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A Com-Pa una ricerca Iulm sui rapporti Italia-Romania

Quasi il 68 per cento degli italiani aveva dichiarato una disponibilità alla familiarizzazione. E l’88 per cento dei rumeni aveva confermato che l’accoglienza era stata positiva. Stesse le percentuali per l’affidabilità. Insomma, quando ancora non erano esplose le polemiche il rapporto fra italiani e rumeni sembrava essere più che positivo, stando alla ricerca “Il fattore immagine nelle relazioni Italia Romania”, realizzata dalla Fondazione Università Iulm di Milano e stata patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri e dalla Camera di Commercio di Milano che è stata presentata oggi a COM-PA.


“Quello tra Italia e Romania – ha spiegato il segretario generale della Fondazione, Stefano Rolando – è il più grande scambio tra due popolazioni europee avvenuto negli ultimi 50 anni, ad esclusione dell’insediamento dei turchi in Germania, ma temo che si stiano compromettendo le condizioni straordinarie di integrazione”. I dati ufficiali del campionamento (della Caritas) sono riferiti al 2004-2005: stimano in 550 mila i rumeni arrivati in Italia (il doppio per il ministero dell’Interno) e 17.000 le nuove imprese italiane in Romania, tra cui la Pirelli, che ha aperto uno stabilimento assumendo 2.500 rumeni.

Il quadro che esce dalla ricerca, che da tre anni impegna il team italo-rumeno sul tema della reciprocità dell’immagine, sia tra i cittadini che tra i decisori è di adattamento della comunicazione sociale politica e istituzionale. La maggioranza delle due popolazioni ha avuto finora una netta disponibilità alla reciproca accoglienza e integrazione sociale. L’immigrazione rumena rappresenta il 15% dell’intero flusso di immigrati in Italia, un fenomeno che trasferisce milioni di stipendi. Ancora, i dati di accoglienza fino a un anno fa erano positivi per l’88% dei rumeni in Italia, con il 72% che si dichiarava “ben inserito”. La disponibilità alla familiarizzazione era dichiarata dal 67,8% degli italiani e dal 92% dei rumeni; stessi livelli per l’affidabilità. “Ora più che mai – ha sottolineato Rolando – la leva della sicurezza dev’essere gestita contemporaneamente alla coesione sociale, economica e culturale”.
















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