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Tartarughe “Caretta caretta”, tre i Centri di recupero lungo la costa emiliano-romagnola

Oltre 200 gli esemplari soccorsi ogni anno con un tasso di sopravvivenza superiore al 90%

Ogni anno sono circa 200 gli esemplari di tartaruga “Caretta caretta” feriti o debilitati che vengono soccorsi sulle nostre coste dai Centri di recupero emiliano-romagnoli. Oltre il 90% sopravvivono grazie alle cure e, una parte di questi, vengono tracciati con dispositivi GPS al fine di raccogliere informazioni utili alle strategie per la loro conservazione.

Oggi l’assessora regionale ai Parchi, Forestazione e biodiversità, Gessica Allegni, ha visitato alcuni dei Centri operativi lungo la costa dell’Emilia-Romagna. Un’importante occasione per approfondire da vicino il lavoro quotidiano svolto e poi le attività di cura e reintroduzione in mare.

E proprio per permettere questo lavoro, la Regione ha stanziato quest’anno 40mila euro a sostegno dei Centri attraverso l’Ente Parco del Delta del Po che nei prossimi giorni formalizzerà nuove convenzioni con i Centri stessi per contribuire alle spese di cura e mantenimento delle tartarughe, rafforzando una rete virtuosa di collaborazione tra istituzioni pubbliche e realtà territoriali.

I Centri di recupero sono impegnati quest’anno anche nella tutela di due nidi di tartarughe (600 in tutta Italia) – un evento raro alle nostre latitudini – a Riccione (Rn) e a Punta Marina (Ra), in particolare cercando di impedire che le uova vengano danneggiate, anche inavvertitamente, in modo da consentire una regolare schiusa.

Alla visita hanno preso parte anche Massimiliano Costa, direttore dell’Ente Parco Delta del Po; il capitano di Fregata Antonio Blanco, della Direzione marittima di Ravenna della Guardia Costiera; il luogotenente Massimo Russi, titolare dell’ufficio locale marittimo di Riccione; il tenente colonnello dei Carabinieri Francesco De Santis; l’assessora con deleghe alle Aree naturali, Parco del Delta del Po del Comune di Ravenna, Barbara Monti; la sindaca di Riccione Daniela Angelini ; Silvia Rubini e Martina Munari, dell’Istituto Zooprofilattico; insieme ai referenti dei  tre Centri di recupero operanti sul territorio: Sauro Pari (Fondazione Cetacea); Simone D’Acunto (CESTHA – Centro Sperimentale per la Tutela degli Habitat) e Andrea Ferrari, dell’Associazione Turtles of Adriatic Organization (T.A.O.).

“Questi Centri- ha dichiarato l’assessora Allegni- sono veri e propri presìdi di biodiversità lungo la nostra costa. La Regione sostiene con convinzione il loro impegno, un lavoro prezioso che unisce cura degli animali, ricerca scientifica, volontariato e sensibilizzazione ambientale. Investire nella tutela delle tartarughe marine significa proteggere un simbolo del nostro mare e promuovere una cultura ecologica che guarda al futuro. Mi auguro che tra qualche settimana si possa assistere alla nascita di nuove tartarughine lungo le spiagge emiliano-romagnole, nel pieno rispetto di questa specie, per rendere sempre più ricco il nostro mare”.

Ogni anno, circa 200 esemplari feriti o debilitati vengono soccorsi sulle coste emiliano-romagnole grazie alla collaborazione tra pescatori, Capitanerie di Porto e cittadini sensibili. Le cause più frequenti di difficoltà per le tartarughe includono collisioni con imbarcazioni, ingestione di plastica o ami, intrappolamento nelle reti da pesca e patologie di varia natura.

Il lavoro dei Centri di recupero

Gli esemplari recuperati vengono presi in carico nei Centri da team specializzati che ne seguono la degenza e la riabilitazione fino al momento del rilascio in mare. I tassi di sopravvivenza sono superiori al 90%, un risultato di assoluto rilievo che testimonia l’efficacia del lavoro svolto. Inoltre, attraverso l’uso di dispositivi GPS per il tracciamento post-rilascio, si raccolgono preziose informazioni sui comportamenti migratori della specie, fondamentali per strategie future di conservazione. I Centri sono impegnati anche a garantire la protezione delle uova, evitando danni involontari da parte dei turisti.

Parallelamente, un ruolo significativo è svolto dalla ricerca scientifica: l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Ferrara si occupa di studiare le cause dei decessi degli esemplari trovati già morti (circa un centinaio all’anno sulla costa emiliano-romagnola), contribuendo a individuare possibili azioni di mitigazione dell’impatto umano sull’ambiente marino.

Grande attenzione viene riservata anche alla sensibilizzazione delle cittadine e dei cittadini. I Centri di recupero svolgono un’intensa attività di educazione ambientale rivolta a studenti, volontari e visitatori, coinvolgendo ogni anno migliaia di persone.

















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