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L’impatto della pandemia da SARS-CoV-2 sugli operatori dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, lo studio

Sovrappeso, obesità e malattie respiratorie croniche, ma anche ruolo lavorativo, con prevalenza per infermieri e Oss, e turni di lavoro notturni. Sono questi i fattori di maggiore rischio emersi dallo studio condotto dal Servizio di Sorveglianza Sanitaria dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena tra marzo 2020 e gennaio 2021 sui quasi 6ooo lavoratori dell’azienda. Di questi, 765 sono risultati positivi ad almeno un tampone nel corso dei primi 11 mesi della pandemia. Ciò significa che il 13% degli operatori è stato infettato da SARS-CoV-2.

Lo studio, dal titolo “Factors Associated with SARS-CoV-2 Infection Risk among Healthcare Workers of an Italian University Hospital”, è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Healthcare (open access, citata sui principali database, Impact Factor 2.6) ed è frutto della collaborazione tra la Sorveglianza Sanitaria dell’AOU di Modena, la Cattedra di Medicina del Lavoro e la Cattedra di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

“Questo lavoro – spiega la dottoressa Loretta Casolari, responsabile della Sorveglianza Sanitaria e Promozione della salute dei lavoratori dell’AOU di Modena -, che analizza in modo retrospettivo i dati raccolti nell’ambito delle nostre attività, ci dà un’idea di quanto la pandemia abbia colpito direttamente i nostri operatori, che quotidianamente lottano contro il virus”.

Prosegue la dottoressa Casolari: “Durante gli undici mesi di osservazione, 765 lavoratori sono risultati positivi ad almeno un tampone: vale a dire, il 13% degli operatori dell’AOU di Modena è stato infettato da SARS-CoV-2 dal 1° marzo 2020 al 31 gennaio 2021. Il tasso di infezione sale a 13,8% se si considera solo il personale sanitario. Per fare un confronto, in tutta Italia sono stati diagnosticati circa 145.000 casi di Covid-19 tra gli operatori sanitari, su una popolazione di 1,3 milioni (dati Eurostat) ossia circa l’11%. Questa leggera differenza può essere spiegata considerando che, soprattutto durante le prime fasi della pandemia, la regione Emilia‐Romagna – così come il resto del Nord Italia – è stata una delle aree più colpite dal Covid-19. Nello stesso periodo, l’incidenza cumulativa nella popolazione generale della provincia di Modena è stata del 5,4%”.

Nello studio è stata ricercata una possibile associazione tra diverse varabili, sia individuali sia lavorative, con il rischio di contrarre il SARS-CoV-2. Tra i fattori considerati spiccano il sesso e l’età, l’indice di massa corporea (BMI), il fumo di sigaretta, la presenza di malattie croniche, e anche il ruolo lavorativo e il lavoro notturno.

“Dall’analisi è emerso che un aumento dell’indice di massa corporea è un fattore di rischio per ammalarsi di COVID-19”, precisa la dottoressa Casolari. “Le persone in sovrappeso e obese si ammalano di più di Covid rispetto ai colleghi normopeso. Anche le malattie respiratorie croniche, tra cui l’asma, sono risultate un fattore di rischio significativo. Come ci si attende, il SARS-CoV-2 ha colpito maggiormente gli operatori sanitari rispetto ai non sanitari. Tra i sanitari, ad ammalarsi di più sono stati infermieri e OSS, seguiti dai medici. In particolare, il rischio di COVID-19 è stato più che triplo negli infermieri e negli OSS rispetto ai non operatori sanitari, e circa doppio nei medici. È interessante notare che è stata osservata un’associazione tra rischio di infezione e turni di lavoro notturni, significativamente correlata al numero totale di turni nell’intero periodo di undici mesi”.

Della Vecchia, Glieca, Borghi, Rossi

Modenese, A.; Casolari, L.; Rossi, G.; Della Vecchia, E.; Glieca, F.; D’Elia, C.; Garavini, D.; Righi, E.; Mariani, S.; Venturelli, L.; Vivoli, D.; Gobba, F. Factors Associated with SARS-CoV-2 Infection Risk among Healthcare Workers of an Italian University Hospital. Healthcare 2021, 9, 1495. https://doi.org/10.3390/healthcare9111495

















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