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L’Osservatorio Cgil Modena su economia e lavoro

Presentato oggi il numero zero dell’Osservatorio Cgil su economia e lavoro in provincia di Modena che raccoglie i dati più rilevanti relativi ad
andamento demografico, sviluppo economico e mercato del lavoro, accorpando in una lettura integrata le principali fonti e banche-dati sia di
provenienza sindacale che esterne (fra le altre, Istat, Banca d’Italia, Ministero del Lavoro, Inps, Inail, Provincia di Modena, Camera di
Commercio, Eber, Movimprese).


“La Cgil di Modena – hanno spiegato Vanni Ficcarelli e Fiorella Prodi della segreteria Cgil in conferenza stampa – ha deciso di dotarsi di un
Osservatorio permanente con l’obiettivo sia di costituire un momento di aggiornamento, formazione e discussione interna al sindacato, che di creare un valido supporto conoscitivo all’azione sindacale e alla definizione di strategie di lungo termine”.
“L’Osservatorio – continuano Ficcarelli e Prodi – è anche uno strumento per rendere più visibile e centrale il punto di vista del sindacato nel
dibattito locale e supportare l’azione negoziale e la contrattazione territoriale”.
Per questo motivo, la presentazione dei dati dell’Osservatorio sarà l’occasione di un convegno nella mattina di domani, venerdì 29 giugno (ore 9.30 c/o salone Corassori Cgil) con i rappresentanti delle Istituzioni e delle principali Associazioni Economiche.
Aprirà i lavori Fiorella Prodi della segreteria confederale Cgil, presenta i dati dell’Osservatorio Matteo Galloni ricercatore Ires Cgil. A seguire
gli interventi di Vanni Ficcarelli della segreteria Cgil, Emilio Sabattini presidente della Provincia di Modena, Luigi Costi sindaco di Mirandola,
Claudio Furini direttore di Confcommercio, Mario Valerio Guerzoni direttore di Confindustria, Roberto Vezzelli presidente Legacoop e Alberto Papotti direttore economico Cna. Alle ore 12 breve spazio per il dibattito e alle 12.30 le conclusioni di Donato Pivanti segretario Cgil Modena. All’iniziativa saranno presenti anche i dirigenti di Cisl e Uil modenesi.


L’intenzione della Cgil di Modena è di rendere permanente l’Osservatorio
con edizioni annuali e rapporti tematici, farne un utile strumento a sostegno dell’attività sindacale e contrattuale quotidiana nei luoghi di
lavoro, per meglio comprendere lo sfondo economico-sociale e storico in cui si opera.
La Cgil è convinta che la difesa e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e pensionati si possono realizzare solo se l’azione contrattuale
e sociale è capace di cogliere il legame tra condizioni del lavoro, territorio, qualità e compatibilità dello sviluppo, coesione sociale.



