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Sciopero, a Reggio Emilia cortei anche in Stazione e Municipio

(DIRE) – Al grido di “Palestina libera” anche a Reggio Emilia è stata una giornata di mobilitazione per lo sciopero generale promosso dalla Cgil e dai sindacati di base.
Un fiume di persone- 25.000 il dato complessivo fornito poi dalla Cgil (ma altre fonti del sindacato lo ridimensionano a 15.000)- si è radunato in zona tribunale per raggiungere il cuore della città percorrendo un tratto della circonvallazione che è rimasta paralizzata per quasi due ore. In marcia studenti, lavoratori, cittadini musulmani e amministratori del territorio che hanno sfilato per chiedere lo stop del massacro a Gaza.

In particolare, un primo momento rilevante della manifestazione si è registrato la mattina presto, prima della partenza del corteo. Quattro ragazze si sono incatenate ai cancelli del polo scolastico di via Makallè e insieme ad altri manifestanti hanno impedito l’accesso agli studenti. Un episodio subito stigmatizzato da Gioventù Nazionale.
“Nessuna battaglia ideologica può giustificare il blocco dell’accesso a scuola. Gli studenti hanno il diritto di studiare come sancito dalla Costituzione, e non devono essere ostaggio di proteste organizzate senza alcun rispetto delle regole e della comunità scolastica”, afferma Matteo Montanarini, responsabile provinciale del movimento studentesco di Fdi. Il secondo “colpo di scena” è avvenuto quando, al bivio con Corso Garibaldi, dove ha sede la Prefettura e dove era previsto l’arrivo della manifestazione, lo spezzone formato dagli studenti e alcune sigle antagoniste e dei centri sociali ha annunciato l’intenzione di “andare a prendersi la stazione”.
In piazzale Marconi, Digos e Polizia hanno chiuso le porte e per oltre 40 minuti l’ingresso all’infrastruttura è stato vietato.
Anche la circolazione dei treni è stata sospesa in via cautelativa. I manifestanti si sono però limitati a sostare nel piazzale senza tentare di forzare il blocco e limitandosi ad alcune invettive contro il ministro Matteo Salvini che “teme la nostra marea”. Infine, alcune centinaia di “irriducibili” hanno percorso un altro tratto di circonvallazione e, attraverso la via Emilia, si sono ritrovati in piazza del Monte (a poche decine di metri dal municipio) per chiudere la manifestazione, ma promettendo che “i blocchi non si fermeranno”.
Soddisfatto Cristian Sesena, segretario della Camera del lavoro di Reggio, che commenta: “Abbiamo avuto uno straordinario riscontro a questo sciopero che è politico e morale ma anche molto sindacale, perché se noi continuiamo in una logica di economia di guerra, il nostro ruolo come sindacato rischia di essere inibito in partenza. Si va cioè verso una legge finanziaria che taglia i dirtti delle persone per riarmare il Paese”. Poi, continuia Sesena, “abbiamo un tema etico: c’è un genocidio in corso e noi proviamo oggi a costruire una diplomazia dal basso con le nostre manifestazioni, che sono pacifiche e attente ai diritti di tutti, ma assolutamente ritenute negli obiettivi”. Sulla presunta illegittimità dell’astensione Sesena precisa: “La Commissione di Garanzia non è un organo come la magistratura. Lo sciopero è legittimo perchè noi applichiamo la legge sulle normative essenziali, ci affidiamo ad un comma che esplicita l’esonero dal preavviso e comunque di fronte ai precetti non ci siamo opposti ma abbiamo collaborato per tutti i presidi minimi essenziali, dagli ospedali ai trasporti”. Per il numero uno della Cgil reggiana, infine, “Salvini è stato inqualificabile come ministro della Repubblica per il fatto che ieri ha minacciato e associato i lavoratori a pericolosi vandali e squatter, dicendo che chi rompe paga”. I lavoratori che scioperano “si tolgono un pezzo di stipendio e la maggior parte, almeno quella che la Cgil rappresenta, va in piazza per manifestare e non per fare casini a prescindere”, conclude Sesena.
Alla manifestazione era presente anche il sindaco Marco Massari, che evidenzia: “C’è un sentimento diffuso di solidarietà, ma anche di indignazione profonda per questo massacro diffuso che è in atto a Gaza e in Palestnina. Era importante esserci e bisogna che tutta la città sia unita nel difendere i valori della pace, perché ci sia una pace giusta in quei territori”. Per il primo cittadino, “bisogna che prima di tutto si fermi il massacro e cessi ogni forma di violenza e da lì partire con un percorso complesso per arrivare ad una convivenza tra i due popoli”. Ma la prima cosa da fare, chiude Massari, “è fare pressione perchè finiscano i morti. Finora, da parte dei Governi europei, ce n’è stata poca o non sufficiente”, conclude il sindaco.
(Cai/ Dire)

















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