Per combattere il rischio che venga spacciata come carne nazionale quella ottenuta da agnelli importati soprattutto dall’Est Europa è stata presentata dal comitato promotore al Ministero delle Politiche Agricole la proposta di riconoscimento per l’agnello del Centro Italia Igp.
E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che il consumo stimato di carne ovicaprina degli italiani negli ultimi anni è risultato pari a circa 1,5 chili a persona ed è concentrato per la grande maggioranza nel periodo pasquale quando si stima che la carne di agnello sarà presente su una tavola su tre.
Ma la grave mancanza di una etichetta di origine obbligatoria come quella già prevista per la carne bovina e il pollame favorisce – denuncia la Coldiretti – l’arrivo in Italia di prodotti di minore qualità rispetto a quelli nazionali con l’importazione che copre circa la metà dei consumi.
Il nuovo marchio salva Made in Italy dovrebbe consentire di valorizzare fino a 800mila animali e – sottolinea la Coldiretti – si aggiunge a quelli già ottenuti dalle IGP “Agnello di Sardegna ” e “Abbacchio romano” per dare la possibilità ai consumatore di carne di fare una scelta consapevole.
La nuova denominazione – precisa la Coldiretti – tutela le carni di agnello, leggero e pesante, nonché del “castrato”, prodotte nelle sei regioni del Centro Italia e specificamente in Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Toscana e Umbria. La tradizionale produzione di agnelli e di castrato, di queste zone, trova origine – sottolinea la Coldiretti – dall’apporto fondamentale di un notevole gruppo di razze storicamente originarie del territorio (Appenninica, Sopravissana, Fabrianese, Massese, Pomarancina, Garfagnina Bianca), ma anche dalla partecipazione di altre razze giunte attraverso la transumanza.
Gli animali destinati al marchio IGP devono essere nati, allevati e macellati nella regioni indicate con una alimentazione a base di latte materno e, oltre al pascolo, con possibili integrazioni sempre con prodotti vegetali. Inoltre – conclude la Coldiretti – è prevista anche la possibilità di differenziare il prodotto in base all’origine in realtà montane e si è prevista oltre a quella dell’IGP una eventuale ed ulteriore specifica di “Prodotto della montagna”, valorizzando anche la storica e sempre attuale pratica della transumanza.