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Cartiera di Castelfranco Emilia: dalla Provincia no alla chiusura

Porre in atto tutte le iniziative necessarie per evitare la chiusura della Cartiera di Castelfranco Emilia, l’azienda più antica del paese con oltre 300 anni di attività. Lo chiede un ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio provinciale su proposta del capogruppo della Lega Nord Giorgio Barbieri il quale ha ricordato che l’azienda, dal 1998 di proprietà della multinazionale svedese Sca, ha oggi 40 dipendenti e di recente aveva proposto un piano di sviluppo che ne prevedeva l’ampliamento.

“La decisione di cessare l’attività ha colto tutti di sorpresa” ha ricordato Barbieri che ha anche chiesto di organizzare un incontro con i sindaci delle località dove sorgono cartiere, come San Cesario, per “verificare eventuali situazioni alternative alla chiusura della Sca”. Nel documento approvato, inoltre, su suggerimento dei sindacati, si chiede l’intervento del ministero del Lavoro per attivare un tavolo negoziale allo scopo di ottenere la cassa integrazione per cessazione di attività.

Sullo stesso tema, l’assessore provinciale al Lavoro Fabrizio Righi ha annunciato, rispondendo a un’interpellanza dei Ds, l’inizio di un’attività di indagine coordinata dall’Osservatorio provinciale sul lavoro, per rilevare le situazioni di crisi aziendali. “Con la collaborazione di sindacati e associazioni datoriali – ha precisato Righi – vorremmo rilevare i segnali di allarme prima che le crisi siano irrecuperabili, come purtroppo è avvenuto molte volte negli ultimi tempi”.

L’iniziativa è stata apprezzata dal capogruppo Ds Demos Malavasi, che aveva sottoscritto l’interpellanza insieme a Lorella Vignali e Andrea Sirotti. Per Malavasi, che ha ricordato come per le aziende a volte le piccole dimensioni possano rappresentare un limite, è necessario, comunque, sostenere “gli investimenti in innovazione per lo sviluppo delle imprese e per la loro competitività”.

Secondo Cesare Falzoni, capogruppo di An, la sinistra ha accettato la globalizzazione anche nelle imprese e questa rappresenta una delle ragioni delle crisi che subiamo anche a Modena, mentre “servirebbe la volontà di perseguire un modello alternativo di sviluppo”.

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