A seguito del 4° Congresso sul Po che si è svolto pochi giorni fa a Piacenza Legambiente plaude all’iniziativa della Consulta delle Province rivierasche, che d’intesa con L’Autorità di bacino, è riuscita nello scopo di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, del Governo nazionale e della Comunità Europea sul Po che rappresenta, ormai riconosciuto da tutti, una delle maggiori emergenze del Paese.
D’altro canto però non ci si aspettava, dopo un così lungo lavoro di analisi, anche scientifica, dei problemi del Po, di essere ancora costretti a denunciare l’insostenibilità economica e ambientale del progetto di navigazione commerciale e di relativa bacinizzazione del fiume. Un progetto ormai vecchio, che comporterebbe un’inaccettabile ulteriore artificializzazione del più importante corso d’acqua del Paese.
Al contrario Legambiente ritiene che il fiume Po meriti un progetto complessivo di rinaturazione per “il ripristino degli equilibri idrogeologici ed ambientali”, per garantire un’adeguata protezione dal rischio idrogeologico e per consentire il raggiungimento di quel buono stato ecologico previsto dall’Unione Europea.
Così come richiede urgentemente un buon Piano di gestione del bacino idrografico, derivato da una valutazione seria, anche in chiave economica, del bilancio idrico, da affidare all’Autorità di bacino (o Distretto) che deve essere rafforzata e resa davvero autorevole, nel rapporto fra Governo nazionale e Regioni, nell’ambito della revisione del Dlgs 152/06 che è assolutamente improcrastinabile, anche alla luce dei ritardi accumulati dall’Italia rispetto all’applicazione della Direttiva Quadro Acque 2000/60 /CE.
In un quadro di governance credibile Legambiente ritiene assolutamente necessario anche ricondurre all’Autorità di Bacino un ruolo di regia anche degli interventi programmati da altri soggetti istituzionali o agenzie che insistono sul bacino del Po.
“La capacità di carico del bacino padano – dichiara Massimo Becchi presidente di Legambiente Reggio Emilia – è ormai sottoposto a sollecitazioni insostenibili. Dal consumo di suolo da parte di un’urbanizzazione incontenibile, ad un sistema agrozootecnico intensivo, allo sfruttamento estremo della risorsa idrica per la produzione di energia anche nei più piccoli torrenti di montagna, alle escavazioni abusive degli inerti in alveo.
Un territorio che già oggi deve sopportare un carico di 114 milioni di abitanti equivalenti; consente il rilascio di concessioni idriche per 1.840 mc/secondo a fronte di una portata media disponibile di 1.450 mc/secondo; assorbe – nelle sole regioni di Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna, quasi il 30% dei fitofarmaci distribuiti in Italia (156.398 tonnellate nel 2005 secondo i dati ISTAT), registra una perdita inarrestabile di biodiversità (delle 50 specie ittiche autoctone italiane solo il cavedano non è considerato in pericolo o a rischio di estinzione)”.
Per ottenere risultati soddisfacenti e durevoli nel tempo, oltre che i necessari finanziamenti interni ed europei, occorre un grande senso di responsabilità, l’abbandono definitivo di progetti che sono in contrasto con i richiami della comunità scientifica e la disponibilità a costruire un grande progetto strategico per il Po, dove le associazioni ambientaliste siano chiamate a contribuire, insieme agli altri portatori di interesse, nell’ottica del metodo partecipativo previsto dalla Direttiva Quadro Acque 2000/60 CE.


