Di seguito l’intervento del sindaco Sergio Cofferati e della consigliera Maria Cristina Marri, presidente della Commissione Affari Generali e Istituzionali, alla commemorazione che si è svolta oggi in Consiglio Comunale nel sesto anniversario dell’uccisione del professor Marco Biagi, commemorazione tenuta da Gilberto Antonelli, professore ordinario di
Economia Politica alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna.
Gentilissimi ospiti, signor Ministro, autorità militari e civili.
Vi ringrazio per la vostra presenza e per l’attenzione che, anche in questa circostanza, avete rivolto all’invito del Sindaco, della Giunta e dell’intero Consiglio Comunale.
Ci troviamo per ricordare il professor Marco Biagi nel sesto anniversario della sua morte.
L’uccisione del professore ha inferto alla comunità bolognese una ferita profonda che, a distanza di tempo, ancora stimola tante emozioni e sono queste emozioni che muovono tutti noi a stringerci intorno alla famiglia
nel tentare di consolare un dolore irrisolvibile.
Il professor Biagi è stato ucciso dalle Brigate Rosse nel mentre svolgeva incarichi importanti per il suo Paese e per il Governo.
Il professor Biagi si occupava della ricerca di soluzioni delicate, importanti ed impegnative, di regolazione dei rapporti tra i grandi
soggetti di rappresentanza economica e sociale, tra il Governo e i suoi naturali interlocutori. Rapporti diventati ancor più importanti nel tempo per le dinamiche accentuate costantemente dalla globalizzazione nelle relazioni che si determinano tra i Paesi e tra le dimensioni sovranazionali.
Un lavoro, quello del professor Biagi, di grande delicatezza, nel quale era indispensabile l’equilibrio, la capacità professionale, la precisione nella ricerca delle scelte di volta in volta più opportune e più efficaci.
Era l’esplorazione del terreno delle occasioni per la convergenza, per il confronto, per la condivisione, quello sul quale nel corso del tempo il professor Biagi si era ripetutamente impegnato.
Lo stava facendo quando venne ucciso, lo aveva fatto negli anni presedenti per ministri e per governi diversi.
È stato colpito in un folle disegno apparso chiaro poi con il passar degli anni e in virtù del lavoro delle forze dell’ordine e della Magistratura che
sono riuscite ad individuare gli assassini e consegnarli alla giustizia.
Un disegno folle e distruttivo che le Brigate Rosse avevano scatenato nei confronti dello Stato, intervenendo in questa terra di confine, terra nella quale la costruzione di rapporti più avanzati diventava impegnativa e
importante. Altri erano stati, per la stessa ragione, colpiti ed uccisi prima di lui.
Ezio Tarantelli nel 1985. Il professor Tarantelli si era occupato anche lui, da economista con profonde conoscenze di giuslavorista, dei temi della regolazione e della redistribuzione del reddito, prospettando soluzioni innovative durate nel tempo e diventate, poi, parte delle relazioni fisiologiche tra i grandi soggetti di rappresentanza.
Poi il professor Ruffilli nel 1988. Ruffilli si occupava di riforme delle istituzioni, altro tema di straordinaria attualità, esattamente come i
contenuti del suo lavoro sono apparsi poi anche negli anni successivi, non soltanto nuovamente degni di attenzione, ma si sono trasformati in parte efficace del lavoro di chi lo ha sostituito.
Da ultimo, prima del Professor Biagi, Massimo D’Antona nel 1999. Anche ilprofessor D’Antona aveva lavorato in questa zona di cerniera tra leistituzioni e la rappresentanza, occupandosi esplicitamente di rappresentanza e di diritto di sciopero.
Marco Biagi aveva dedicato la sua attività, la sua professionalità e le sue conoscenze ad approfondire, a scavare i temi del mercato e delle regole del lavoro.
In questo lavoro di consulenza impegnativo, importante, a volte oscuro, ma mai privo di qualità e di passione, lo contraddistinguevano conoscenza, capacità propositiva, capacità di individuare nella comparazione tra modelli diversi, di Paesi diversi, nei processi della globalizzazione, le soluzioni nel momento dato più efficaci a creare convergenze e
condivisione.
Per questa ragione il valore del suo lavoro era noto ai suoi assassini e, colpendo lui, si è cercato ancora un volta di interrompere quel processo di
modernizzazione e di valorizzazione delle relazioni e dei rapporti sui quali molti avevano lavorato prima di lui e sui quali lui aveva impegnato una parte importante della sua attività professionale e politica.
Per chi vuole fermarsi un attimo a riflettere non è difficile individuare l’importanza dei temi sui quali hanno lavorato le persone che vi ho
ricordato e da ultimo Biagi. Sono temi ancora oggi in parte irrisolti esono temi che impegnano l’approfondimento ed il lavoro di tanti studiosi.
Sono temi che impegnano le comunità, la politica ed i governi.
Dal lavoro del professor Biagi sono venuti spunti importanti, oltre che soluzioni efficaci per rinsaldare quella rete di rapporti e di relazioni
che aveva consentito a questo Paese di superare momenti difficili nel decennio precedente.
Per questa ragione credo, non soltanto per l’emozione profonda che pure permane, la nostra comunità ogni anno si stringe intorno alla famiglia del professor Biagi. Così come il suo ricordo viene promosso in varie forme, attraverso iniziative diverse tra di loro, ma mosse dalla stessa ragione e rivolte all’intellettuale ed al suo lavoro, ma anche alla comunità. Il
ricordo serve a creare le migliori condizioni possibili attraverso la conoscenza e la memoria per estirpare e sconfiggere la mala pianta del
terrorismo.
È importante che Bologna, dunque, lo ricordi così, come è capitato tutti gli anni e come stiamo facendo oggi.
