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Cucina modenese: tradizione da studiare

Tra qualche decennio, della ‘rezdora’ modenese resterà probabilmente solo il ricordo. A causa dei cambi generazionali avvenuti e delle modificate condizioni economiche e sociali, la ‘reggitrice’ del desco familiare, la massaia-governante-cuoca di un tempo che amministrava con oculatezza e sapienza le risorse alimentari del territorio rischia di sparire portando con sé un patrimonio di tradizione, di cultura, di ‘saper fare’: quel valore aggiunto che ha saputo trasformare una cucina territoriale nel simbolo internazionale del mangiar bene.


La Provincia di Modena ha deciso di avviare un lavoro di recupero di questo patrimonio di conoscenze ed esperienze, attraverso uno studio – finanziato con risorse del Fondo sociale europeo – della storia e le tradizioni gastronomiche. Il bando è stato vinto da Slow Food, associazione internazionale da anni impegnata nella difesa e nel recupero di questi valori, e il Comitato scientifico che guiderà la ricerca sta avviando in questi giorni il lavoro.

“Questo studio ha una doppia valenza – spiega il presidente della Provincia di Modena Emilio Sabattini – A livello locale può essere uno strumento al servizio dell’attività didattica, non solo per corsi di educazione al gusto nelle scuole ma anche per gli istituti di formazione professionale. Fuori dal territorio modenese invece – prosegue Sabattini – rappresenterà un documento di promozione utile a far conoscere meglio la storia, le tradizioni gastronomiche e i prodotti tipici della provincia modenese”.

Si procederà innanzitutto alla raccolta del materiale, incontrando e monitorando in tutta la provincia le tante voci ancora in grado di raccontare la storia e le tradizioni culturali e gastronomiche. Le interviste saranno realizzate effettuando anche registrazioni audiovisive, proprio per immortalare tecniche, pratiche e lavorazioni del tutto particolari. A realizzarle saranno operatori ma anche studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), primo ateneo al mondo interamente dedicato alla cultura del cibo, promosso da Slow Food con la collaborazione delle Regioni Emilia Romagna e Piemonte. Alla fine, si procederà ad una selezione della parte filmata con cui realizzare dei video, archiviando comunque tutta quella non utilizzata che rimarrà, così, consultabile.

“E’ un lavoro che rientra pienamente nella filosofia di Slow Food – spiega il coordinatore del Comitato scientifico, Alberto Fabbri, che è governatore regionale del movimento della “chiocciola” – e riteniamo che quest’opera di raccolta e documentazione della provincia di Modena possa proporsi come un esempio, a cui potranno fare riferimento molte altre realtà italiane, di trasmissione e conservazione della cultura contadina e delle sue ricette in quanto punta a rendere questo materiale utilizzabile attraverso testi, materiale didattico, immagini, ricette”.

Il territorio è stato suddiviso in cinque aree aggiungendovi anche due ulteriori “contesti culturali” nei quali si possono rintracciare quegli elementi che hanno fortemente caratterizzato la provincia di Modena: la Città, la Bassa, la Collina e la Montagna, i territori di contaminazione e di confine, le ascendenze Estensi e la cultura del maiale.

Per lo svolgimento dello studio, Slow Food ha deciso di coinvolgere nomi eccellenti del territorio: dagli chef Massimo Bottura, Laura Galli Morandi e Italo Pedroni ai fotografi Franco Fontana e Beppe Zagaglia, i quali hanno assicurato la loro collaborazione per documentare anche con immagini fotografiche la ricerca sul territorio.

















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