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Violenza sulle donne, il Centro Ldv di Modena compie 10 anni: oltre 400 uomini seguiti dalla nascita del servizio

Sono oltre 400 gli uomini seguiti dal Centro ‘Liberiamoci dalla violenza’ (LDV) di Modena nei suoi primi dieci anni di vita. Questa mattina – presso il Consultorio di via don Minzoni a Modena dove ha la sua sede – si è tenuto un incontro di approfondimento in occasione del decennio di attività del Centro. Un’occasione per fare il punto e ridirsi con forza l’impegno preso: “liberiamoci dalla violenza” in ogni sua forma. All’indispensabile intervento sulle donne, che ne sono vittima e che vanno accolte, sostenute, tutelate, occorre infatti intervenire anche sull’autore della violenza, per generare un cambiamento culturale che contribuisca all’eliminazione di ogni atto aggressivo.

All’incontro hanno preso parte la direttrice sanitaria Ausl Silvana Borsari, la coordinatrice di LDV Monica Dotti con gli psicologi del Centro, i referenti dei servizi di Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Consultorio, Psicologica Clinica e Medicina Legale, una rete di servizi che l’Azienda USL di Modena ha istituito negli anni per contrastare il fenomeno della violenza in tutte le sue sfaccettature. Accanto a loro il Prefetto di Modena Alessandra Camporota, per la Questura di Modena la dott.ssa Laura Amato Dirigente della Divisione Anticrimine, il S. Ten. Francesca Tilocca Comandante della Sezione Radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Modena e l’Assessore alle pari opportunità del Comune di Modena Grazia Baracchi in rappresentanza della Conferenza territoriale sociale e sanitaria modenese. Una rete, quella nella nostra provincia, che vede nell’instancabile lavoro dei Centri antiviolenza su tutto il territorio un importante punto di accesso per molte donne e che si allarga anche grazie ai servizi messi in campo dal sistema sanitario il cui impegno negli anni si è ampliato e si è fatto conoscere anche al di fuori dei confini provinciali.

“Dieci anni fa abbiamo lanciato una sfida riguardo la violenza contro le donne – ha ricordato Monica Dotti –: siamo partiti da un convegno, dal titolo ‘Anche gli uomini possono cambiare’, una sfida che è diventata una realtà consolidata, riconosciuta a livello regionale e nazionale come primo centro gestito da un’istituzione pubblica. Abbiamo aiutato ad avviare diversi centri LDV negli altri capoluoghi di provincia in Regione. Possiamo dire che ora gli uomini non hanno più alibi, se vogliono essere diversi, anche se sappiamo che ci vuole impegno, coraggio, costanza. Gli uomini possono cambiare: dietro ogni uomo che consolida l’abbandono della violenza nella sua vita ci sono una donna e dei bambini che sono più sereni, e questo per noi è lavorare per la salute di tutti, promuovere il benessere di tutta la comunità”.

Il Centro LDV ha iniziato la sua attività il 2 dicembre 2011 presso il Consultorio Familiare in viale Don Minzoni 121 a Modena. È gestito direttamente dall’U.O. Consultori Familiari in integrazione con il Servizio di Psicologia dell’Azienda USL di Modena. In questi anni 428 uomini hanno avuto accesso al Centro LDV e 51 sono quelli attualmente in trattamento.

Dal 2016 il servizio aderisce alla Rete Europea che raccoglie i Centri che lavorano con gli autori di violenza per promuovere le migliori pratiche d’intervento risultate efficaci e orientate al miglioramento della sicurezza delle donne e dei figli in una prospettiva di lavoro integrato con le risposte offerte dalla comunità territoriale. La collaborazione con la Rete Europea è stata, in particolare, molto proficua nel corso della pandemia da Covid, per poter strutturare un’attività efficace in grado di continuare a pianificare e a garantire il lavoro con gli autori di violenza anche nel periodo del lockdown.

“Sono stati dieci anni ricchi di stimoli, sfide e riflessioni su come sia possibile lavorare sempre meglio per il contrasto alla violenza contro le donne – conclude Alessandro De Rosa, psicologo-psicoterapeuta di LDV –. Se si vuole dare una risposta più efficace al problema della violenza contro le donne occorre infatti affiancare all’indispensabile sostegno ed aiuto alle vittime il lavoro sugli autori. La rete dei servizi comprende adesso anche centri come il nostro che lavorano con chi agisce i comportamenti violenti.

Abbiamo visto in questi dieci anni che gli uomini possono cambiare se si offre loro la possibilità. Sappiamo certamente che il percorso di cambiamento raggiunge pochi uomini ma è anche un modo per inviare un messaggio importante di responsabilizzazione agli uomini. Siamo infatti noi uomini che dobbiamo indignarci e condannare non solo le forme estreme di violenza ma tutti quei comportamenti che rappresentano le premesse di un più ampio fenomeno che va interrogato. C’è ancora molto lavoro da fare se un uomo dopo avere toccato il sedere ad una donna si giustifica dicendo che è una goliardata, come da avvenimenti degli ultimi giorni. Questo è un gesto violento e come tale va considerato. Sono questi comportamenti che confermano che il problema della violenza contro le donne è complesso e profondo e richiede un lavoro di rete tra tutti i servizi del territorio”. 

