Invertire lo sguardo, guardando al territorio “marginale” per scoprire che esso non è parte residuale, ma anzi il terreno decisivo per vincere le sfide dei prossimi decenni: non solo – guardando alle aree montuose – come potenziale rifugio climatico, ma pure per andare incontro a bisogni emergenti, come quelli di un’esperienza di vita che privilegi ritmi più lenti, una dimensione comunitaria, un senso che equipari la realizzazione personale a quella professionale.
Non c’è dubbio che negli ultimi anni si stia facendo sempre più strada l’idea che le zone interne, pur se colpite da decenni di progressivo spopolamento, possano rappresentare un ambiente favorevole alla realizzazione di nuovi progetti di vita, sia individuali che collettivi. Non si tratta solo di suggestione “romantica”. I dati del Rapporto Montagna 2025 di Uncem parlano infatti di territori che già oggi mostrano il loro potenziale attrattivo, e dell’esistenza di comunità resilienti che in essi trovano lo spazio da cui far partire nuove esperienze di vita, innovazione e sostenibilità, e l’Appennino bolognese, numeri alla mano, è prova di questa piccola ma tenace inversione di tendenza.
Se ne è discusso questa mattina a Monte San Pietro nella magnifica Abbazia della Badia, nell’incontro “Appennino bolognese. Una riflessione sul futuro a partire dal Rapporto Montagne Italia 2025”, che ha visto riuniti istituzioni, imprese, associazioni, sindacati in un momento di lavoro e di confronto sul futuro dell’Appennino.
Ad aprire i lavori, moderati da Valentina Cuppi, Sindaca di Marzabotto e delegata del Sindaco metropolitano alle politiche per l’Appennino bolognese, la Sindaca di Monte San Pietro Monica Cinti e il Sindaco metropolitano di Bologna Matteo Lepore. “In questi anni abbiamo compiuto un lungo “viaggio” per l’Appennino, cominciando dai temi del turismo per poi approdare alle politiche di sviluppo territoriale – ha detto Lepore. – La Città metropolitana di Bologna è composta di 55 Comuni e di un milione di abitanti, e la nostra scelta è stata, fin dal principio, quella di lavorare sulla coesione territoriale e su strategie politiche unitarie, ciò richiede uno sforzo non solo economico, ma pure culturale. È indubbio che esistano disuguaglianze che vanno risolte, a cominciare dal trasporto pubblico: gli investimenti sull’intermodalità che abbiamo scelto di perseguire ci consentono oggi di essere vicini alla realizzazione di un sistema integrato – tram, metrobus, servizio ferroviario metropolitano – che per anni è rimasto fermo. La direzione, oltre alla scelta, come Città metropolitana, di continuare a investire per potenziare la rete su gomma e su ferro, è quella di arrivare a un unico biglietto metropolitano di cui possano usufruire un milione di abitanti della Città metropolitana. Stiamo predisponendo un ufficio unico metropolitano della mobilità per la realizzazione del PUMS, e tra le Missioni della terza edizione del Piano Strategico Metropolitano c’è anche il tema delle aree interne, e del sempre più ampio coinvolgimento delle amministrazioni locali per condividere strategie future e l’ottima strada che abbiamo già intrapreso”.
Il Presidente Nazionale Uncem Marco Bussone ha voluto sottolineare il ruolo di modello delle politiche emiliano-romagnole per le aree interne: “Non è scontato avere da parte di un Sindaco metropolitano l’impegno, dichiarato e fattuale, di lavorare con l’intero territorio metropolitano. Il lavoro fatto negli ultimi anni ha creato, ad esempio con la costituzione delle Unioni dei Comuni, un tessuto istituzionale forte, organizzato, efficiente che non si è limitato ad agire in maniera razionale sulla spesa pubblica, ma che ha rivitalizzato le comunità, che hanno a loro volta percepito l’efficacia delle azioni politiche”. Parlando del dato del neo popolamento nelle aree interne italiane – con 100mila nuovi residenti – Bussone ha ricordato come Bologna abbia un saldo migratorio positivo del 6%, 5 volte maggiore rispetto alla media nazionale. “Chi arriva in montagna chiede opportunità, servizi, welfare: credo che il vostro territorio abbia non solo la piena consapevolezza di questi bisogni, ma pure gli strumenti e la volontà di soddisfarli”, ha concluso.
A proseguire gli interventi Davide Baruffi, Assessore alla Montagna e aree interne Regione Emilia-Romagna, Maurizio Fabbri, Presidente dell’Assemblea Legislativa Regionale Emilia-Romagna, l’economista territoriale Giampiero Lupatelli di CAIRE, coautore del primo capitolo del Rapporto, e Valentina Cuppi, Sindaca di Marzabotto e delegata del Sindaco metropolitano alle politiche per l’Appennino bolognese.
Dei 121 Comuni emiliano-romagnoli “interni”, tra montagna, collina e pianura orientale, estesi su una superficie che copre il 40 % del territorio regionale e con una popolazione di circa 461 mila persone, 23 sono nel territorio metropolitano – o meglio, metromontano – bolognese, suddivisi tra collina e montagna. Zone che nel quinquennio preso in considerazione dal rapporto (2019-2023) hanno visto un saldo migratorio positivo, con più di mille nuovi abitanti. Un primato su scala regionale che si conferma anche nella percentuale di abitazioni occupate: se infatti nei 121 Comuni presi in considerazione al Censimento 2021 risultavano oltre 200mila abitazioni non abitate da famiglie residenti, nel bolognese se ne registra la più bassa percentuale – 28,9% del totale – contro una media regionale di oltre il 50%. Anche per quanto riguarda il saldo tra nascite e decessi, le aree interne del bolognese sono tra quelle con il minor deficit naturale, con 45 nascite ogni 100 decessi. Significativi anche alcuni indicatori economici, come già esplicitato dal rapporto Unioncamere presentato lo scorso febbraio, con una crescita del numero degli addetti delle imprese, in linea con il dato metropolitano, e un significativo contributo delle imprese artigiane, maggiormente presenti in Appennino (37% circa del totale) rispetto agli altri territori (pianura 34%, Bologna città 24,1%).
