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Online Edmondo Berselli “Quel gran genio del mio amico”

Cosa avrebbe saputo scrivere Edmondo Berselli della società e della politica italiana in questi giorni di pandemia? Chi ci ha lavorato insieme, chi trovava in lui un punto di riferimento mai banale, chi lo ha solo seguito da lettore, non può fare a meno di chiederselo anche oggi, a dieci anni dalla sua morte.

Il Comune di Modena e l’associazione “Amici di Edmondo Berselli” guidata dalla moglie Marzia, in collaborazione con la casa editrice civica digitale “Il Dondolo” diretta da Beppe Cottafavi, hanno deciso, anche nei tempi del #iorestoacasa, di proporre online una tavola rotonda e una serie di letture berselliane sui social media. Non si rinuncia quindi alle iniziative collegate all’anniversario, raccolte già dal 2011 sotto il titolo “Quel gran genio del mio amico”,. Resta l’obiettivo di organizzare altre attività pubbliche nel segno di Edmondo Berselli, quando sarà possibile.

“Come ogni anno – afferma il sindaco Gian Carlo Muzzarelli – da quando ci è venuta a mancare la sua acutezza brillante e il suo sguardo originale, cerchiamo di evitare le intenzioni commemorative e celebrative, convinti che a lui sarebbe piaciuto così. È la prima regola che guida, ancora una volta, l’organizzazione degli appuntamenti”.

Così, sabato 11 aprile tutto si svolgerà in diretta online sul profilo Facebook del Comune (“Città di Modena”) e del Dondolo. Alle 18 prenderà il via la tavola rotonda in videoconferenza “Cabaret Italia. Italiani e post-italiani: il meglio del giornalismo di Edmondo Berselli” (lo stesso titolo del libro con cinque inediti appena pubblicato da Mondadori, Repubblica e L’Espresso) nel decimo anniversario della sua scomparsa. Parteciperanno: Marzia Barbieri Berselli; Andrea Bortolamasi, assessore alla Cultura del Comune di Modena; Alberto Bertoni, italianista dell’Università di Bologna e poeta; Beppe Cottafavi, editor (anche di Edmondo) e semiologo; Tommaso Labate, giornalista del “Corriere della sera”; Alberto Melloni, storico dell’Università di Modena e Reggio Emilia e editorialista di “Repubblica”; Wainer Vaccari, artista (che ha ritratto Edmondo).

A seguire, sempre sabato 11 aprile alle 19 sulla pagina Facebook “Città di Modena”, iniziano letture di testi berselliani pubblicati dal “Dondolo” da parte degli attori della Compagnia permanente di Emilia Romagna Teatro Fondazione. Nella prima puntata di un ciclo intitolato “Modena racconta” sarà Simone Francia a leggere due scritti di Berselli: “Autobiografia” e “Le armi del comunismo”. In due puntate successive, mercoledì 15 aprile Diana Manea leggerà “I poveri” e “L’imprendibile De André”, mentre sabato 18 aprile Michele Dell’Utri leggerà “James Bond a Campogalliano” e “Emilia terra di motori”, sempre alle 19 sullo stesso canale social in collaborazione con gli “Amici” e il Dondolo. Tutti i video saranno caricati sul canale YouTube di Ert (https://www.youtube.com/user/emiliaromagnateatro) da cui si potranno rivedere. Il ciclo “Modena racconta” proseguirà su Facebook a cadenza bisettimanale, ogni mercoledì e sabato alle 19.

Per Andrea Bortolamasi, assessore alla Cultura, “quelle di Edmondo Berselli sono idee vive di un pensiero vivo, da condividere e fare circolare. Strumenti utili a gettare sguardi diversi per aprire sprazzi originali nella lettura della realtà in cui siamo immersi”. Beppe Cottafavi, invece, spiega che “Edmondo Berselli è stato una figura molto originale del panorama culturale italiano, un intellettuale capace, con pensiero veloce e scrittura ironica ed esatta, di seguire i nodi della sua sterminata curiosità, legando il rigoroso e il divertente, negli articoli e nei libri. Dal più mancino dei tiri di Mariolino Corso all’economia giusta, dopo l’imbroglio neo-liberista. Passando per i venerati maestri secondo il paradigma codificato da Arbasino secondo cui in Italia le brillanti promesse evolvono per pascolare a lungo nella zona soliti stronzi e pochi accedono all’empireo dei venerati maestri. Dalla catastrofe della sinistrata sinistra italiana alla prima biografia morale di un cane, la sua Liù, mai stata scritta. Un grande cabaret intellettuale: un’Italia da ridere su una cultura da piangere. La nostra”.

















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