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Legambiente sulle modifiche alla legge Regionale sulla caccia

Legambiente – con una nota della Direzione Regionale – va giù dura sulla brutta sorpresa uscita dall’assemblea legislativa regionale dopo l’esame delle modifiche e integrazioni alla legge regionale 15 febbraio 1994, n. 8 “Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio dell’attività venatoria”.


“Si tratta – reca la nota dell’associazione ambientalista – di un brutto pasticcio con la creazione dell’ennesimo ibrido istituzionale a proposito di organismi di gestione, gli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia). Riteniamo – continua la nota – che la responsabilità di quanto è accaduto vada attribuito in parte agli stessi uffici regionali, ma la discussione nell’assemblea ha mostrato quanto siano ancora forti i legami con alcune lobby venatorie e con una economia che vi ruota attorno e che appare ispirata a logiche di privatizzazione di beni pubblici quali il territorio e il patrimonio faunistico.
E dire – continua Legambiente – che questa volta si era seguito un iter che lasciava spazio alle speranze. Il progetto di legge era indirizzato ad apportare modifiche alla normativa inerente la formazione e la gestione degli ATC, allo scopo di avere organismi di gestione che coinvolgessero tutte le componenti (l’agricoltura, gli ambientalisti, il mondo venatorio e gli enti pubblici). Lo schieramento comprendeva le associazioni agricole (CIA, COLDIRETTI, CONFAGRICOLTURA, COPAGRI), le Associazioni di protezione ambientale (LEGAMBIENTE, WWF) e le Associazioni venatorie aderenti al CAVER (ARCI CACCIA, A.N.U.U., ENALCACCIA, FEDERCACCIA. ITALCACCIA, LIBERA CACCIA).

L’impegno assunto da tutti, in accordo con la maggioranza dell’assemblea e il presidente della commissione competente, era stato di maneggiare con cura la legge e di limitarsi al tema degli ATC per evitare un “assalto alla diligenza” con le richieste più disparate, con esiti imprevedibili data la delicatezza della materia. Del resto i richiedenti della modifica (agricoltori, ambientalisti e associazioni venatorie) accogliendo l’invito del capogruppo dell’Ulivo e del Presidente della Commissione si erano dichiarati concordi all’unanimità come mai era avvenuto finora ed è difficile che, dopo quanto è accaduto in questo caso avvenga in futuro. Appare inspiegabile come mai nella preparazione delle modifiche della legge concordate, negli uffici regionali ci si sia esercitati nel travalicare il mandato ricevuto nell’incontro istituzionale. Ciò che ne è scaturito è una brutta figura delle responsabilità istituzionali presenti all’incontro. Nel merito si è mantenuto il carattere ibrido degli ATC, si è tenuta in piedi una pseudo assemblea che ignora la legge nazionale che prescrive esplicitamente rappresentanze delle associazioni agricole (30%), ambientaliste (20%) e venatorie (30%) e pubbliche (20%).

Evidentemente qualcuno non gradiva che sulle questioni venatorie ci potessero essere accordi e hanno trovato rappresentazione interessi che si sentivano espropriate (vedi Ekoclub). A questo si sono sommate richieste stravolgenti l’accordo unitario: anche l’URCA che due settimane prima aveva insistito per un accordo a tavolino con Legambiente. Quel che ne è uscito – conclude la nota dell’associazione ambientalista – è un risultato che non risolve ma aggrava le difficoltà di gestione degli ATC. Sono state approvate anche proposte bizzarre (e di dubbia legittimità) come ad esempio la possibilità delle Province di disporre l’inclusione coattiva di terreni agricoli privati come aree per l’addestramento di cani da caccia o l’assurda riduzione dei limiti di sicurezza per svolgere l’attività venatoria stabiliti dalla legge nazionale.
Le modifiche approvate prevedono anche la emanazione di due direttive (una sulla disciplina degli ATC da inserire negli statuti ed ed una sulla vigilanza venatoria) che forse potrebbero rimediare (ma non ci sono limiti al peggio) a quanto si è fatto, ma questa vicenda non depone certamente a favore della credibilità della politica specie se si considera che per la prima volta in Italia ci si trovava di fronte ad una posizione concordata fra tutti gli attori aventi titolarità di intervento su di un tema così delicato come la gestione dell’attività venatoria.

















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