D’altra parte non c’è dubbio, guardando ai territori emiliano-romagnoli, che la popolazione delle aree interne si sia notevolmente ridotta negli ultimi 70 anni, passando da 700mila abitanti del 1951 ai 420mila circa del 2021, con una riduzione del 5% negli ultimi 10 anni e una previsione ulteriore di calo dell’8,5% entro il 2043. Spopolamento che va di pari passo con un progressivo invecchiamento della popolazione: se nel 2024 si contavano 213 anziani ogni 100 bambini, il dato è destinato a salire, senza un’inversione di tendenza, a 324 entro il 2043, ciò che significa anche una progressiva uscita dal mercato del lavoro degli abitanti. Parallelamente diminuisce il numero di giovani e giovanissimi: circa 45mila le persone con meno di 15 anni (dato al 31 dicembre 2022) e circa 55mila tra i 15 e i 29 anni, contro a un ben più consistente gruppo di oltre 240mila abitanti over 64.
Ma accanto alla “corrente fredda” del dato statistico oggettivo sulla fragilità dei territori interni esiste una “corrente calda” animata da progettualità per il futuro, da azioni di rigenerazione e sviluppo che vanno dalla messa in sicurezza dei territori, prioritaria di fronte alle sfide rappresentate dagli eventi climatici estremi, alle misure volte a sostenere l’insediamento abitativo e/o imprenditoriale. In questa “corrente” si inseriscono anche le attività di BIS Appennino che sviluppa nel territorio montano le azioni di Bologna Innovation Square, la piattaforma dell’innovazione di Città metropolitana e Comune di Bologna, che ha l’obiettivo di sviluppare sinergie e progettualità condivise in grado di consolidare e rafforzare l’innovazione del sistema economico metropolitano. Bis Appennino supporta il rilancio dell’Appennino bolognese attraverso servizi che mirano a sostenere il lavoro, il vivere, il fare ricerca e fare impresa nel territorio appenninico che sono erogati attraverso tre sportelli: Vivere e lavorare in Appennino, Green per le imprese e Imprenditoria.
Lo Sportello Vivere e lavorare in Appennino, offre quotidianamente un servizio di promozione e supporto alla nuova residenzialità e allo sviluppo sostenibile nel territorio montano, sia con uno sportello fisico attualmente attivo nel Comune di Castiglione dei Pepoli e si trasferirà nella sede del Centro di Ricerche ENEA del Brasimone al termine dei lavori finanziati dal PUI Città della Conoscenza, sia attraverso incontri online o in presenza, come quelli che fino a fine novembre animeranno il ciclo di incontri “Vivere e lavorare in Appennino – L’Appennino è casa mia”. Nove appuntamenti, iniziati lo scorso 16 giugno e dislocati tra Bologna e i Comuni montani e collinari, rivolti a studenti, famiglie, professionisti e lavoratori intenzionati a trasferirsi in Appennino: tra momenti di dialogo e networking, tavole rotonde, formazione, workshop e visite sul territorio, gli incontri daranno una visione delle opportunità legate alla vita in Appennino, esplorando i temi legati al Vivere (servizi, welfare, casa), al Lavorare (talenti, imprese, opportunità, auto imprenditorialità), alla Cultura (ricerca artistica, rassegne culturali e rigenerazione di spazi) e al Benessere (turismo, benessere, ambiente e scoperta del territorio).
“Se è vero che le aree montane e interne hanno bisogno della città, è altrettanto indubbio che i territori metropolitani abbiano bisogno delle montagne e degli spazi rurali – afferma Valentina Cuppi – sia per le loro risorse naturali, preziose in un quadro di criticità ambientali e mutamento climatico, sia in termini di residenzialità e di promozione di modelli produttivi o ricettivi sostenibili. L’Appennino bolognese non è un margine da colmare, ma una parte vitale del nostro futuro, e servono nuove alleanze tra aree interne e centri urbani per costruire un modello di sviluppo condiviso. Il Rapporto Montagna 2025 ci consegna dati e strumenti per orientare le scelte politiche ed economiche dei prossimi anni, e il confronto di oggi è stato il primo passo di un percorso condiviso”.
Tra le priorità rientrano il recupero del patrimonio abitativo, il sostegno all’insediamento imprenditoriale ma anche il rafforzamento delle connessioni infrastrutturali – dai trasporti alla scuola alla sanità – e digitali, con la garanzia della connettività a banda ultra-larga.
Progettualità che necessitano di investimenti importanti, che attualmente però non sembrano all’orizzonte: il disegno di legge recante “Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane” approvato dalla Camera lo scorso 8 luglio non può contare su risorse aggiuntive rispetto a quelle del Fondo per lo sviluppo delle montagne, la cui dotazione annuale dovrebbe essere confermata senza ulteriori stanziamenti. Cifre che non paiono adeguate a rispondere alle esigenze di rilancio, cura e sostegno delle zone interne.