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De Pascale e Fabi riguardo alla rimodulazione del rapporto del sistema sanitario regionale con il privato accreditato

“Da parte della Regione Emilia-Romagna non c’è alcuna volontà di interrompere il corretto rapporto con la sanità privata, rapporto che rappresenta un modello a livello nazionale. Ma di fronte al palese sottofinanziamento nazionale al sistema sanitario, è necessario che tutti prendano consapevolezza della gravità della situazione e facciano la propria parte. Privato accreditato compreso”.

Così il presidente della Regione, Michele de Pascale, e l’assessore alla Sanità, Massimo Fabi, riguardo alla rimodulazione del rapporto del sistema sanitario regionale con il privato accreditato, tema al centro di un primo incontro lunedì scorso.

Due i temi affrontati. Il tetto dei rimborsi per prestazioni sanitarie in mobilità attiva, ovvero di cittadini di altre Regioni che vengono a curarsi in Emilia-Romagna, e l’acconto relativo alle spese durante il periodo del Covid.

Sul primo: proprio ieri in un incontro ieri al Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stato ribadito l’obbligo previsto dalla legislazione nazionale di fissare un tetto alle prestazioni rese dalle strutture del privato accreditato a pazienti residenti in altre regioni. Si tratta appunto dei rimborsi che le altre Regioni devono all’Emilia-Romagna per quelle prestazioni richieste dalle loro cittadine e dai loro cittadini che scelgono di venirsi a curare in strutture del privato accreditato emiliano-romagnolo. “Il ruolo ausiliario del privato accreditato non è in discussione, ma allo stesso tempo non possiamo permetterci- spiegano de Pascale e Fabi- di rimborsare al privato un euro in più di quanto previsto dalla normativa economico finanziaria, perché a rimetterci sarebbero i conti della nostra sanità, già costretta a far fronte ai tagli sistematici al Fondo nazionale. Quindi, come gesto di responsabilità verso gli utenti del servizio pubblico, abbiamo comunicato, fin da maggio, la nostra intenzione di non superare il tetto di rimborsi indicato dalla legge e richiesto come adempimento per la regolarità del bilancio regionale dal Governo”.

Riguardo alla delibera Covid, l’atto firmato nel 2020 prevedeva un prestito di 80 milioni di euro alle strutture sanitarie private per rimanere operative nonostante l’emergenza e fornire un aiuto decisivo nella fornitura di prestazioni, altrimenti forzatamente irrealizzabili a causa dell’emergenza che stava impegnando gli ospedali e la sanità pubblica in una sfida senza precedenti come quella del coronavirus. L’accordo prevedeva la restituzione dell’acconto in termini da concordare, senza oneri aggiuntivi. Nel 2024 una nuova delibera ha fissato il riconoscimento alle stesse strutture private dei costi legati al mantenimento in servizio del personale.

“Il confronto aperto con il privato prevede appunto di stabilire la reale spettanza di quei riconoscimenti per cui la delibera del 2024 non aveva previsto la necessaria copertura di spesa, diversamente da quanto sostenuto dal privato- sottolineano de Pascale e Fabi-. Inoltre, il prestito e l’eventuale riconoscimento dei costi non possono andare a compensazione, ma devono rappresentare due diverse voci. A questo proposito e in un’ottica di collaborazione, chiediamo di proseguire il tavolo per un’analisi più approfondita dei costi al fine di raggiungere un’intesa che rispecchi la realtà dei fatti e sia giuridicamente e contabilmente ineccepibile”.

“Mettere in sicurezza i conti del servizio sanitario regionale è la nostra priorità- concludono presidente e assessore- e anche per rispetto degli emiliano-romagnoli, ai quali è già stato chiesto un sacrificio con la rimodulazione di alcune leve fiscali legate ai ticket farmaceutici, non intendiamo arretrare di un centimetro. Da un lato continuando a chiedere al Governo un finanziamento adeguato alla sanità pubblica, dall’altro chiedendo a tutti di prendere consapevolezza della situazione e contribuire alla sua salvaguardia”.

















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