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Indagine Lapam sul settore moda, i numeri evidenziano una crisi pesante e qualche sorpresa

Il fatturato nel primo semestre 2020 è a picco (-25%), l’80% dei lavoratori ha usufruito della cassa integrazione, gli ordinativi sono calati fino al 50%. Ma un’azienda su tre si è riconvertita, ad esempio producendo mascherine, e altre hanno acquisito nuovi clienti.

“La crisi è pesante, inutile negarlo, e il comparto sta pagando un prezzo durissimo alla pandemia. Possiamo dire però che la crisi è anche cambiamento – sottolinea Roberto Guaitoli, presidente Lapam Moda -. Per sopravvivere è necessario trasformarci e cercare nuovi sbocchi come hanno fatto le imprese che hanno iniziato a produrre e vendere mascherine e hanno cominciato a lavorare per il biomedicale con camici e altri prodotti specifici…”.

Sono queste alcune evidenze di un sondaggio e un’indagine Lapam Confartigianato sul nostro territorio per il comparto moda. Al sondaggio, i cui dati sono stati elaborati dall’Ufficio Studi Lapam, hanno partecipato soprattutto micro e piccole imprese che lavorano per conto terzi rispetto a chi lavora in conto proprio o con una formula mista.

La cassa integrazione è stata utilizzata dal 74,5% delle imprese nel periodo gennaio-ottobre, con il picco di aprile (con l’80% dei dipendenti e il 60% delle ore lavorate). A fronte di questo dato un numero non residuale di imprese (una su quattro di quelle che hanno risposto al sondaggio) non ha chiuso in agosto come da prassi, proprio per recuperare lavoro.

Gli ordinativi sono calati fino al 50%, mentre il fatturato in media è sceso di un quarto, il 25% e diversi hanno avuto ritardi nei tempi di pagamento.

Eppure, in questa situazione a tinte fosche, ci sono anche dati che fanno sperare. Le aziende hanno implementato o strutturato ex novo strumenti digitali di vendita, che hanno portato anche all’acquisizione di nuovi clienti e comunque di sviluppare nuovi sbocchi di mercato sia in Italia che all’estero. Inoltre una impresa su tre tra quelle che hanno risposto al sondaggio ha riconvertito la produzione per produrre mascherine e altri dispositivi di protezione individuale.

Riprende Guaitoli: “E’ necessario anche ribadire che il tema della sostenibilità va perseguito, come possibilità di sviluppo per il comparto moda qui sul nostro territorio. Se il fast fashion viene percepito come poco sostenibile abbiamo la possibilità di inserirci nel mercato attraverso la produzione di capi più duraturi e sostenibili, anche come contoterzisti in favore di brand che, oggi, investono sempre più su questo tema”.

















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