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Ieri al Tecnopolo esperienze e testimonianze di persone con background migratorio coinvolte in “Common ground”, il progetto contro lo sfruttamento lavorativo

Circa 400 le persone raggiunte, 144 i lavoratori coinvolti nelle attività del progetto

“Tante persone sono costrette, per un motivo o per un altro, a lavorare in nero, ma quando lavori in nero sei perduto, perché se ti fai male non hai alcun diritto, sei una persona invisibile”. A dirlo è R.K., uno dei 144 lavoratori intercettati da Common Ground, il progetto interregionale sullo sfruttamento lavorativo e di sostegno alle vittime  promosso sul territorio dal Comune di Reggio Emilia e gestito da Cooperativa L’Ovile e cofinanziato da Unione Europea, fondo Coesione Italia 21-27 e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.  Un’esperienza partita ad ottobre 2023 e che si conclude in questi giorni, con l’obiettivo di accompagnare soggetti con fragilità sociale, in particolare persone dal background migratorio, in un percorso di consapevolezza e acquisizione di strumenti sulla propria situazione lavorativa e sui propri diritti e per uscire da eventuali situazioni di illegalità: tanti i soggetti coinvolti in una rete di salvataggio che ha coinvolto anche la Procura della Repubblica, l’Ispettorato territoriale del lavoro, il Nucleo dei Carabinieri Tutela Lavoro, i sindacati e diversi soggetti del terzo settore.

I risultati del progetto e le azioni intraprese dall’avvio, nell’ottobre 2023, sono stati presentati ieri sera, nel corso di un convegno organizzato al Tecnopolo di Reggio Emilia, cui hanno preso parte i rappresentanti dei diversi soggetti coinvolti. Ad aprire il convegno l’assessora alla Cura delle persone Annalisa Rabitti, cui sono seguiti gli interventi del Procuratore della Repubblica Gaetano Calogero Paci, del presidente della cooperativa L’Ovile Valerio Maramotti, del tenente colonnello Umberto Geri comandante del Gruppo Carabinieri Tutela Lavoro di Venezia e di Emanuele Verdolotti, dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Parma-Reggio Emilia.

A giocare la parte da protagonista, però, sono state le storie delle persone coinvolte nel progetto, raccontate anche attraverso il documentario “Insieme, per un lavoro degno” di Giuseppe Raia. Nel video le loro testimonianze, raccolte nel corso del laboratorio svolto con il Centro teatrale Mamimò, si alternano a quelle dei rappresentanti delle istituzioni coinvolte, tra cui il procuratore della Repubblica Calogero Gaetano Paci, l’assessora alla Cura delle persone del Comune di Reggio Emilia Annalisa Rabitti, i referenti dell’Ispettorato del lavoro e dei sindacati Cgil e Cisl.

“Da oltre vent’anni il Comune di Reggio Emilia è impegnato nell’emersione e nel supporto delle vittime di tratta e sfruttamento – ha detto l’assessora alla Cura delle persone Annalisa Rabitti –  Nel caso specifico dello sfruttamento lavorativo, si tratta di un fenomeno complesso che continua a colpire i soggetti più deboli della società, tra cui le donne e le persone con background migratorio, e che richiede un’azione coordinata che agisca non soltanto sul piano dei controlli, che pure sono fondamentali, ma anche su quello della prevenzione. ‘Common Ground’ è stata per noi l’occasione per approfondire e consolidare l’impegno a favore delle vittime di sfruttamento lavorativo, accrescendo competenze specifiche su un tema che è ancora molto presente nella nostra società e costruendo una rete di collaborazioni istituzionali e con diversi soggetti del territorio  in grado di tutelare chi ogni giorno rischia di rimanere intrappolato nelle maglie dello sfruttamento”.

“La cooperativa l’Ovile, in qualità di gestore del progetto Common ground per conto del Comune di Reggio Emilia, ha creato un’equipe multidisciplinare per mappare, capire e intercettare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo – ha detto Valerio Maramotti, presidente della cooperativa L’Ovile – In questi due anni sono stati coinvolti in attività di sensibilizzazione circa 400 cittadini di origine straniera, mentre le prese in carico per attività di emersione e tutela per vittime di sfruttamento hanno superato le 145.  Alcune di queste hanno necessitato di una tutela abitativa specifica e percorsi sanitari per curare le ferite, psichiche e fisiche, causate dai caporali o datori di lavoro poco inclini al rispetto delle Leggi sul lavoro. Abbiano notato che i settori più soggetti a distorsione sono l’edilizia, la ristorazione e servizi di lavaggio auto nelle stazioni di rifornimento. Le azioni messe in campo dal Comune e dalla nostra equipe sono state svolte in sinergia con Ispettorato del Lavoro, Nucleo Carabinieri Ispettorato Lavoro, Procura della Repubblica, Organizzazioni Sindacali e realtà afferenti al Terzo Settore”.

 

I DATI – Sono state in tutto 144 le persone raggiunte da almeno un’attività del progetto e che hanno quindi preso parte ad almeno un primo colloquio informativo sul progetto, circa il 12,5% del totale delle persone incontrate a livello regionale da tutti gli enti che hanno aderito. Oltre a queste, 327 persone sono state raggiunte da attività specifiche di informazione sul funzionamento del mondo del lavoro in Italia (ad esempio su cosa sia un contratto e a cosa serva, come leggere una busta paga, etc).

