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Artigiani non comunitari in regione: presentata una indagine

Autotrasportatori, parrucchiere, carpentieri, confezionatori di articoli d’abbigliamento, costruttori edili. In Emilia-Romagna, con oltre 12mila ditte individuali artigiane – l’11% del totale – i titolari non comunitari sono ormai protagonisti attivi dello sviluppo del sistema socio-economico regionale.

Persone radicate e integrate, che vedono il proprio futuro in Italia. Persone giovani (il 69,5% non supera i 40 anni), che hanno studiato e che sono riuscite a mettersi in proprio spesso senza nessun sostegno economico (69,6%) in fase di avvio dell’attività. E’ il profilo dell’imprenditore-artigiano immigrato che emerge da un’indagine promossa da Cna, Confartigianato Federimprese e Regione Emilia-Romagna, con il contributo della Cra (Commissione regionale per l’artigianato) effettuata nel 2006 dal Centro demoscopico metropolitano (MeDeC) della Provincia di Bologna su un campione di 1200 ditte ripartite in tre macro aree – Bologna e Ferrara, resto dell’Emilia e Romagna – , già operanti al 31/12/2005 e con inizio dell’attività successivo al primo gennaio 2002. Complessivamente, le ditte del campione coprono sei diversi settori: tessile-abbigliamento-concia, macchine-meccanica, manifatturiere, costruzioni, trasporti, servizi.

“In Emilia-Romagna fare impresa rappresenta una sfida di integrazione e un passo fondamentale per la crescita comune; regole e legalità sono importanti per l’integrazione stessa, e per lavorare insieme – ha sottolineato stamani, durante la presentazione dell’indagine, Duccio Campagnoli, assessore regionale alle Attività produttive – . Dai dati raccolti, emerge come gli immigrati siano una ricchezza per i nostri territori”. Ha poi aggiunto Campagnoli: “C’è un aspetto importante, e mi riferisco alla crescita, in questi anni, dei buoni rapporti tra Italia e Cina: auspico che vengano salvaguardati”.

In Emilia-Romagna l’immigrazione è ormai una dato strutturale: gli stranieri residenti hanno raggiunto le 289.013 unità (al primo gennaio 2006), un valore quattro volte superiore a quello di dieci anni fa. Circa il 77% dei titolari non comunitari di ditte individuali artigiane risiede in Italia da almeno sei anni, mentre più del 37% è qui da oltre un decennio. L’articolazione per settori di attività e nazionalità rivela che, se si prescinde dal settore vestiario e del confezionamento – a grandissima maggioranza di imprenditori di origine cinese – negli altri comparti non esiste una specificità nazionale, e la “varietà” delle origini riflette la composizione della popolazione straniera.

I risultati dell’indagine
La maggior parte degli artigiani immigrati in Emilia-Romagna ha portato a termine un percorso di studi nel proprio paese di origine: il 37% è in possesso di una licenza media o elementare, mentre il 31,8% ha conseguito un diploma di istituto superiore. Non è da sottovalutare, inoltre, la percentuale dei dottori artigiani: il 10% circa vanta infatti una laurea nel curriculum. Oltre il 35% degli stranieri intervistati dichiara di aver preferito in generale lavorare in proprio, mentre più del 34% afferma di aver intrapreso l’attività imprenditoriale perché prevedeva di guadagnare di più rispetto al lavoro dipendente. Sui “nodi” incontrati, sia in fase di inizio di attività che successivamente, ai primi posti c’è la difficoltà nel trovare clienti per dare continuità al lavoro (28,5%) e il peso dei servizi fiscali e commerciali (11,9%). Più in basso, nella classifica, l’ottenimento di crediti dalle banche (4%) e i clienti prevenuti o i pregiudizi (4,2%). Due imprenditori su 5 dichiarano comunque di non avere avuto particolari difficoltà. Per quanto riguarda la fase di avvio, gran parte degli intervistati non ha ricevuto nessun sostegno economico (69,6%), il 15,5% ha avuto un supporto da parte delle banche e una quota leggermente inferiore (11,2%) ha beneficiato dell’aiuto di familiari, parenti, amici. Modesto è il contributo proveniente dalla pubblica amministrazione (2,8%).

