendo col pubblico quella lastra grigia si accorge che la sua vita è caratterizzata da piccole cose, minuzie facezie, il baluginìo della squama di un cefalo, il rumore del vento che si incanala tra i dirupi, quella volta che entrando in un autolavaggio fu rapito dalla mafia, quell’altra volta che Sarkozy al telefono gli affidò una missione impossibile, l’altra volta ancora che partecipando al concorso di bellezza per l’uomo più bello del mondo si rese conto che i partecipanti erano solo due, lui e il suo gemello bello.

Con questo spettacolo Gene Gnocchi – facendo finta di ripercorrere asetticamente un’esistenza – in realtà mette a nudo e risolve il dilemma fondamentale della vita quotidiana: è meglio mangiare prima e poi andare a teatro o prima andare a teatro e mangiare dopo?

Nota di regia

Di cosa sono fatte le vite delle persone normali? Di grandi avvenimenti, scelte fuori del comune, gesta eroiche? Piuttosto da un reticolo di piccole azioni quotidiane, reiterate, apparentemente insignificanti. E dietro a questa sequenza, a queste ripetizioni, si può intuire un senso più profondo dell’esistenza, o sono puro sintomo di una potenziale follia che serpeggia dentro di noi? Il personaggio immaginato da Gene Gnocchi si costruisce proprio intorno a questo ‘dilemma’, ed è sostenuto da una maniacale attitudine: quella di annotare minuziosamente su carta tutti gli avvenimenti, anche i più insignificanti, della propria vita. Cercando di organizzare i ricordi attraverso un’improbabile catalogazione, (ad esempio ‘volte che sono andato a lavare la macchina’, ‘tagli di capelli’, ‘volte che sono stato rapito dalla mafia’ ecc), si ritrova a raccontare storie surreali, costruite dall’accostamento paradossale di frammenti di realtà. Fin dalle prime prove non ho potuto fare a meno di pensare a certi racconti di Borges fitti di citazioni, rimandi ossessivi, molteplici specularità . Ed è stata l’immagine della sua famosa ‘biblioteca infinita’ a guidarci nella ricerca della soluzione scenografica per lo spettacolo: una torre di carte e faldoni da archivio che immaginiamo perdersi nelle altezze del cielo. Intorno e dentro a questa fragile costruzione, proiezione visiva della sua mente, si svolge la frenetica attività del protagonista: ricordare, ricostruire, riannodare? O piuttosto, come un Estragone Beckettiano dei nostri giorni il nostro personaggio semplicemente inventa, fantastica, strappa risate, per riempire un vuoto che rischia ad ogni minuto di diventare voragine.

(Massimo Navone)

 

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