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DIG Awards 2025: ecco i vincitori. A Modena premiati i migliori documentari, inchieste, reportage e podcast

I premi di DIG Festival ai migliori documentari, inchieste, reportage e podcast selezionati fra oltre 400 candidature da una giuria di altissimo livello, presieduta dal celebre giornalista d'inchiesta e scrittore francese Edwy Plenel, 25 anni a Le Monde e poi padre della testata indipendente Mediapart, che ha portato alla recente condanna di Sarkozy

da Haiti The Iron Grip of the Gangs che ha vinto nella categoria Reportage Long

Sono stati svelati, nel corso della cerimonia di premiazione condotta dai giornalisti del comitato direttivo di DIG Alberto Nerazzini, Valerio Bassan e Philip Di Salvo che si è tenuta ieri sera nella Chiesa di San Carlo a Modena, i nomi dei vincitori dei DIG Awards 2025: i premi ai migliori documentari, inchieste, reportage e podcast selezionati fra le oltre 400 candidature arrivate.

Dalla sua nascita, DIG Festival premia i migliori documentari e podcast di giornalismo investigativo: il concorso cinematografico ha saputo affermarsi negli anni come un punto di riferimento a livello internazionale, premiando e valorizzando il lavoro dei freelance, ma anche di grandi broadcaster internazionali come Guardian, BBC, Al Jazeera, Le Monde e tanti altri.

Quest’anno a vincere per la categoria Investigative Long, riservata a documentari d’inchiesta della durata minima di 40 minuti, è “Surviving Syria’s Prisons” di Sasha Joelle Achilli e Sara Obeidat per la BBC. Il documentario rivela una delle più brutali campagne di repressione della storia contemporanea: nel dicembre 2024 il mondo ha assistito alla caduta del dittatore siriano Bashar al-Assad, giunta dopo 13 anni di guerra civile. Un evento epocale che ha scoperchiato un’eredità sinistra: quella degli oltre 100.000 cittadini scomparsi durante il regime, fatti sparire tra prigioni impenetrabili e fosse comuni. “Surviving Syria’s Prisons è un film importante e attuale che utilizza le testimonianze come metodo investigativo per raccogliere prove fondamentali. Le filmmaker non si sono tirate indietro dal parlare direttamente con i torturatori, i principali colpevoli, nella loro tenace ricerca di responsabilità e giustizia” si legge nella motivazione della giuria.

La categoria Reportage Long, reportage video della durata minima di 40 minuti, è stata vinta da “Haiti: The Iron Grip of the Gangs”, di Catherine Norris Trent, Roméo Langlois per France24. A Port-au-Prince tre milioni di persone sono ostaggio di una devastante guerra tra bande che sembra non avere fine; il documentario mostra come la notevole influenza economica e militare delle organizzazioni criminali sul paese caraibico abbia tolto ai suoi abitanti la cosa più importante: la speranza di tornare alla normalità. “È un film che riflette non solo la brutalità della situazione haitiana, ma anche la resistenza del giornalismo di fronte ai contesti più estremi” sottolineano i giurati.

Ad aggiudicarsi il premio per la categoria Investigative Medium (documentari di inchiesta di durata compresa tra i 15 e i 40 minuti) è l’opera “The Minister Millions” di Adrian Gatton per Al Jazeera Investigative Unit. Nei suoi anni come Ministro in Bangladesh, Saifuzzaman Chowdhury è riuscito a costruire un impero immobiliare da mezzo miliardo, nonostante il suo stipendio da funzionario ammontasse a poco più di tredicimila dollari. L’unità investigativa di Al Jazeera è riuscita a entrare sotto copertura in una delle residenze dell’ormai ex Ministro. Secondo la giuria “The Minister’s Millions è un esempio di giornalismo responsabile e ambizioso che ha avuto un impatto immediato”.

È “Tigray: Rape as a Weapon” diretto da Marianne Getti, Agnès Nabat – una produzione indipendente distribuita da Arte Reportage – il vincitore della categoria Reportage Medium, della durata compresa tra i 15 e i 40 minuti. Nella regione etiope del Tigray, dove è in corso una guerra civile, almeno 120.000 donne sono state violentate dai militari. Il documentario mostra la lotta instancabile di due donne etiopi che hanno scelto di dedicare la loro vita al tentativo di dare voce alla sofferenza delle loro sorelle offrendo loro cure fisiche e psicologiche. Secondo la giuria “un ritratto potente e sensibile di un crimine di guerra quasi impossibile da documentare: lo stupro come arma”.  