Un ricordo unanime del Consiglio Comunale e delle autorità della città.
Questa unanimità è riconfermata dalla vostra presenza e dall’aver affidato le parole del ricordo alla consigliera Marri e poi al professor Gilberto Antonelli che raffigurano distintamente, ma nell’impegno di oggi, questa
dimensione unitaria della città, delle sue intenzioni e della sua ferma opposizione ad ogni pratica violenta o terroristica.
La comunità bolognese ricorda così un cittadino bolognese ed un intellettuale che ha lavorato per il suo Paese e per l’intera Europa.
È importante che quest’appuntamento si ripeta ed è importante che mantenga questa caratteristica.
Le iniziative di oggi sono distinte, ma mosse dalla stessa intenzione e, dunque, hanno nel loro obiettivo unitario uno dei tratti di impegno, ma anche di valore maggiore.
Grazie per aver deciso di essere questo pomeriggio di nuovo qui con noi.
Grazie per il valore della vostra presenza e del contributo che date alla nostra comunità per rafforzare gli elementi di difesa della democrazia e
per trasmettere il valore di questi elementi soprattutto alle nuove generazioni”.
Intervento della consigliera Maria Cristina Marri, presidente della Commissione Affari Generali e Istituzionali:
“Marco Biagi è stato un protagonista, silenzioso ed umile ma autenticamente protagonista e questo stride in un’epoca in cui le ribalte propinano spesso immagini, ma al tempo stesso, il vuoto di idee, e mettono al bando le responsabilità.
Il protagonismo di Marco Biagi è stato, è, e deve restare nella forza del suo pensiero, nel grande valore innovativo delle sue proposte, nella
coraggiosa franchezza, in un pragmatismo responsabile coniugato con una rara quanto preziosa lungimiranza. E lo ha fatto nell’incessante studio delle politiche europee, nel serrato confronto con la nostra realtà
italiana, nella ricerca e costruzione dei percorsi possibili per il miglioramento e la modernizzazione del diritto del lavoro.
L’onestà intellettuale di Marco Biagi è sempre stata in buona compagnia. La compagnia di quella onestà intellettuale è stata una nobile
idealità legata al rispetto della persona e quindi al tema della dignità del lavoro.
La potenza riformista di Marco Biagi era proprio questa a mio avviso: quella di costruttive innovazioni non a discapito della persona, ma
a suo favore.
Sbaglia chi accosta impropriamente ed assurdamente la sua figura alla diffusione del precariato perché per Marco Biagi nessun sviluppo avrebbe potuto essere concepito al di fuori del necessario valore antropologico del
lavoro. Non lasciamo che venga mistificato e stravolto il suo impegno e non facciamo intorpidire le coscienze.
Le idee non muoiono, dai buoni semi nascono piante destinate a produrre copiosi frutti e noi dobbiamo impegnarci se vogliamo ricordare
veramente il Prof Biagi e se intendiamo onorarlo, a concretizzare sempre più e sempre meglio quelle idee e a materializzare piano piano il suo
pensiero, un pensiero di grande forza e di grande dimensione innovativa compreso precocemente dai terroristi molto molto più tardivamente dai tanti che non hanno capito il respiro europeo del suo lavoro e del suo costruttivo riformismo.
Mi pare fosse questo, lo ricordo ancora lucidamente, il senso delle parole del papà del Prof. Biagi in quei tristi giorni di sei anni fa: “ Non
fate che insieme a lui vengano seppellite le sue idee, non strumentalizzate il suo lavoro”.
Il Prof. Biagi sapeva bene che condividere le idee non è facile se non si vuole disconoscere la libertà di pensiero e al tempo stesso del senso critico e se si vuole rispettare la dignità della persona, se si
aspira ad un progresso sociale fatto di conquiste graduali e non di utopiche scorciatoie e di impossibili egualitarismi di attenzione ai non
tutelati nell’ambito del mercato del lavoro. Ai suoi strumenti di grande forza quali dialogo, tolleranza, ricerca di soluzioni concrete attraverso
la strada delle istituzioni democratiche e dei valori che esse custodiscono, qualcuno ha opposto una strategia di morte e lo ha colpito
nella logica aberrante della lotta armata e dell’assurdo universo di valori rovesciati.
Una logica terrorista che tutti condannano, trascurando però talvolta quell’humus, quei terreni in cui si coltivano utopie deliranti che
possono costituire alimento anche involontario dell’azione terrorista o che addirittura ancor peggio gettando semi d’odio che in un terreno predisposto possono facilmente germogliare.
Serve invece fermezza, serve responsabilità, una rinnovata responsabilità di tutti a sconfiggere l’eversione nel segno dei nostri valori costituzionali.
Non possiamo chiamarci fuori dai necessari processi sociali e politici del nostro tempo, non possiamo affidarci ai rimpianti nemmeno a
quello di non essere riusciti a difendere un uomo come il Prof. Biagi dalla violenza terrorista.
Non riusciamo però nemmeno a capacitarci che quella violenza trovi attenuanti per riduzione di pena. Non ci possono essere attenuanti per chi
toglie barbaramente la vita ad una persona solo perché agisce, studia ed opera a difesa di uno stato libero e democratico.
Intendo testimoniare la nostra vicinanza alla famiglia del Prof. Biagi, con autentico sentimento di condivisione del loro dolore della
Sig.ra Marina, del padre dei figli e di familiari ed amici che hanno subito questa lacerante ferita ancora aperta e che del loro caro custodiscono
preziose eredità umane ed affettive.
Ma anche l’intero Paese ha avuto dal Prof. Biagi una preziosa eredità ed è importante che tutte le persone ragionevoli si impegnino a non
disperderla”.