
L’incontro pubblico con i residenti del quartiere Braida, è stato dipinto – in un post social del Sindaco – come un idillio di “ascolto reciproco” e “dialogo autentico”, con oltre 400 presenze lodate come “lezione di partecipazione. Peccato che dietro le quinte, una parte dell’affluenza record nasconda una regia ben orchestrata, e il rispetto sia tutto per chi “arriva”, nessuno per chi da generazioni vive su questo territorio.
Partiamo dai numeri, che parlano più di mille parole. Oltre 400 cittadini: un fiume umano che riempie la sala, un dato che Mesini sbandiera con orgoglio, e che ha visto superare abbondantemente le stime, con gente arrivata anche da fuori Braida, preoccupata per un futuro che minaccia di sconvolgere l’equilibrio sociale di Sassuolo.
Ho partecipato a decine di incontri di quartiere nelle giunte passate ma mai, e dico mai, ho registrato una presenza così massiccia di cittadini stranieri, in particolare musulmani. Di solito, gli immigrati snobbano queste iniziative: è un dato di fatto, non una colpa.
A questo incontro, però, erano lì in massa, con interventi preparati e un coro pro-trasferimento che ha zittito le giuste rimostranze dei residenti. Coincidenza? Difficile crederlo. È evidente che il sindaco ha mobilitato la comunità islamica, consigliando non solo una partecipazione “massiccia” ma anche discorsi ad hoc per coprire le critiche legittime.
Critiche non solo dal quartiere – stanco di un degrado già patito vent’anni fa – ma da tutta Sassuolo, dove oltre 6000 stranieri su 41mila abitanti rappresentano una pressione demografica che l’amministrazione ignora, favorendo invece un “debito elettorale” con l’associazione Al Medina.
Questo non è dialogo: è una messinscena per anestetizzare l’opposizione popolare.
E qui entra in gioco l’ipocrisia del sindaco, con un’ulteriore umiliazione per i sassolesi.
Mesini ha riservato un rispetto ossequioso alla comunità islamica – applausi ai loro interventi zuccherosi su “Centro polivalente aperto a tutti, integrazione e corsi di italiano”. Parole belle, ma la sostanza è un tempio da 3000 fedeli, con rischio di attrattiva regionale, non un dopolavoro per la cittadinanza.
Mentre le voci dei residenti, cariche di timori fondati su esperienze passate di degrado, sono state liquidate come “paure da superare”. Questo è discriminazione pura verso i tanti sassolesi che vengono relegati a comparse in casa propria, mentre gli ospiti guidano il futuro del quartiere.
E non è un caso isolato: pensate alle migliaia di firme della petizione lanciata a settembre dal centrodestra unito – Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e la mia Lista Macchioni – completamente ignorate dall’amministrazione. Abbiamo riempito piazze e banchetti, coinvolgendo persino europarlamentari per un sopralluogo che ha confermato come una moschea lì è urbanisticamente folle, tra residenziale e commerciale: iniziative concrete per dare voce a chi Mesini etichetta “razzista” tramite i suoi uomini.
Aggiungiamoci il velo di opacità sull’acquisto dei locali presso I Quadrati – ex uffici comunali – con il rischio di attrarre flussi da tutto il distretto, e da altre province, rigettando il quartiere nel caos di due decenni fa. Mesini giura: “Transazione privata, nessun contributo comunale”. Bene, ma atti catastali e ricerche indipendenti – che il centrodestra ha scandagliato nei mesi – rivelano procedure accelerate e finanziamenti dubbi, forse da fonti estere non chiarite. Come è possibile che un’associazione balzi da un garage angusto a 2000 metri quadrati senza un euro pubblico e senza che il sindaco si sia mai posto domande sull’operazione.
Se è vero – come dice il sindaco – che al momento non esiste ancora nessuna richiesta formale per trasformare i locali acquistati in luogo di culto, è altrettanto vero che dovrebbe essere la decisione della cittadinanza a legittimare tale scelta, e non una maggioranza di partito in consiglio comunale – tutta allineata pro-Islam – che ignora migliaia di firme e la volontà dei sassolesi.
Aggiungo un mio spunto critico: questa non è solo urbanistica, ma un tradimento culturale alla città di Sassuolo, con la sua tradizione cattolica e operaia, favorendo megalomanie che di fatto diluiscono l’identità locale.
Il centrodestra – e la mia lista – ha vigilato con interrogazioni e petizioni, raccogliendo consenso perché rappresenta il buonsenso: no a scorciatoie, sì a convivenza vera, senza favoritismi.
Si è parlato poi di “diffidenza da superare”, ma la paura è razionale quando si ignorano petizioni e si insultano cittadini come “banda di razzisti”.
Basta buonismo: i sassolesi non sono ostili, sono stanchi di essere ultimi nella fila delle priorità. Braida, e non solo, ha gridato no, ed è per questo che nei prossimi giorni, insieme ai tanti cittadini delusi da questo sindaco, verrà organizzata una manifestazione di piazza, perché quel grido deve arrivare chiaro e forte nei banchi di questa amministrazione.