Tra loro c’è chi, ad esempio come A.R., è fuggito dalla guerra civile in Kashmir e in Italia lavorava per un autolavaggio 12 ore al giorno, 4 regolari e 8 in nero, e racconta di continui maltrattamenti e insulti, o chi è finito a tagliare legna nell’Appenino reggiano e, mentre lavorava senza contratto, ha perso due dita.

Tra le persone raggiunte, le comunità più rappresentate sono quelle provenienti da Pakistan, Egitto, Bangladesh, Tunisia, Marocco e Nigeria.

In due anni di progetto, sono stati 87 i lavoratori che hanno ricevuto più di un intervento di supporto, in ambiti diversi: dal sostegno abitativo, con l’accoglienza in strutture dedicate, alla tutela di tipo sindacale, come ad esempio l’avvio di procedure presso i patronati o l’avvio di vertenze, ma anche azioni di sostegno socio-legale, socio-sanitario o socio-lavorativo. Per molte persone il supporto degli operatori è stato importante anche per operazioni apparentemente semplici, come l’apertura di un conto in banca o l’ottenimento della Carta d’identità elettronica, in cui è importante è però importante avere una buona conoscenza della lingua.

Fondamentale è stata anche l’attenzione alla dimensione psicologica delle persone intercettate, che ha consentito di far emergere numerose vulnerabilità ad ampio spettro e, in alcune situazioni, veri e propri casi di disturbo post-traumatico da stress, collegati a infortuni subiti sul lavoro.

Si stima che oltre un terzo delle persone coinvolte, 57 lavoratori, abbiamo avuto un miglioramento della loro condizione, venendo assunti regolarmente laddove lavoravano precedentemente in maniera irregolare; ottenendo il pagamento degli stipendi mancanti grazie alla segnalazione all’ispettorato del lavoro, oppure trovando posizioni lavorative regolari. Sono stati in tutto 10 i contratti di lavoro avviati, 5 da Winner Mestieri/Cooperjob e 5 dalla cooperativa L’Ovile, mentre 29 persone hanno avuto modo di accedere ad attività formative e professionalizzanti, attivate da Winner Mestieri e Ciofs, partner di progetto della Regione Emilia-Romagna.

Per alcuni il miglioramento è avvenuto anche sul piano abitativo: 12 lavoratori sono stati accolti all’interno di due strutture dedicate ai beneficiari del progetto Common ground.

Sono state infine 6 le persone che, grazie al progetto, sono riuscite a ricevere il permesso di soggiorno speciale riservato a vittime sfruttamento lavorativo, 30 invece i lavoratori supportati nella formalizzazione di una segnalazione all’Ispettorato territoriale del lavoro e ai sindacati. Sono stati, infine, 6 gli accessi ispettivi attivati grazie al progetto con Ispettorato del lavoro e Nucleo dei Carabinieri Tutela Lavoro, 24 le azioni di sensibilizzazione allo sfruttamento lavorativo alla rete locale di enti con cui si è collaborato in questi due anni.

 

IL PROGETTO – Attraverso i progetti Rosemary, e Common Ground, il Comune di Reggio Emilia garantisce interventi di tutela per le persone vittime di tratta e sfruttamento, oltre a consulenze di secondo livello e formazione per diverse realtà del territorio. Gli interventi sono tutti pensati in un’ottica multi-agenzia che vede la collaborazione con diverse realtà del territorio tra cui Ispettorato territoriale del lavoro, Ausl, Forze dell’ordine, Servizi di accoglienza delle persone migranti, Tribunale, sindacati e soggetti del Terzo settore.

In particolare il Progetto Common Ground è un progetto interregionale di contrasto allo sfruttamento lavorativo e di sostegno alle vittime e potenziali vittime di sfruttamento lavorativo, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.  Sul territorio reggiano, il sistema Common Ground nasce da una co-progettazione tra Comune di Reggio Emilia e cooperativa L’Ovile, e una rete di collaborazioni che spazia dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro ai Sindacati, in forte interconnessione con l’esperienza Oltre la Strada – progetto di Regione Emilia-Romagna attivo nel campo della prostituzione e della lotta alle forme di sfruttamento e tratta di esseri umani – sviluppando interazione e confronto con tutti gli attori pubblici e privati coinvolti a vario titolo nel sistema territoriale.

L’obiettivo generale del progetto è prevenire e contrastare forme di distorsione del mercato del lavoro (lavoro irregolare, lavoro sommerso, caporalato, sfruttamento lavorativo) in tutti i settori, attraverso interventi di protezione sociale e interventi attivabili nell’ambito dei Servizi per il lavoro, promuovendo lavoro dignitoso, sicuro e legalità, dando così attuazione alle “Linee guida nazionali in materia di identificazione, protezione e assistenza alle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura”, approvate in Conferenza Unificata il 7 ottobre 2021.  In particolare le attività realizzate in questi due anni di progetto sono state:

– azioni volte all’emersione delle potenziali vittime (azioni proattive e di primo contatto), in collaborazione con tutti i soggetti che a diverso titolo intercettano potenziali target;

– Presa in carico delle persone vittime di sfruttamento lavorativo attraverso interventi di accompagnamento diversificati in relazione ai bisogni e alle risorse di ciascun beneficiario, nonché in relazione al successivo possibile processo di integrazione sociale;

– sensibilizzazione del territorio alla tematica dello sfruttamento lavorativo attraverso azioni volte alla conoscenza dei fenomeni e ad una loro emersione.

 

 

















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