L’impegno dell’Ausl infatti, non si è concentrato solo sulla presa in carico degli uomini che riconoscono le loro problematiche comportamentali, ma anche nel sostenere le donne sia dal punto di vista medico che psicologico.

 

La Medicina Legale

“Partecipo con piacere a questo momento – afferma Sabino Pelosi, direttore della Struttura complessa di Medicina Legale Ausl – per ricordare che Monica Dotti è stata la prima ad aver intuito che l’analisi del fenomeno andava indirizzata verso l’autore del reato e non solo alla sua vittima, come era stato sino a quel momento. Abbiamo avuto il piacere di condividere con lei un percorso di formazione, via via aggiornato, rivolto sia agli operatori sanitari per renderli maggiormente preparati a cogliere tempestivamente i segni della violenza sia ai cittadini per favorire quel cambiamento culturale di cui oggi, ancor più di ieri, si sente grande necessità”.

 

I servizi di Pronto soccorso

“Sono stati 336 gli accessi nei Pronto soccorso dell’Ausl di Modena nella nostra provincia – dichiara Chiara Pesci, direttrice del PS di Carpi intervenuta a nome del Dipartimento interaziendale di Emergenza-Urgenza – si tratta di situazioni che gli operatori ormai sono in grado di identificare precocemente cogliendo i segnali: le caratteristiche delle ferite, il fatto che la donna torni spesso in PS, trovi scuse non plausibili rispetto ai traumi che presenta. Per questo è importante la formazione degli operatori. Alle donne dico di non aver paura di chiedere aiuto quando arrivano in PS o in un altro dei nodi della rete pensata per loro, che è composta di molti attori, tutti fondamentali per evitare il ripetersi della violenza”.

Nel 2020 gli accessi nei Pronto Soccorso e i Punti di primo intervento nella provincia di Modena della rete Ausl per violenza sulle donne sono stati complessivamente 336. A Carpi sono stati 116 gli accessi (114 al Pronto Soccorso e 2 al Pronto Soccorso Ostetrico Ginecologico), a Vignola 79 accessi e Mirandola 77 (75 al Ps e 2 al Ps Ostetrico Ginecologico). A Pavullo le donne prese in carico dal Pronto Soccorso sono state 27, 19 gli accessi ai Punti di primo intervento, sia a Castelfranco Emilia che a Finale Emilia. Le donne appartengono a ceti sociali ed etnie diverse. Si identificano tutti come codici di gravità bassa o media (verdi o gialli), in un solo caso è stato attribuito un codice di gravità alta.

 

Consultori e supporto psicologico

“Il ruolo dei Consultori, e non è un caso se oggi ci troviamo qui, è importante perché sono una porta di accesso della donna in molte situazioni della vita – precisa Stefania Travagli, direttrice dei Consultori della rete Ausl –. Il lavoro consultoriale si caratterizza per accoglienza, capacità di counselling, atteggiamento non giudicante e per la possibilità di interfacciarsi con tutti gli operatori della rete socio-sanitaria territoriale. Tra le attività dedicate alle donne che hanno subito violenza vorrei citare in particolare lo screening della violenza domestica in gravidanza, un semplice questionario che viene oggi sottoposto a tutte le future mamme perché gli studi mostrano che in questo periodo della vita femminile la violenza può acuirsi o manifestarsi per la prima volta, con gravi conseguenze acute e croniche sia sulla salute materna che su quella del nascituro che nella successiva vita dei figli”.

Lo screening ha consentito di individuare situazioni di rischio immediato per la donna gravida e gli eventuali precedenti figli oppure situazioni con rischio meno evidente ma cronicizzato ove è necessario dare un supporto differenziato, in base alla rete presente intorno alla donna stessa e a ciò che lei desidera e accetta.

“Il supporto psicologico a chi ha subito violenza è fondamentale – afferma Giorgia Pifferi, direttrice della Psicologia clinica Ausl – e si inserisce nei percorsi di uscita dalla violenza previsti dai protocolli provinciali e distrettuali. All’interno dei Consultori lo psicologo (che si interfaccia e si coordina sempre con gli altri operatori della rete) lavora sulle conseguenze esistenziali e sintomatologiche della violenza subita, ma anche sulla consapevolezza e sull’attivazione delle risorse, con l’obiettivo di aiutare le donne ad essere più autonome e competenti e progettare un percorso di uscita dalla violenza. Un significativo lavoro è svolto anche dai professionisti dello Spazio Giovani con attività di prevenzione nelle scuole che prevedono una metodologia attiva, capace di lavorare sugli stereotipi di genere e sulla definizione dei confini nelle relazioni, per la costruzione di relazioni non discriminatorie tra ragazzi e ragazze e sulla prevenzione dei contrasti”.

Nell’anno 2020 il Consultorio Familiare ha effettuato almeno 2424 screening completi per la violenza e 4039 includendo anche screening incompleti. Queste donne, che non hanno mostrato positività allo screening se non in un numero limitato di casi, hanno età differenti e appartengono a ceti sociali ed etnie diverse, con diversi livelli di scolarizzazione, a dimostrazione della trasversalità del fenomeno, confermata anche nelle 116 donne intercettate attraverso il servizio di psicologia del Consultorio Familiare e degli Spazi Giovani.

















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