Demografia. Dall’Osservatorio emerge che l’aumento della popolazione residente negli
ultimi 18 anni (665.272 unità al 31.12.05, pari a +15%) ha interessato i distretti della provincia più del capoluogo, in particolare i Comuni di
Serramazzoni, Bomporto, Ravarino, San Prospero, Castelfranco, Bastiglia e Nonantola, Guiglia, Castelvetro e Castelnuovo Rangone dove si è registrato negli ultimi 5 anni un aumento della popolazione tra il 10% e il 16% (contro la media provinciale di + 5%). Si tratta di un aumento di popolazione dovuto a una quota consistente di stranieri (al 31.12.05 pari a 55.088 unità, pari all’8,3% della popolazione totale) attirati nel territorio dalle opportunità di lavoro del mercato modenese, con forte presenza nei distretti sociosanitari di Modena, Mirandola e Vignola. La nuova popolazione migrante si equivale per la presenza di maschi e
femmine, è una popolazione molto giovane con una concentrazione prevalente nelle fasce di età da 0 a 34 anni.La previsione di crescita della popolazione in provincia di Modena al 2014
è di 701.635 residenti, di cui circa 93.000 stranieri (saranno il 13% della popolazione).
Lavoro. Già i soli dati demografici proposti dall’Osservatorio pongono con urgenza
un problema di governo della crescita, di qualità e sostenibilità dello sviluppo, di estensione e qualificazione dei servizi di welfare e delle
infrastrutture, di tenuta della coesione sociale, della qualità del lavoro e di superamento della precarietà. Se aumenta l’occupazione, peggiora però la sua qualità, basti pensare che negli ultimi 6 anni il 70% degli avviamenti al lavoro è stato con contratti di lavoro precario. Nello stesso tempo aumentano di più le cessazioni rispetto agli avviamenti e poiché la gran parte delle cessazioni è da attribuire a pensionamenti,
questo accentua la perdita delle professionalità più consolidate. La maggior parte delle nuove assunzioni è nel settore dei servizi con oltre
il 45% delle assunzioni nel 2006, di cui il 61% è occupazione femminile per la metà impiegata nei servizi di assistenza alla persona. Si evidenzia una
tendenza alla terziarizzazione della nostra economia che mal si concilia con le vocazioni produttive territoriali. Se nell’insieme delle imprese artigiane la composizione degli occupati vede
il 17% di apprendisti (dato 2005), in settori strategici quali la meccanica di installazione e la ceramica si arriva invece al 30% di apprendisti, con
un’ampia fascia di manodopera non qualificata e instabile. La tendenza ad assumere con contratti precari, l’uso improprio degli
appalti, gli appalti a bassi diritti, dimostrano che – pur in presenza di eccellenze sul territorio – tanta parte delle imprese, trasversalmente a
tutti i settori, non sta investendo sul futuro, in innovazione e ricerca. C’è il rischio concreto di un impoverimento del lavoro e di
deprofessionalizzazione.
Settori produttivi. La Cgil condivide la valutazione sulla dinamicità della maggior parte dei
settori dell’economia modenese, ma l’andamento positivo di tutti i fattori – produzione industriale, fatturato, esportazioni, vendite, ordini – non è
da enfatizzare ma da cogliere come segnale incoraggiante, cercando però di affrontare le criticità pur presenti. A cominciare dal
tessile-abbigliamento che, dopo la pesante crisi del 2004-05, continua ad essere investito da forti difficoltà, a fronte della ripresa delle
esportazioni continua la contrazione degli addetti e il ricorso agli ammortizzatori sociali, mentre sull’aumento del fatturato incidono
certamente le delocalizzazioni. In agricoltura cala il prodotto lordo vendibile e sono necessari interventi a sostegno della potenziamento della
filiera agro-alimentare. L’espansione dell’edilizia si accompagna ad un consistente aumento di imprese individuali (a fronte di 14.426 dipendenti,
vi sono 13.648 partite Iva), ex lavoratori dipendenti che diventano imprenditori senza una vera struttura d’impresa, senza tutele e diritti, un
fenomeno visto con preoccupazione dalle stesse imprese strutturate. Bisogna ripensare l’edilizia non solo come interventi sulle grandi opere, ma come settore che può contribuire alla riqualificazione del patrimonio immobiliare e lo stesso tessuto urbano. Nei servizi, settore a maggior sviluppo occupazionale, si è accentuata la precarizzazione e la stessa saturazione della rete commerciale richiederebbe un intervento qualitativo che oggi non si intravede. Come può reggere un settore strategico come
quello della lavorazione carni e salumi afflitto da terziarizzazione e appalti di manodopera somministrata da pseudo cooperative? La rete delle
piccole e medie imprese necessita di un efficiente sistema di servizi e professionalità, mentre la cooperazione deve ritrovare la funzione che storicamente gli appartiene per stimolare e gestire processi di aggregazione delle piccole e medie imprese e di quelle artigiane.
Sono questioni legate al modello di sviluppo che non possono essere appannaggio solo della politica e delle istituzioni, ma di tutti i soggetti
della rappresentanza sociale ed economica, a partire da chi come il Sindacato ha forte consapevolezza degli effetti che queste possono
provocare fra lavoratori e pensionati e sull’insieme della collettività.
Per la Cgil serve una nuova programmazione economica che selezioni lo sviluppo e indirizzi la crescita. Consideri il territorio un bene finito,
punti sulla qualificazione edilizia e non sull’espansione, assuma come prioritaria la qualità del lavoro e la lotta alla precarizzazione.
Una programmazione che sappia affrontare ristrutturazioni e crisi aziendali salvaguardando le competenze e trasferendo occupazione in altri settori in espansione accompagnandola con adeguata formazione.

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