Gli italiani si fidano molto degli scienziati, abbastanza dei religiosi, discretamente dei filosofi e quasi per niente dei politici. Ritengono che i loro connazionali siano poeti, santi e navigatori, ma poco o per nulla filosofi. Tuttavia. se la scienza è più affidabile sulle spiegazioni della vita e del mondo, la filosofia serve a vivere meglio e facilita nel mondo del lavoro, dove l’apertura mentale è una necessità inderogabile.
Lo sostiene un sondaggio che l’Istituto Piepoli ha realizzato il primo settembre su un campione di 503 italiani maggiorenni su commissione del Festival filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo in programma da oggi a domenica.
Su un immaginario podio olimpico i filosofi conquisterebbero dunque una dignitosa medaglia di bronzo, cioè la fiducia del 6 per cento degli italiani, poco meno di 3 milioni di persone. Non è certo l’oro degli scienziati, che conquistano il 57 per cento dei gradimenti, o l’argento dei religiosi, che segnano un 16 per cento di tutto rispetto, ma nemmeno il povero 2 per cento dei politici.
Considerata dagli italiani “lo studio del pensiero” o, più genericamente, un modo di pensare, la filosofia è considerata una passione italiana solo dal 30 per cento degli intervistati, mentre il 60 per cento ritiene che gli italiani siano poco o per nulla filosofi, con una punta del 66 per cento tra gli intervistati al di sotto dei 35 anni.
La maggioranza del campione afferma che nella vita quotidiana la filosofia serve soprattutto “a vivere meglio”, “ad aprire la mente” e a “capire gli altri”, ma non pochi ritengono che sia semplicemente un modo per aumentare la possibilità di cogliere gli aspetti migliori della vita.
Se la scienza viene considerata più affidabile sulle “spiegazioni della vita e del mondo”, la filosofia viene ritenuta dal 51 per cento degli intervistati utile nel mondo del lavoro, dove l’apertura mentale è una necessità inderogabile.
Ben 44 italiani su cento consiglierebbe, infatti, al proprio figlio studi di filosofia, nonostante i pregiudizi sulla scarsa utilizzabilità di questa disciplina sul concreto terreno professionale. Ne sono convinti soprattutto gli intervistati con istruzione superiore, diplomati e laureati (47 per cento), mentre sono più dubbiosi quelli con istruzione inferiore (37 per cento).