L’Università di Bologna rinnova il suo coinvolgimento all’interno del vasto progetto AIDA (Asteroid Impact and Deflection Assessment), ideato da NASA ed ESA per testare la possibilità di deviare la traiettoria di un asteroide ed essere così pronti nel caso in cui un oggetto celeste si trovi un giorno in rotta di collisione con la Terra. I ricercatori dell’Alma Mater – che già partecipano alla prima missione prevista, DART – avranno anche la responsabilità dell’esperimento di radio scienza all’interno della seconda sonda, Hera, che sarà lanciata dall’ESA nel 2024.
Il progetto prenderà infatti il via nel luglio del prossimo anno con il lancio della sonda americana DART (Double Asteroid Redirection Test). Quattordici mesi più tardi, nel settembre del 2022, DART raggiungerà e colpirà Dimorphos, il più piccolo dei due corpi che compongono l’asteroide binario Didymos, deviandone la traiettoria. Unico testimone dell’evento sarà LICIACube, un nanosatellite dell’Agenzia Spaziale Italiana che verrà rilasciato da DART qualche giorno prima dell’impatto e la cui traiettoria sarà determinata grazie alle competenze dei ricercatori dell’Alma Mater.
Ma gli studiosi dell’Università di Bologna torneranno in scena anche per la missione della seconda sonda – chiamata Hera – che sarà lanciata dall’ESA nell’ottobre del 2024. Dopo aver raggiunto Didymos nel dicembre del 2026, Hera effettuerà la completa caratterizzazione dell’asteroide, analizzando in particolare il cratere generato dall’impatto della sonda DART.
“Hera rappresenta la controparte analitica della missione DART”, spiega Paolo Tortora, docente responsabile dei due laboratori di ricerca dell’Alma Mater coinvolti. “Il nostro esperimento è l’unico che fa uso di tutti e tre gli elementi della missione, la sonda madre Hera e i due CubeSat, Juventas e Milani”.
A bordo di Hera viaggeranno infatti anche due piccoli CubeSat che, una volta rilasciati dalla sonda madre, potranno sorvolare da vicino la superficie dell’asteroide. All’interno di questa missione, i ricercatori dell’Alma Mater hanno la responsabilità dell’esperimento di radio scienza, con il quale saranno misurate la massa e i campi di gravità dei due corpi che costituiscono l’asteroide binario Didymos e l’intera dinamica del sistema.
“L’esperimento di radio scienza di Hera fa uso non solo del collegamento radio fra la sonda madre e le grandi antenne della rete di stazioni di terra dell’ESA, ma anche, per la prima volta, di un innovativo sistema di ricetrasmissione fra i diversi satelliti, in particolare fra Hera ed i due CubeSat”, afferma Marco Zannoni, ricercatore e responsabile dell’analisi dei dati che verranno acquisiti per diversi mesi a partire dalla fine del 2026. “La straordinaria accuratezza delle misure di velocità relativa fra i diversi satelliti – circa 50 micron al secondo su tempi scala di un minuto – consentiranno di stimare la massa e il campo di gravità di Didymos e Dimorphos con altissima precisione”.
“Conoscere molto bene la massa di Dimorphos, la piccola luna del sistema binario Didymos consentirà di valutare l’efficacia dell’impatto di DART, fornendo alla comunità scientifica dati fondamentali per la completa comprensione del fenomeno e dei suoi effetti meccanici”, aggiunge Tortora.
Milani, uno dei due nanosatelliti di Hera nasce grazie all’importante investimento dell’Agenzia Spaziale Italiana, ed è stato intitolato ad Andrea Milani, professore di Meccanica Orbitale all’Università di Pisa recentemente scomparso. Milani, scienziato di fama internazionale, è stato pioniere nel campo della ricerca di asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra, e fu ideatore della missione dell’ESA Don Quijote, la cui eredità viene oggi raccolta da Hera. La stessa Università di Pisa è coinvolta nell’esperimento di radio scienza con il gruppo di ricerca guidato da Giacomo Tommei, che ha preso il testimone da Milani.
“I dati della missione Hera consentiranno alla comunità scientifica che si occupa di difesa planetaria di ‘scalare’ l’impatto di DART, così da poter valutare l’efficacia di questo metodo di deviazione su una casistica di potenziali corpi pericolosi, al variare della loro massa, della loro composizione e dell’energia imposta all’impatto”, dice ancora Tortora. “La difesa del nostro pianeta da potenziali impatti devastanti è un tema fondamentale e proprio per questo i risultati complementari di una missione congiunta NASA ed ESA saranno di beneficio per tutti, a livello mondiale”.
L’Università di Bologna è coinvolta nella missione Hera con il Laboratorio di Radio Scienza ed Esplorazione Planetaria e con il Laboratorio di Microsatelliti e Microsistemi Spaziali, che svolgono le proprie attività presso il Tecnopolo di Forlì, dove operano ricercatori del CIRI Aerospaziale e del Dipartimento di Ingegneria Industriale.
(immagine: Hera scans Didymoon – Courtesy of European Space Agency)