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Immigrati: Coldiretti, contro lo sfruttamento via libera a 80mila regolari

Per combattere le sfruttamento scatta dal primo febbraio il via libera all’ingresso di 80mila lavoratori immigrati stagionali che deve essere incentivato con decisione per favorire la regolarizzazione dei rapporti di lavoro che sono un presupposto indispensabile alla trasparenza e al rispetto della legalità.

E’ quanto afferma la Coldiretti, in riferimento all’allarme lanciato da Medici senza frontiere, nel sottolineare che dalle ore 8,00 di venerdì primo febbraio potranno essere presentate dai datori di lavoro, esclusivamente con modalità informatiche e soprattutto attraverso la collaborazione delle associazioni, le domande di nulla osta per il lavoro stagionale di 80mila cittadini extracomunitari autorizzati. La maggioranza di questi lavoratori troverà occupazione in agricoltura che, con il 13 per cento di stranieri sul totale dei lavoratori, è il settore dove la presenza di immigrati evidenzia infatti una incidenza tra le più elevate dei diversi settori economici, secondo il XVI Rapporto Caritas/Migrantes sull’immigrazione al quale ha collaborato la Coldiretti. Per questo n on si puo’ accettare che – sottolinea la Coldiretti – su di un territorio che offre produzioni da primato per il “Made in Italy”, si diffondano inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale, al servizio del bene comune.
Il fatto che siano saliti a 129.004 i rapporti di lavoro in agricoltura regolari e identificati negli archivi INPS e riconducibili a soggetti non italiani, dimostra – continua la Coldiretti – la determinazione della parte più sana ed economicamente attiva dell’imprenditoria agricola a perseguire percorsi di trasparenza e qualità del lavoro adempiendo puntualmente agli obblighi amministrativi ed economici connessi ai rapporti di lavoro dipendente. In tal senso – sostiene la Coldiretti – sono determinanti i percorsi di semplificazione burocratica relativi alle procedure di autorizzazione all’ingresso, tavoli istituzionali permanenti di confronto, la riduzione dei costi per le imprese, l’efficacia e tempestività dell’azione e del coordinamento amministrativo istituzionale e la certezza di disponibilità di quote di ingresso come è avvenuto quest’anno.

Molto resta ancora da fare contro lo sfruttamento e il caporalato e la Coldiretti, che lo scorso anno è stata l’associazione che ha presentato il maggior numero di domande, è impegnata nelle proprie strutture territoriali a raccogliere in modo informatizzato le richieste dei datori di lavoro.

Rispetto al passato per favorire il processo di regolarizzazione un maggior numero di autorizzazioni all’ingresso sono state assegnate alle regioni del Mezzogiorno ed in particolare riguardano – riferisce la Coldiretti – Campania (9.500), Lazio (7.500), Emilia Romagna (7.000), Veneto (6.500), Puglia (6.500) e Calabria (6.400). A seguire – continua la Coldiretti – Sicilia (6.400), Abruzzo (4.850), Piemonte (3.600), Lombardia (3.500), Toscana (3.500), Trento (3.000), Marche (1.700), Basilicata (1.250), Bolzano (1.200), Friuli Venezia Giulia (750), Liguria (750), Sardegna (750), Molise (550) e Valle d’Aosta (100), mentre 5.150 restano disponibili al Ministero per eventuali esigenze territoriali.

I lavoratori stranieri presenti nelle campagne italiane appartengono a 155 diverse nazionalità anche se a trasferirsi in Italia per lavorare in agricoltura – sostiene la Coldiretti – sono principalmente nell’ordine i polacchi (16 per cento), i rumeni (15 per cento), gli albanesi (11 per cento) e a sorpresa gli indiani (7 per cento) che trovano occupazione soprattutto negli allevamenti del nord per l’abilità e la cura che garantiscono alle mucche.
Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono diventati indispensabili come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte, del tabacco in Umbria e Toscana o del pomodoro in Puglia. Si tratta di un evidente dimostrazione che – conclude la Coldiretti – gli immigrati occupati regolarmente in agricoltura contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabili per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo.
















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