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Begum e Sara, le donne dell’esecutivo provinciale Pd: la rivolta delle donne

Questa sera è in programma a Novi una fiaccolata di solidarietà con Nosheen, la giovane pakistana aggredita dal fratello, e con tutte le donne che subiscono quotidianamente violenza. Sarà anche l’occasione per esprimere il cordoglio della comunità per la morte di Begum Shahnaz, la madre di Nosheen uccisa dal marito. In occasione della fiaccolata le donne dell’esecutivo provinciale del Pd di Modena – Cristina Cavani, Carla Ghirardini, Maria Cecilia Guerra e Caterina Liotti – ripropongono il tema della violenza sulle donne e individuano un legame stretto tra l’omicidio di Novi e quello di Avetrana. “Una riflessione – spiegano le quattro esponenti del Pd – che non ha la pretesa di rappresentare il pensiero di tutte le militanti del partito ma che offriamo come contributo al dibattito su integrazione, violenza e politica di genere”.

 «Begum Shahnaz e Sara Scazzi, due donne uccise perché gli uomini volevano la loro obbedienza, messe a tacere per sempre perché rivendicavano la libertà di pensare e di agire. Due donne lontane per origine e cultura, diverse per età e condizioni di vita ma accomunate dallo stesso destino. Due storie che parlano non solo dell’oppressione e del dolore delle donne ma anche della loro rivolta e della reazione feroce che questa provoca nel potere maschile ormai privo di autorevolezza e dignità, ridotto a pura forza, a violenza primordiale.

Begum e Sara, due donne in rivolta contro la legge non scritta che guida la società degli uomini. Sara subisce la punizione estrema perché non si concede al desiderio dello zio. Begum patisce la condanna a morte perché difende la libertà della figlia e – attraverso quella – la sua libertà. Come Antigone, entrambe seguono la legge del cuore e pagano il prezzo estremo del loro rifiuto.

Ma noi conosciamo, o facciamo finta di conoscere, solo la rivolta di Sara, quella delle donne libere d’Occidente, e la violenza degli uomini che ancora non sono capaci di fare i conti con quella libertà. Poco o nulla sappiamo invece della rivolta di Begum, quella delle donne che vivono in comunità patriarcali dove è inaudita ogni forma di emancipazione.

La storia di Begum e di sua figlia Nosheen dimostra che una crepa – non sappiamo ancora quanto profonda – si è aperta nei solidi muri di quelle comunità, mondi finora indisponibili al contatto con l’esterno eppure già contaminati dall’Altro. Messaggeri della modernità in quel mondo chiuso sono le seconde generazioni, i giovani immigrati, e tra loro soprattutto le giovani donne che ormai vestono come le loro coetanee italiane, ascoltano la stessa musica, adottano lo stesso gergo, navigano e chattano, gustano il piacere della libertà. E non vogliono tornare indietro.

Altra cosa è la gioventù delle banlieues, dove ragazzi emarginati e senza prospettive di studio né di lavoro si aggrappano come risorsa estrema all’identità di un islam puro e immaginario. Chi fa questi paragoni – segnatamente i leghisti e i loro imitatori del Pdl – semplicemente non sa quel che dice.

Il cambiamento è già in atto, la modernità sta erodendo le antiche culture patriarcali dall’interno e gran parte del merito va al coraggio di donne come Begum e Nosheen, che sfidano la rabbia di chi non si rassegna a perdere potere su di loro.

Ma forse un po’ di merito va dato anche a quella tenace ricerca del dialogo, del confronto, a quella curiosità che in questi anni, nelle nostre città, abbiamo coltivato l’un l’altro, a quel socchiudersi lento e progressivo delle porte e delle finestre che impedivano di conoscersi e di riconoscersi.

Insomma l’integrazione – unica alternativa seria alla violenza e alle guerre di religione – dimostra di funzionare e di scardinare catene secolari, checché ne dicano i profeti di sventura della destra. Chi pratica il dialogo lavora per la libertà, non chi se ne riempie la bocca andando a caccia di moschee con la croce in mano. Farisei pericolosi, questi ultimi, alleati di fatto con gli integralisti che vorrebbero combattere e che invece rafforzano ricostruendo i muri che, da una parte e dall’altra, uomini e donne di buona volontà stanno cercando di abbattere.

Aiutiamo le tante Nosheen che vivono e crescono tra noi a conquistare l’ultimo traguardo sulla strada della libertà: il diritto a diventare italiane. Aiutiamole a combattere la loro battaglia per la cittadinanza perché coincide con la nostra battaglia per un Paese più civile, più libero, più sicuro».
















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