Il Comune di Modena restituisce alla città una rara testimonianza dell’arte modenese del Trecento. Si tratta di un dipinto che raffigura la “Madonna col Bambino, san Martino e due offerenti”, rinvenuto in una nicchia nascosta nel chiostro della chiesa comunale di San Biagio nel Carmine durante i lavori di consolidamento delle strutture murarie.
Realizzata a tempera, cioè con pigmenti di origine minerale e vegetale legati con uovo, l’opera è stata realizzata tra il secondo e il quinto decennio del Trecento, epoca di costruzione del primitivo complesso carmelitano, da un autore ancora anonimo influenzato dalla pittura bolognese dell’ambito di Vitale e dello Pseudo-Jacopino e non lontano dai modi espressivi di alcuni dipinti murali del Duomo di Modena. L’esecuzione risale a poco prima della metà del secolo, alla vigilia cioè dell’affermazione della forte personalità di Tommaso da Modena, di cui la chiesa conserva la toccante immagine della “Madonna del Latte”.
Il dipinto, che sarà presentato alla città domenica 11 novembre alle 17 nel chiostro di San Biagio, in via del Carmine (la parrocchia e la ditta Chiarli offriranno per l’occasione caldarroste e vino novello), era stato rinvenuto lacunoso nella parte inferiore, a causa di un vistoso fenomeno di risalita dell’umidità, ma tutta la porzione superiore era ancora chiaramente leggibile e del tutto integra, perché rimasta nascosta per secoli; i colori, inoltre, apparivano eccezionalmente vivaci, anche se l’umidità aveva causato numerosi piccoli sollevamenti a cratere.
Gli studi, affidati a Vincenzo Gheroldi e a Roberta Bosi dal Museo civico d’arte, che ha progettato e diretto l’intervento, hanno orientato le scelte di restauro, realizzato in collaborazione con la Soprintendenza per il patrimonio storico artistico e etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia ed eseguito grazie al finanziamento di un privato cittadino e del Rotary Club di Modena.
La ricerca documentaria ha permesso di definire la destinazione devozionale dell’opera, connessa con ogni probabilità all’ambito funerario. Il dipinto, in sostanza, doveva far parte di un monumento analogo a quelli ancora visibili lungo i muri di tante chiese trecentesche di altre città italiane, come Padova, Verona o Bologna. Vi sono infatti raffigurati due donatori laici, inginocchiati ai piedi di una Madonna con Bambino raffigurata in gloria entro la mandorla, uno dei quali presentato da un santo imberbe, riccamente abbigliato secondo la moda dell’epoca, che diversi indizi – oltre ad una più tarda scritta graffita – portano a identificare come Martino.