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Analisi di Confcommercio: sempre meno commercio a Modena, aumenta la ristorazione e turismo arranca

La città di Modena, negli ultimi 9 anni, ha perso 261 attività commerciali, ha guadagnato 139 tra bar e ristoranti, e 27 attività ricettive, che però, nella grandissima parte dei casi, erano già attive e sono semplicemente uscite da una situazione di sommerso: è quanto emerge da una indagine dell’ufficio studi di Confcommercio su dati del Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne.

Andando nel dettaglio dei numeri: il commercio al dettaglio è calato, nel periodo 2012-2021, di 261 unità passando da 1738 a 1477 imprese, con una perdita consistente avvenuta in centro storico con 127 serrande abbassate.

Il tracollo più imponente c’è stato negli esercizi specializzati (abbigliamento, mobili, giocattoli, libri, calzature) e nel commercio ambulante, con un calo rispettivamente di 132 e 52 imprese imprese, compensato solo in parte dall’aumento di farmacie (+20), negozi di telefonia, computer e infotainment domestico.

Migliore l’andamento di bar e ristoranti che sono passati da 859 nel 2012 a 898 nel 2021: 39 imprese in più concentrate soprattutto in centro storico (+32).

Discorso a parte merita il comparto della ricettività, alle prese con una crisi gravissima: l’occupazione negli ultimi due anni è crollata, non pochi alberghi sono rimasti chiusi per diversi periodi ed ora è arrivato pure il salasso della bolletta economica. I numeri del settore fotografati dall’indagine – le imprese sono passate da 53 a 80 – non devono ingannare: non siamo di fronte a nuove imprese, ma ad attività di piccolissima taglia (b&b e room&breakfast), come quelle affiliate al circuito Airbnb, che sono dovute emergere imprenditorialmente e fiscalmente per poter continuare a lavorare.

“Per ciò che riguarda il commercio, Modena – sottolinea Riccardo Pisani, presidente Confcommercio città di Modena – è in linea con l’andamento nazionale: la riduzione dei consumi, sotti il livello del 1999, ha colpito duro facendo scomparire in nove anni quasi 85mila negozi fisici, di cui oltre 4.500 spariti durante la pandemia che ha visto l’ulteriore consolidamento del canale delle vendite on line da parte dei giganti del web”.

Anche per Modena è poi il caso di fare una distinzione degli esercizi commerciali tra centro storico e periferia: nel centro storico la chiusura degli esercizi commerciali rappresenta una chiusura definitiva di punti vendita, mentre in periferia si assiste al fenomeno dei cosiddetti “accorpamenti” tra più unità e relative superfici, che in centro storico è spesso tecnicamente impossibile.

“Diversa la fotografia per il settore della ristorazione – sottolinea Pisani – che, complice il trend inarrestabile in atto da oltre 10 anni di aumento dei consumi alimentari extradomestici e il buon andamento dei flussi turistici, continua a guadagnare spazio, in particolare nel centro storico”.

“Su ristorazione ed in particolare attività turistiche, che ora vivono una fase di gravissima difficoltà, crediamo vadano concentrati tutti gli sforzi anche locali, a partire dal taglio della Tari come ha fatto Bologna, per aiutare le imprese a riprendere il proprio cammino di crescita; diverso il discorso sul commercio, per il quale vanno colte le opportunità del nuovo Piano regolatore e del PNRR per definire strategie condivise utili a contrastare i fenomeni di desertificazione commerciale in atto in diverse parti della città, valorizzando il tessuto economico in tutte le sue forme e funzioni, incluse quelle di sostenibilità, di qualità urbana e coesione sociale”.

 

















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