ROMA (ITALPRESS) – “Ho atteso un anno prima di presentare il testo della riforma per aprirmi al confronto con tutti e prioritariamente con le opposizioni. Ho rinunciato all’elezione diretta del capo dello Stato, prevista dal nostro programma, virando verso il premierato per andare incontro alla richiesta delle minoranze. Io ho fatto la mia parte, ma dialogo è contribuire alla costruzione di un progetto, non presentare 3.250 emendamenti ostruzionistici in Aula e 2.600 in Commissione. Uno schiaffo alla Costituzione. Saranno comunque gli italiani a decidere”. Così, in merito alla riforma del premierato, il ministro Elisabetta Casellati, in una intervista al Corriere della Sera.
“L’offesa non fa parte del mio stile – aggiunge il ministro delle Riforme di FI, in merito allo scontro in Aula con il capogruppo di Iv, Borghi -. La dialettica politica non può mai far venir meno il rispetto personale e istituzionale, che invece in più occasioni ha fatto mancare nei miei confronti il senatore Borghi. Le plurime contestazioni riguardavano, per i senatori a vita, il termine ‘eliminarè che ho usato nel mio intervento. Con il gesto della mano ho accompagnato la frase ‘eliminazione dell’istitutò e non altro. Attendo il riscontro del video, della lettura del labiale insieme alle scuse”. E facendo riferimento alla sinistra, che oggi manifesterà per la Repubblica e contro il premierato., commenta: “Alla faccia del dialogo. Manifestare in una giornata simbolo di un’Italia unita nei valori della libertà e della democrazia fa orrore. Il 2 giugno del 1946 i giornali, con la scelta della Repubblica, titolavano sul diritto sovrano del popolo a decidere dei propri destini. Dopo 76 anni dalla Costituzione non si può accettare l’idea che gli elettori non siano maturi per scegliere non solo i loro rappresentanti, ma anche chi li governerà. Con la riforma il Parlamento resterà centrale perchè manterrà il potere più rilevante che è quello di dare e revocare la fiducia al premier e quindi di ‘fare e disfarè il governo. Come osserva il professor Barbera, attuale presidente della Corte costituzionale: ‘L’elezione diretta del premier è quella più in armonia con i poteri del Parlamentò. Non c’è quindi alcun pericolo di deriva autoritaria, di lacerazione del tessuto costituzionale, di rottura dell’ordine repubblicano. Chi evoca ancora il ritorno al fascismo, mi ricorda l’ultimo soldato giapponese che combatteva nelle Filippine non sapendo che la guerra era finita”.
Poi sui poteri per il Capo dello Stato e se avrà un ruolo politico affievolito, non potendo più sciogliere le Camere: “Nessun affievolimento – spiega – perchè il presidente della Repubblica non ha alcun potere politico. E’ super partes come garante dell’unità nazionale e dei valori costituzionali. Le sue prerogative non sono state toccate. Il presidente del Consiglio ha invece poteri di indirizzo politico. La riforma limita le occasioni in cui il Capo dello Stato era costretto a dilatare la ‘fisarmonicà dei suoi poteri per supplire all’incapacità della politica. Per questo la riforma introduce una articolata regolamentazione di tutte le crisi di governo definendo le soluzioni possibili. Spetta ai partiti assumersi la responsabilità di fronteggiare le tensioni per porre il capo dello Stato al riparo dalle contingenze dell’agone politico”. E sulla nomina dei senatori a vita: “Nessuno contesta il prestigio che personalità autorevoli hanno dato al Senato – sottolinea -. L’abrogazione di questo istituto ha due ragioni: la prima dipende dalla volontà di costruire il più possibile su base elettiva tutti gli organi di rappresentanza; concetto sostenuto con forza dalle sinistre in Assemblea costituente. La seconda ragione è dovuta al taglio dei parlamentari per cui la presenza dei senatori a vita potrebbe determinare uno squilibrio tra maggioranza e opposizione, come è già successo in passato”.
“Potremo disegnare la nuova legge elettorale solo dopo il passaggio del testo dal Senato alla Camera, quando avremo l’ossatura della riforma – aggiunge -. Parlare oggi di ballottaggio o di ogni altra ipotesi è prematuro”. “Il premierato – tiene a precisare – è una riforma per l’Italia, non per il centrodestra. Garantisce stabilità, capacità per le famiglie e per le imprese di programmare il loro futuro, serve ad attrarre investimenti, dà credibilità a livello internazionale. Se da 40 anni, da destra e da sinistra, si cerca di cambiare la forma di governo, vuol dire che il modello attuale non ha funzionato. ‘O la va o la spaccà dà la dimensione dell’importanza che la Meloni attribuisce al premierato non per sè stessa, ma per il bene degli italiani”. “La volontà riformatrice di un governo non si può fermare di fronte alle crociate ideologiche – aggiunge -. Nel 2022 il centrodestra ha vinto con un programma chiaro. Condividere le riforme sarebbe importante, ma finora dall’opposizione abbiamo registrato solo ‘no a prescinderè. Se l’alternativa è stare fermi e vivacchiare, allora è meglio andare avanti da soli”.
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