Ad aggiudicarsi il premio della categoria Short è “India’s Opioid Kings”, diretto da Richard Wyllie, Stephanie Stafford per BBC Africa Eye, BBC News. Da anni l’Africa occidentale è stretta nella morsa degli oppioidi: pericolose pillole ad altissimo tasso di dipendenza vengono confezionate come medicinali e vendute a basso prezzo per strada. Ma chi commercializza queste compresse? E chi le spedisce in Africa? Questa inchiesta undercover svela la complicità di alcuni spietati dirigenti farmaceutici indiani. “Questo pezzo di giornalismo investigativo rappresenta un potente contributo alla salute pubblica, e lancia l’allarme su una crisi che potrebbe esplodere senza alcun controllo” spiega la giuria.

E ancora, la categoria Audio e Podcast ha visto il trionfo di “Buried: The Last Witness” di Dan Ashby, Lucy Taylor per BBC Radio 4: esplora l’impatto dei policlorobifenili (PCB)  – utilizzati per decenni a livello industriale senza remore – sul Regno Unito e i suoi ecosistemi, grazie anche all’analisi di prove inedite ricevute da un testimone diretto, oggi deceduto. Il premio viene conferito perché definito “un progetto di grande impatto, capace di trasformare una complessa questione ambientale in una storia accessibile e profondamente umana”.

Il DIG Pitch “Matteo Scanni” – un premio di produzione fino a 15mila euro al miglior progetto di inchiesta fra i dieci presentati nella live session di ieri – hanno visto trionfare il progetto “A Newborn” di Giovanni Culmone e Matteo Garavoglia. Si legge nella motivazione: “A Newborn soddisfa tutti i requisiti di DIG Festival: giornalismo investigativo, rilevanza internazionale, spirito di indipendenza, originalità del soggetto, audacia del racconto e giovane età del team”.

I dieci membri della giuria hanno poi deciso all’unanimità di assegnare un “Premio Speciale della Giuria” a “The Night Won’t End”: il documentario immerge gli spettatori all’interno delle strazianti esperienze vissute da tre famiglie palestinesi, impegnate in una disperata lotta per la sopravvivenza. “Questo film unico non poteva essere considerato solo un’altra testimonianza tra tante; doveva essere messo in luce, in un momento senza precedenti nella storia, mentre i giornalisti vengono uccisi a centinaia a Gaza e ai media internazionali è impedito l’accesso da oltre due anni”.

Edwy Plenel presiede una giuria che si conferma anche per questa edizione di altissimo profilo: Tra i giurati riconfermati ci sono Manisha Ganguly, Investigations Correspondent del Guardian, Gabriela Manuli, Director of Special Projects dell’International Press Institute, Axel Björklund, giornalista e documentarista della SVT, l’emittente pubblica svedese, e Marco Nassivera, a lungo responsabile dell’informazione di ARTE. Tra le new entries, la più importante giornalista investigativa del Messico, Anabel Hernandez, la docente e regista canadese Sophie Leblond, Hoda Osman, giornalista investigativa ed executive editor dell’Arab Reporters for Investigative Journalism (ARIJ), Ulla Sätereie, presidente della Swedish Association of Investigative Journalism e Fabio Bucciarelli, il fotografo italiano pluripremiato (Robert Capa Gold Medal e due World Press Photo) che ha portato a DIG Festival anche l’anteprima italiana della sua ultima mostra dal titolo Occupied Territories: uno straordinario reportage fotografico durato undici anni su Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme Est e Libano.

 

Il Watchdog Award

Con il Watchdog Award, il direttivo di DIG vuole celebrare l’eccellenza nel giornalismo e coloro che incarnano i suoi ideali, la sua missione e la sua resilienza. Questa edizione di DIG Festival si intitola intenzionalmente “Targets”: un modo per ricordare chi è sotto attacco, chi documenta e chi denuncia. Il direttivo di DIG dedica il Watchdog Award 2025 ai watchdog palestinesi a Gaza: a coloro che hanno perso la vita al servizio della verità e della giustizia, e a coloro che continuano quella missione. Il premio viene consegnato simbolicamente a Mohammed Abed, giornalista palestinese che lavora per AFP, Agence France-Presse, dal 2003. Abed è stato a Gaza fino al 2024 e ora continua il suo lavoro in esilio e a Jonathan Dagher, responsabile del desk per il Medio Oriente di Reporters Without Borders, la principale organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa e le libertà giornalistiche in tutto il mondo. DIG auspica che, tramite loro, il premio possa arrivare quanto prima a Gaza e in una Palestina libera.

















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