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Custodia cautelare in carcere di un noto imprenditore mirandolese

Sabato scorso la Guardia di Finanza di Modena ha dato esecuzione ad una ordinanza emessa dal Tribunale collegiale di Modena che ha previsto l’aggravamento della misura cautelare – da arresti domiciliari a custodia cautelare in carcere – cui è sottoposto un noto imprenditore mirandolese, operante nel settore della somministrazione di manodopera, già condannato il 10 aprile scorso in primo grado (sentenza non ancora definitiva) per i delitti di indebite compensazioni di crediti inesistenti, omesso versamento I.V.A. e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposta di cui al D. Lgs. 74/2000, nonché di autoriciclaggio e falso in bilancio.

L’aggravamento è stato disposto a seguito della valutazione delle prove acquisite nell’ambito di un’articolata attività investigativa coordinata da questa Procura e condotta dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Modena, riferite al fatto che l’imprenditore, nonostante dal mese di dicembre 2023 fosse nuovamente sottoposto a misura cautelare personale, continuava, mediante l’indicazione nei bilanci di società a lui riconducibili e non realmente operative, di voci contabili per importi miliardari (in euro), a generare – anche sfruttando indebitamente alcune agevolazioni fiscali riconosciute dal Governo nel periodo della pandemia da Covid-19 – milioni di crediti di imposta inesistenti, che sono stati in parte utilizzati.

La reiterazione di condotte che configurano il reato di indebite compensazioni di cui all’art. 10-quater del D. Lgs. 74/2000, il trasferimento all’estero e la successiva movimentazione delle somme di denaro derivanti dai reati tributari nonché l’accertata sistematica violazione del divieto di comunicazione cui l’imprenditore era tenuto durante gli arresti domiciliari hanno determinato il Tribunale, su richiesta di questa Procura, a disporre l’aggravamento cautelare, attesa la necessità di porre fine a condotte criminose che immettono nel tessuto economico crediti di imposta inesistenti attraverso operazioni “tossiche”, che danneggiano gravemente l’interesse erariale ed alterano i principi della leale concorrenza.
















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