Attività e aspettative
Dal campione analizzato emerge come 3 aziende su 5 lavorino per conto terzi: ciò mette in luce un fenomeno già rilevato in indagini analoghe, vale a dire la costituzione di aziende artigiane per “gemmazione”, talvolta forzata, dell’azienda madre. In ogni caso il dato letto al contrario – 4 imprese su 10 hanno una clientela interamente o parzialmente propria – individua sicuramente aziende artigiane già strutturate. Interessante è il dato relativo a quelle che si avvalgono del lavoro di oltre tre dipendenti: sono solo il 7,4% del totale delle imprese con collaboratori, tuttavia denotano già un livello imprenditoriale piuttosto sviluppato. Tra gli imprenditori, in genere, prevale l’ottimismo: l’attività risulta soddisfacente per oltre il 60% degli intervistati, contro un 3,4% che esprime un’opinione totalmente negativa. Riguardo alle prospettive su un eventuale rientro nel Paese di origine, solo il 10% mette in conto di tornare, mentre il 65% desidera restare in Italia.
Aspetti critici
Il numero di imprese costituite dal solo titolare (65,7%) rappresenta una quota superiore al dato medio regionale del 2001. Ciò è certamente compatibile con la nascita recente della gran parte delle imprese intervistate, ma al tempo stesso è testimonianza “empirica” del fatto che queste ditte sono meno strutturate e forse meno attrezzate a resistere sul mercato. A questo dato si aggiunge inoltre la considerazione che, anche laddove l’impresa è strutturata, la dimensione in termini di addetti è comunque più contenuta del dato medio regionale. Un altro elemento da sottolineare è la preponderanza di imprese con titolari stranieri nel settore delle costruzioni. Si tratta sicuramente del settore che, in generale, ha registrato in questi anni la maggior crescita. Tuttavia è anche quello dove con più frequenza si verifica la nascita di imprese “etero dirette” vale a dire imprese che vengono create strumentalmente dalle imprese madri, che ne controllano in sostanza l’attività. Un dato parzialmente sorprendente è legato a territorio: in termini di finanziamento da parte di banche e associazioni di categoria, l’essere collocati in un’area della regione rispetto a un’altra può comportare effetti diversi. In particolare sembra statisticamente significativa la differenza che si riscontra tra la Romagna (sostegno dalle banche al 21,6% di artigiani non comunitari in fase di avvio dell’attività) e la parte dell’Emilia (12,6%) che esclude Bologna e Ferrara (16,4%). Una prima sommaria valutazione potrebbe ricondurre alla presenza nell’area della Romagna di una struttura bancaria più ancorata al territorio, in grado forse di accogliere con più facilità anche i “fenomeni” emergenti.
Aspetti positivi
Un universo di artigiani-imprenditori per la maggior parte soddisfatti del proprio lavoro e ben intenzionati a rimanere in Italia, grazie anche a un’accoglienza perlopiù libera da pregiudizi da parte dei clienti (a eccezione di un 4% circa del campione, che dichiara di averli vissuti). Il motivo principale dell’arrivo in Italia è riconducibile al lavoro, e questa non è certamente una novità. E’ semmai da sottolineare che più della metà del campione, esattamente il 51,9%, prima di venire nel nostro Paese era occupato alle dipendenze, mentre il 15,5% lavorava autonomamente. Solo il 7,6% degli artigiani non comunitari era disoccupato.
Le tre macroaree
Nell’area Bologna-Ferrara lavorano per conto terzi il 56,8% del campione degli imprenditori intervistati, mentre il 24,1%dichiara di aver sviluppato una propria clientela. Il 4,3% ha avviato l’attività da meno di un anno, il 24,7% da 1-2 anni. Nel resto dell’Emilia, opera invece per conto terzi il 62,5% (il 18,6% ha una propria clientela); il 6,2% ha avviato l’attività da meno di un anno, il 30,4% da 1-2 anni. In Romagna lavora per conto terzi il 55,8% (a fronte del 20,5% con propri clienti); il 5,9% ha avviato l’attività da meno di un anno, il 29,6% da 1-2 anni. Alla domanda “Quali sono i maggiori problemi che ha incontrato, fino ad oggi, come artigiano?”, il 24,1% dell’area Bologna-Ferrara ha risposto “trovare clienti/continuità nel lavoro”; una percentuale che nel resto dell’Emilia tocca il 28,8% e scende al 27,1% in Romagna. Clienti prevenuti e atteggiamenti razzisti sono stati segnalati, tra le difficoltà incontrate, dal 3,6% dei titolari-artigiani del campione dell’area Bologna-Ferrara, dal 4,5% del resto dell’Emilia e del 3,9% della Romagna. Sempre nell’area Bologna-Ferrara, il 62,7% degli intervistati dichiara di lavorare da solo; nel resto dell’Emilia è il 69,2%, in Romagna il 59,7%. I più soddisfatti dell’andamento economico della propria azienda risiedono nell’area Bologna-Ferrara (7,4%); a seguire la Romagna (5,9%) e il resto dell’Emilia (4,5%). Abbastanza soddisfatto si dichiara il 54,1% della macro-area Bologna-Ferrara, il 59,9% del resto dell’Emilia e il 53,8% della Romagna.

















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