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Economia, lieve ribasso delle previsioni 2025, PIL reggiano resta positivo (0,5%)

Si abbassano leggermente le previsioni relative al Pil reggiano alla fine del 2025. Secondo le elaborazioni della Camera di commercio dell’Emilia sui dati dell’Osservatorio Prometeia, infatti, rispetto al +0,8% stimato tre mesi fa, si dovrebbe giungere a +0,5%, in attesa di una crescita un po’ più robusta (+1%) attesa per il 2026.

I maggiori impulsi verso il miglioramento delle previsioni di crescita vengono dall’industria (+0,7% quest’anno e +1,1% nel 2026) e dal comparto dei servizi (+0,5% nel 2025 e +1,3% l’anno seguente).

Anche le costruzioni contribuiranno per tutto il 2025 alla crescita del PIL della nostra provincia (+2,6%), per poi affrontare un difficile 2026, nel quale è stimata una perdita del 2,4%.

Di segno opposto ai precedenti il comparto agricolo, che è avviato a perdere il 6,3% quest’anno e a vivere un recupero nel 2026, comunque limitato al 2,5%.

Sul fronte dell’export invece, l’economia reggiana quest’anno pagherà il prezzo delle crescenti tensioni commerciali internazionali (a partire dai dazi statunitensi), con un calo previsto dell’1,7%; per il 2026, invece, le previsioni indicano una crescita del 3,3%.

Per quel che concerne il reddito disponibile per le famiglie, le previsioni per il 2025 parlano di un +3,7%, mentre il prossimo anno l’incremento potrebbe ridursi al 2,7%.

Di segno positivo anche i valori relativi all’occupazione, con un aumento che quest’anno dovrebbe collocarsi al +1,5%, con un +0,7% nel 2026.

In base a questi andamenti, il tasso di disoccupazione è previsto al 3,8% nel 2025 e al 3,5% l’anno prossimo.

“La situazione che stiamo vivendo – sottolinea il presidente della Camera di Commercio dell’Emilia, Stefano Landi – è segnata ancora da molte incertezze, ma la solidità e la competitività del nostro sistema economico consentirà di chiudere il 2025 con un bilancio positivo, seppure con valori modesti, allineati a quelli delle previsioni regionali e nazionali”.

“Sulle nostre imprese – prosegue Landi – pesa la fase di stagnazione che investe le economie europee a noi più legate, vale a dire Germania e Francia, così come l’imposizione dei dazi statunitensi; un quadro che tocca soprattutto le grandi imprese, mentre le industrie che contano fino a 500 dipendenti avevano mostrato, già a giugno, un andamento positivo sia in termini di volume che di valore della produzione”.

“Ora – conclude Landi – è importante che si arrivi davvero a interventi che mitighino l’impatto dei dazi americani, che si proceda più robustamente sulla riduzione della tassazione sul lavoro e, soprattutto, che le tregue e i segnali di pace che finalmente registriamo a livello internazionale si consolidino, ripristinando migliori condizioni di vita per le popolazioni interessate dai conflitti e relazioni più serene anche sul piano commerciale”.

















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